mercoledì 19 settembre 2012


Vangelo disumano, vangelo sovrumano

Galati 1:12

Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è opera d'uomo, perché io stesso non l'ho ricevuto né l'ho imparato da un uomo, ma l'ho ricevuto attraverso la rivelazione di Cristo Gesù. (Epistola di Paolo ai Galati, capitolo 1, verso 12)

Queste poche parole di Paolo sono di una semplicità straordinaria e al contempo di una difficoltà enorme. Paolo deve affermare davanti ad un gruppo di persone a cui ha annunciato il vangelo alcuni anni prima, e che hanno poi incontrato altri predicatori che hanno modificato il senso di quel vangelo, che quello giusto è il vangelo da lui annunciato e non viceversa. Per poterlo fare deve rivendicare un certa autorità. E lo fa affermando all'inizio della lettera che lui è apostolo (cioè mandato da Dio) non per volere degli uomini ma per volere di Dio; ed ora affermando che il suo vangelo ha un'origine divina e non un'origine umana. I concetti sono semplici, ma valli a dimostrare... Come si fa a provare che si sta parlando da parte di Dio? Quali prove esterne ci sono, quali criteri di verifica per dire che sia veramente così? Paolo fornirà alcune risposte ben articolate lungo il corso di questa densa lettera, che fanno appello alla sua biografia, ed alla sua esperienza diretta di Dio. Prima di esaminarle vorrei però soffermarmi alle premesse e vedere in che misura il problema posto da Paolo sia pertinente in ogni tempo. E lo vorrei fare ponendo due domande.
In primo luogo: Esiste un vangelo che è opera d'uomo? Ed in secondo luogo: con che diritto Paolo dice che il suo vangelo viene da Dio?

1. Vangelo d'uomo o vangelo di Dio?
Paolo sta dicendo ai Galati che il suo vangelo non è opera d'uomo. Ma visto che precedentemente ha affermato che non ci sono mille vangeli, ma uno solo, sta più semplicemente dicendo che il vangelo non è un discorso umano, non è una filosofia, non è una nuova dottrina che si affaccia nel panorama filosofico del tempo e che è migliore delle altre. Sta dicendo che il vangelo viene da Dio, e che chi riceve veramente questo vangelo, lo riceve da Dio. E' verissimo che possiamo dubitare di ogni persona che rivendica di avere un messaggio da parte di Dio. Ma è altrettanto vero che il vangelo, inteso come buona notizia di Dio agli uomini, non può che avere un'origine divina, altrimenti non è più tale.
In altre parole il vangelo che Paolo ha presentato ha una componente spirituale che trascende le categorie umane secondo cui gli uomini ragionano comunemente, e riguarda una vita diversa, trascendente, fatta di dialogo con Dio, attraverso la persona di Gesù Cristo. Può sembrare scontato, ma è importante fare questa differenza altrimenti il vangelo rischia di diventare una semplice buona filosofia, un insieme di sani principi fatti di rispetto ed amore per il prossimo, una forma di umanitarismo colorata di giudeocristianità. E non può né deve essere questo. Il vangelo è un incontro diretto con Dio, un rovesciamento delle categorie umane naturali, una scoperta di una vita nuova interamente rinnovata e guidata dallo Spirito di Dio. Se ci avviciniamo al vangelo semplicemente perché ci pare una bella filosofia di vita, perché ci attirano i suoi valori o le persone che lo praticano, stiamo mancando il centro del vangelo. Il centro è la possibilità di entrare in contatto diretto con Dio, attraverso un perdono che solo Dio può dispensare. Ecco perché dico che è "disumano"... E' disumano, o ancora meglio, sovrumano, perché permette qualcosa che nessun uomo può permettere.
Paradossalmente Paolo dicendo che il suo vangelo viene da Dio, rinuncia a qualsiasi pretesa diimpresa sulle persone, a qualsiasi forma di dominazione politica e psicologica dei suoi fratelli in Galazia, e anzi, li mette in guardia proprio perché si rende conto che altri stanno cercando di manipolarli con ragionamenti puramente umani che riportano la vita ad un'umanità piatta.
Ieri mi trovavo in un enorme centro commerciale a Milano e dopo questo ho visitato Ikea. Mi colpiva la potenza della persuasione pubblicitaria e lo sbandieramento forzato della convenienza comunque, al punto che a non comprare ci si sente stupidi, si pensa di aver perso un'occasione. La logica dei supermercati ci porta un vangelo veramente umano, quello della parabola consumistica per cui staremo meglio se compreremo cose che ci fanno star bene. Guai invece ad un vangelo che volesse agire sugli uomini con la manipolazione e non con la pura predicazione che richiede un'adesione razionale e spirituale.
Paolo, infatti, vuole far tornare l'uomo al progetto iniziale che Dio aveva concepito per lui, quello di una pienezza fisica e spirituale fatta di intesa con Dio, che l'uomo ha perduto peccando, cioè rendendosi indipendente, autonomo da Dio. Ritornare a questo progetto significa disumanizzarsi prima, per riumanizzarsi e diventare quello per cui Dio ci ha creati: essere umani, quindi di "humus", di terra, in comunione di Spirito con Dio. Il vangelo non è "umano"! Non è un qualcosa che viene dalla terra e che porta alla terra. Viene da Dio e porta verso Dio. E chi lo vuole annunciare deve fare sue le parole dell'apostolo e fare un grande sforzo: lo sforzo di non aggiungere niente a questo vangelo, di non "riumanizzarlo" secondo la sua cultura, la sua civiltà, la sua umanità. Il vangelo deve veramente portarci in alto, al di sopra della nostra comune condizione umana, per farci vivere bene nella condizione umana in cui ci troviamo. Rigenerando il nostro spirito e ristabilendo la nostra profonda amicizia con Dio. La risposta alla domanda è quindi chiara: no! Non esiste un vangelo che venga dall'uomo perché il vangelo è per definizione disumano, o meglio sovrumano!

