mercoledì 12 settembre 2012


Uno, dieci, cento vangeli

Galati 1:1-10

1 Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2 e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia.3 Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, 4 che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5
 al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
6 Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. 7 In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 8 Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! 9 L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 10 Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! (Epistola di Paolo ai Galati 1:1-10)

Sentiamo spesso dire che tutte le strade portano a Dio, che non ne esiste un'unica o una privilegiata e che quel che conta è comportarsi bene. Si tratta di slogan che spesso accettiamo senza troppo riflettere, probabilmente perché gli eccessi e l'aggressività di chi ha preteso si detenere un'unica verità ci hanno scottati e resi ostili a qualunque proposta forte in materia di fede. I presunti detentori della verità ci paiono arroganti e presuntuosi, ed in effetti chi sostituisce se stesso al vangelo proponendosi come migliore degli altri finisce per allontanare l'umanità da quel Dio che vorrebbe presentare.
Tuttavia, un'epistola come quella di Paolo alle chiese di Galazia, che cominciamo oggi a studiare e che continueremo a studiare per diverse domeniche, ci farà forse rivedere criticamente gli slogan che moltiplicano le verità relativizzandole, facendoci cogliere il messaggio profondo di un vangelo che si propone come verità. Come verità sull'uomo, sulla vita, su Dio. SI badi bene, non come verità che farebbe certi uomini migliori di altri o unici detentori di verità; ma come verità che permette la conoscenza di quel Dio che si è rivelato in Gesù Cristo duemila anni fa, e che in modo universale invita ogni uomo ad incontrarlo ed a conoscerlo. Questo è lo scopo delle Scritture e questo il motivo per cui le studiamo.

L'epistola di Paolo alle chiese della Galazia è, ad opinione comune, una delle più importanti dell'apostolo, ed una di quelle che viene universalmente riconosciuta come autentica. La lettura dei primi dieci versetti ci dice qualcosa di molto forte sul senso del vangelo che cercherò di riassumere in tre punti.

  1. Un riassunto del vangelo.
Quando si parla di vangelo, di Cristianesimo, di Gesù è sempre difficile riuscire a riunire tutto in un'unica frase o parola. Non si sa da dove partire, si fa riferimento all'esperienza personale, ci sembra che la quantità di informazioni da dare parlando del vangelo siano troppo numerose. È utile quindi leggere le prime righe delle epistole di Paolo: in questa, dicendo che il suo apostolato viene da Dio e non dagli uomini, aggiunge un brevissimo riassunto del vangelo. Consideriamo questi pochi versetti:

Il Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5 al quale sia gloria nei secoli dei secoli.

Potrà sembrare riduttivo, ma il vangelo, in pochissime parole è soltanto questo: Gesù Cristo, che è risuscitato dai morti è morto dando se stesso per noi. Perché? Perché i nostri peccati ci separavano da Dio. I nostri peccati, il cui primo è quello di ritenerci autonomi ed indipendenti dal creatore della vita, ci allontanano da Lui. Questo allontanamento ha un prezzo che Gesù Cristo ha pagato sulla croce, dando se stesso al posto nostro. Questo suo atto ci strappa da un mondo perverso: che significa? Significa che se viviamo senza tenere conto di questo sacrificio viviamo male, o solo apparentemente bene, ma in realtà male. Perché non cogliamo la dimensione eterna della vita e rimaniamo legati a questo mondo presente. Che è finito e che funziona male.
Certo che, detto ciò, potremmo aggiungere moltissime altre cose: che dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere, che dobbiamo amare profondamente i nostri simili che sono amati quanto noi dal Padre, e per cui Gesù è ugualmente morto. Ma il centro è quello messo in luce da quelle poche parole. Tutto parte da un'azione di Dio nei nostri confronti che ha visto Cristo morire per noi. Questa è la volontà del padre. E per questo noi diamo gloria a Dio. Il vangelo si completa quando dalla lontananza da Dio cominciamo a lodarlo, a sentire il bisogno di dargli valore ed importanza. Ecco in pochissime parole il vangelo.

