Ricominciare: Salomone consacra il tempio. I Re 8, 12-61
Per leggere I re 8, 12-61 clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php?versioni[]=C.E.I.&riferimento=1Re8
L’estate volge alla fine e con essa le vacanze. Come chiesa riprendiamo le nostre riunioni dopo un mesetto di pausa e l’entusiasmo si mescola alla preoccupazione o al peso di ricominciare. E’ necessario leggere un passo che ci dia il senso del ripartire, del ricominciare, della novità. Il passo in cui Salomone consacra il tempio che ha appena costruito mi pare adatto a questo momento, sebbene noi non siamo davanti ad una partenza completamente nuova, visto che riprendiamo a fare le stesse cose dopo un po’ di pausa. Quanto Salomone dice nella sua preghiera mi ha sempre appassionato perché ha un senso di gran fiduciaunità ad una sana umiltà che sicuramente sono costitutive della fede di oggi, davanti ad ogni nuovo inizio. Leggeremo questo passo ponendoci alcune domande:
Penso che la nostra chiesa nel cominciare un nuovo periodo in cui faremo programmi di attività, progetti, ed altro per organizzare la nostra vita di chiesa debba vivere di questa consapevolezza: faremo dei grossi sforzi perché Dio abiti in mezzo a noi, e cercheremo di presentarlo alla nostra società, alle persone che ci conoscono, ai nostri quartieri. Nondimeno, ciò che presenteremo sarà sempre in qualche modo velato, parziale, imperfetto; non siamo Dio, e rimaniamo imperfetti, come imperfetto è il tempio di Salomone per quanto bello e sontuoso. Questo lo dico non per scoraggiarci ma per renderci umili. Non ci saranno programmi, progetti ed idee che riescano a rappresentare completamente Dio. Dio non è nostro, non siamo solo noi, non è nostra esclusiva, e non è limitato alla chiesa di Lucca. In un mondo in cui chi parla di Dio pensa spesso di esserne l’unico vero rappresentante in terra, ricordiamoci che Dio va molto al di là di noi e delle nostre opere, e cominciare con questa consapevolezza è cruciale.
Prima ancora di commentare i cari casi dobbiamo fare un salto in avanti, nel nostro mondo e chiederci se possiamo prendere il tempio come esempio di insegnamento. Ricordiamo che oggi non esistono più i templi perché Gesù ha detto di essere lui il tempio (Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» Gv 2, 19) e Paolo ci ha ricordato che siamo noi credenti il tempio dello Spirito Santo: Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (I Cor 3,16) Possiamo dunque dire che la Chiesa come corpo di Cristo, e l’insieme dei credenti come templi dello Spirito siano oggi il vero tempio di Dio. Allora come chiesa e come singoli credenti possiamo prendere questo passo per dire: vorrei che la mia chiesa, per quanto imperfetta, incapace e peccatrice, sia in grado di risaltare certe caratteristiche di Dio essendo luogo di perdono in cui chiunque possa sentirsi ascoltato da Dio.
Lettura da 31 a 53.
Lo scopo di tutto è che i popoli della terra riconoscano che il Signore è Dio e che non ce ne sono altri. Noi oggi abbiamo lo stesso scopo. Sappiamo che il ruolo che un tempo aveva il popolo di Israele adesso ce l’ha la chiesa che deve fare vivere le sue verità. Con Samuele rimettiamo questo anno nelle sue mani pregando che alla fine del prossimo saremo ancora molti di più a riconoscere che è Dio e che non ce ne sono altri.