  1. Uno o tanti vangeli?
Veniamo ora al problema centrale dell'epistola. Se questo che abbiamo brevemente illustrato è il vangelo, Paolo si stupisce che i Galati siano velocemente passati ad un altro vangelo. Velocissimo riassunto storico: la Galazia è una provincia dell'impero romano, che si trova nella zona in cui oggi troviamo la capitale della Turchia, Ankara, e in cui Paolo aveva fondato durante il suo secondo viaggio (Atti 16,6) che ha poi rivisitato durante il terzo viaggio (At 18,23). Probabilmente durante la sua assenza alcuni che lui definisce “turbatori”, “sovvertitori” cercano di cambiare questo vangelo di Cristo. Sembra che si tratti di cristiani che cercano di ripristinare alcune leggi e tradizioni giudaiche, in particolare la circoncisione o il rispetto di alcune feste. Vedremo più avanti più nel dettaglio in cosa consista questa eresia, ma per ora ci limitiamo a insistere su un semplice fatto: non ci sono tanti vangeli; o come dice Paolo: “Non c'è un altro vangelo” oltre a quello di Gesù Cristo. Il vangelo è uno ed è il solito, quello della grazia di Dio verso gli uomini. Aggiungere a questo semplice vangelo altre esigenze, altri orpelli, altre invenzioni significa rovinarlo. Ci hanno provato questi intrusi nelle chiese di Galazia 2000 anni fa, e hanno continuato e continuano a rovinarlo in tanti nel corso della storia ed oggi. Anzi forse dovremmo renderci conto che tutti, siamo potenzialmente dei guastatori, dei disturbatori del vangelo, nel momento in cui “aggiungiamo” elementi estranei alla sua semplicità. Nel corso della storia le chiese hanno inventato numerose tradizioni, hanno strutturato la loro forma in mille modi diversi, hanno elaborato dottrine molteplici. La Riforma protestante ha cercato di dare una forte spinta verso il ritorno a questa semplicità iniziale, ma spesso le stesse chiese nate dalla riforma hanno aggiunto molte dottrine a questo nucleo centrale. Molte di queste sono sicuramente importantissime e completano il messaggio del vangelo, arricchendolo in modo costruttivo. Ma non ci può essere una dottrina, una teologia, una chiesa che aggiunge o che si mette in contrasto con questa semplice verità. Non è tutto relativo, e non è tutto uguale. C'è un vangelo vero ed un vangelo falso e come credenti rischiamo di incorrere nell'anatema di Paolo – cioè nella maledizione – se vogliamo cambiare, sovvertire quel vangelo che Cristo ha presentato. Molti cattolici hanno sostituito questo vangelo con il concorso delle opere umane, con una presunta bontà naturale dell'uomo o con un apparato sacramentale capace di fare qualcosa da solo; molti evangelici hanno finito per mischiare all'unicità della salvezza la frequenza alle riunioni in chiesa o il numero di versetti memorizzati a settimana; altri protestanti hanno finito per pensare che questa grazia sia talmente libera e tranquilla che poco importa poi se salva o meno dal “presente mondo perverso”, finendo per vivere come se nessuno li avesse strappati da quel mondo di cui parla Paolo. Ma l'inizio meraviglioso di questa lettera ci mette in guardia: il vangelo è uno, ed è semplice. Non allontaniamocene rovinandolo e maledicendoci!

  1. L'autorità
Mi colpisce molto una delle affermazioni di Paolo di questi pochi versetti: il vangelo non deve essere diverso da come è stato annunciato dagli apostoli. La comunità apostolica, avendo vissuto da vicino con Gesù, è garante di quel messaggio, che ha cercato di fissare nelle Scritture che ci sono pervenute. A parte questa parola apostolica, che crediamo guidata ed inspirata dallo Spirito Santo, non ci sono altre “agenzie” autorevoli in grado di annunciare il vangelo. Se anche un angelo, quindi una fonte spirituale, volesse cambiarlo non avrebbe questo diritto. È un messaggio chiaro per i visionari e per quelli che pensano di avere un contatto diretto con il cielo superiore a quello degli apostoli stessi. Addirittura Paolo previene un suo potenziale rincretinimento senile cambiamento di qualche tipo: se anche “noi”, cioè quegli stessi apostoli che potrebbero nel tempo essere maturati ed aver fatto diverse esperienze, volessero cambiare il vangelo annunciato inizialmente, siano maledetti! Perché non è un messaggio di uomini in cerca del favore degli uomini, ma un messaggio di Dio che cerca di annunciare Dio senza compromessi. Il vangelo dei sovvertitori delle chiese di Galazia probabilmente cercava di compiacere alcuni giudeo-cristiani che aveano a cuore le tradizioni giudaiche. Oggi molte chiese cercano di compiacere qualche categoria di persone. Attenzione, non di andare incontro a queste persone, ma di compiacere, cosa molto diversa. Il vangelo ovviamente si adatta, si modella in base al destinatario, ma il suo nucleo non cambia. Ma andare incontro diventa compromesso quando il vangelo quando cerca di compiacere: quando toglie ogni suo elemento soprannaturale per compiacere gli intellettuali; quando elimina ogni riferimento alla povertà per compiacere ai ricchi; quando parla solo di povertà per piacere ai marxisti o ai poveri; quando parla solo di valori per piacere ai benpensanti e solo di violenza verbale per compiacere i rivoluzionari. Potremmo aggiungerne tante, ma il vangelo ritoccato non è più tale. E allora predicandolo chiediamoci sempre, se stiamo trasmettendo quel messaggio di grazia, se lo stiamo predicando come unico e necessario e soprattutto se stiamo cercando di piacere agli uomini o a Dio.


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