L’estate volge alla fine e con essa le vacanze. Come chiesa riprendiamo le nostre riunioni dopo un mesetto di pausa e l’entusiasmo si mescola alla preoccupazione o al peso di ricominciare. E’ necessario leggere un passo che ci dia il senso del ripartire, del ricominciare, della novità. Il passo in cui Salomone consacra il tempio che ha appena costruito mi pare adatto a questo momento, sebbene noi non siamo davanti ad una partenza completamente nuova, visto che riprendiamo a fare le stesse cose dopo un po’ di pausa. Quanto Salomone dice nella sua preghiera mi ha sempre appassionato perché ha un senso di gran fiduciaunità ad una sana umiltà che sicuramente sono costitutive della fede di oggi, davanti ad ogni nuovo inizio. Leggeremo questo passo ponendoci alcune domande:
- 1. E possibile inserire Dio in un tempio? Lettura I Re 8, 10-21.
Penso che la nostra chiesa nel cominciare un nuovo periodo in cui faremo programmi di attività, progetti, ed altro per organizzare la nostra vita di chiesa debba vivere di questa consapevolezza: faremo dei grossi sforzi perché Dio abiti in mezzo a noi, e cercheremo di presentarlo alla nostra società, alle persone che ci conoscono, ai nostri quartieri. Nondimeno, ciò che presenteremo sarà sempre in qualche modo velato, parziale, imperfetto; non siamo Dio, e rimaniamo imperfetti, come imperfetto è il tempio di Salomone per quanto bello e sontuoso. Questo lo dico non per scoraggiarci ma per renderci umili. Non ci saranno programmi, progetti ed idee che riescano a rappresentare completamente Dio. Dio non è nostro, non siamo solo noi, non è nostra esclusiva, e non è limitato alla chiesa di Lucca. In un mondo in cui chi parla di Dio pensa spesso di esserne l’unico vero rappresentante in terra, ricordiamoci che Dio va molto al di là di noi e delle nostre opere, e cominciare con questa consapevolezza è cruciale.
- 2. A cosa servono allora ai templi? (Tuttavia dalla tua dimora nei cieli… ascolta e perdona! Lettura I Re 8, 28-30)
Prima ancora di commentare i cari casi dobbiamo fare un salto in avanti, nel nostro mondo e chiederci se possiamo prendere il tempio come esempio di insegnamento. Ricordiamo che oggi non esistono più i templi perché Gesù ha detto di essere lui il tempio (Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» Gv 2, 19) e Paolo ci ha ricordato che siamo noi credenti il tempio dello Spirito Santo: Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (I Cor 3,16) Possiamo dunque dire che la Chiesa come corpo di Cristo, e l’insieme dei credenti come templi dello Spirito siano oggi il vero tempio di Dio. Allora come chiesa e come singoli credenti possiamo prendere questo passo per dire: vorrei che la mia chiesa, per quanto imperfetta, incapace e peccatrice, sia in grado di risaltare certe caratteristiche di Dio essendo luogo di perdono in cui chiunque possa sentirsi ascoltato da Dio.
Lettura da 31 a 53.
- V. 31-32. Invocazione che il tempio sia un luogo di giustizia dove si sa chiaramente discriminare tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra chi ha torto e chi ha ragione. Samuele invoca Dio perché dall’alto intervenga per fare giustizia. Conosciamo la saggezza di Salomone che riesce a capire chi sia la vera madre di un figlio conteso. E’ bello vederlo invocare la saggezza da Dio per giudicare perché invece che confidare nella sua saggezza ne chiede ancora a Dio.
- 33-40. Se per una serie di atteggiamenti irresponsabili e peccaminosi il popolo incorre in guerre, catastrofi ambientali, epidemie ed altro, perdonalo! Ma quando? Quando riconoscerà la piaga del proprio cuore. Samuele vorrebbe quindi che il tempio fosse un luogo in cui ci si pente, rendendosi conto dei propri errori, ed in cui si invoca il perdono. Luogo di pentimento e perdono. Immaginiamo nella storia antica e presente quanti santuari sono stati eretti, quanti ex voto affissi con la pretesa di una risposta automatica e superstiziosa a richieste diversificate verso divinità inesistenti…Salomone molto prima aveva capito che l’importante non era il luogo, ma il cuore dell’uomo che si recava in quel luogo e l’intervento di Dio in quel luogo. Io vorrei che le nostre chiese fossero luoghi in cui siamo in grado di trasmettere due cose: la nostra responsabilitàin ciò che ci capita, la capacità di guardare le piaghe del proprio cuore, ma anche luogo di perdono in cui tutti si sentono accettati.
- 41-43. Lo straniero. Questo tempio non è esclusivo e non è al solo uso e consumo degli ebrei. Persino lo straniero che invoca avrà risposte affinché il nome di Dio sia conosciuto sulla terra. Anche questa apertura mi sembra tipica dell’intelligenza di Salomone: le guerre etniche esistevano ed esistono ancora oggi, e lo stesso popolo di Israele aveva il compito di sterminare i suoi nemici. Nondimeno Dio era aperto a tutti, stranieri compresi, cosa che significa che questo tempio aveva qualcosa di universale capace di attrarre tutti i popoli.
- 44-45. Salomone sapeva che per il popolo di Israele ci sarebbe stato un confronto con dei nemici sia in senso offensivo che difensivo perché la guerra era una realtà continua, anche se il regno di Salomone fu particolarmente pacifico. Il tempio diventa quindi un luogo da cui si trae forza. Ed è ovvio che a noi la guerra spiace e vorremmo evitarla in tutti i modi, nondimeno continua ad essere una realtà inevitabile. Pensiamo oggi al califfato dell’ISIS? E’ possibile pensare ad evitare qualsiasi forma di guerra? E se dei soldati partono non sarebbe giusto invocare su di loro protezione e vittoria per limitare i mali a tutta l’umanità? Come credenti tuttavia possiamo pensare ad una traduzione spirituale di questa guerra: si parla molto di conflitto spirituale, di guerra che facciamo con le forze del male, sia a livello personale per vivere una vita santa, pacifica e piena di spirito, sia a livello di chiesa, nel nostro far avanzare il regno di Dio. Che ogni chiesa, possa essere un luogo che rinnova le forze di chi combatte spiritualmente. Che chi non riesce a liberarsi da una qualche dipendenza, da una qualche schiavitù, invocando qui il Signore possa trovare la forza di liberarsi.
- 46-51. Il peccato del popolo, che è un dato continuo, quasi inevitabile (non c’è uomo che non pecchi v. 46) potrà forse portarlo a forme di prigionia, di esilio, come è effettivamente capitato nella storia di Israele. Se questo capita il tempio dovrà funzionare come punto di riferimento, come luogo originario a cui tornare, anche dopo un viaggio triste come quello dell’esilio o della deportazione. Questo è particolarmente adatto a noi che torniamo dalle vacanze, quindi abbiamo goduto anziché essere puniti, ma speriamo che la nostra chiesa sia un luogo a cui ci fa piacere tornare. Tuttavia possiamo pensare a chiunque si trovi in solitudine, in isolamento, in una condizione di esclusione che per qualche motivo ha abbandonato la chiesa trovi oggi la forza di tornare all’origine. Ci sono persone che hanno peccato e si sentono troppo in colpa per tornare a Dio, immaginando che il loro proprio peccato sia più grande dell’amore divino. Salomone nella sua casistica in cui non risparmia l’uso del termine peccato è altrettanto prodigo nell’uso del termine “perdono” perché la porta è sempre aperta a chi vuole tornare indietro.
- 3. La benedizione finale 54-61
Lo scopo di tutto è che i popoli della terra riconoscano che il Signore è Dio e che non ce ne sono altri. Noi oggi abbiamo lo stesso scopo. Sappiamo che il ruolo che un tempo aveva il popolo di Israele adesso ce l’ha la chiesa che deve fare vivere le sue verità. Con Samuele rimettiamo questo anno nelle sue mani pregando che alla fine del prossimo saremo ancora molti di più a riconoscere che è Dio e che non ce ne sono altri.
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