2. Con che diritto Paolo dice che il suo vangelo viene da Dio?
Il vangelo di Paolo ha una particolarità. Se è vero che il vangelo è qualcosa di divino, e quindi ogni conversione è soprannaturale, dobbiamo ammettere che il modo in cui Paolo ha incontrato il vangelo ha qualche particolarità in più. Molti ascoltano da altri la buona notizia del vangelo. Poi decidono se accettarla o meno, e se aprono il cuore allo Spirito, incontrano Dio. Quindi parola divina, ma mediata da uomini che la annunciano, esattamente come Paolo la ha annunciata ai galati. Per Paolo le cose sono andate diversamente, perché mentre si dava da fare per uccidere dei cristiani, Dio stesso lo ha accecato costringendolo a riconoscerlo come Signore. Ci riporta dunque un'esperienza che è interamente fatta di spiritualità, di soprannaturale, sulla quale il nostro controllo razionale ha ben poche possibilità di intervenire. In altre parole, se qualcuno ci chiedesse chi ce lo garantisce che era veramente Cristo che parlava con Paolo, non potremmo rispondere che ci sono delle prove schiaccianti e incontrovertibili che dimostrano che è Dio che gli ha parlato... Ma del resto è ovvio, ed è così come per tutto quello che è spirituale. Non ci sono mia prove razionalmente vincolanti, ma fatti che viviamo nello spirito.
Tuttavia, alcuni elementi della conversione di Paolo, mi sembrano da notare. Non dimostrano razionalmente la divinità dell'esperienza da lui vissuta, ma devono però far riflettere.
  • In primo luogo Paolo passa dalla violenza alla pace, dalla persecuzione alla libertà, dall'integralismo fondamentalista all'annuncio deciso ma amorevole e pacifico. Non è qualcosa di comune a molti uomini. So bene che ci sono mille obiezioni, che si può parlare di sensi di colpa che portano a cambiare, che si può leggere tutto in modo puramente umano, ma una simile conversione, un simile cambiamento deve far riflettere. Come devono fare riflettere le vite che ancora oggi vediamo cambiare davanti ai nostri occhi. Ancora oggi, in nome di questo stesso vangelo ci sono delinquenti che abbandonano la delinquenza, drogati che abbandonano la droga, ubriachi che smettono di bere, o più semplicemente persone tristi e disperate, che trovano la gioia, o persone tranquille che trovano nel vangelo una dimensione di vita più profonda e più ricca. Ognuno deve riflettere sull'origine di questi cambiamenti...
  • Dall'etnocentrico all'universale. Quello di Paolo è vangelo, ed è vangelo divino perché mira all'universalità, è valido per tutti gli esseri umani, e non è più racchiuso tra i limiti etnici di una nazione. Paolo si pone proprio sul punto di passaggio che porta dal particolare degli ebrei, all'umanità intera. Questo realizza le profezie che troviamo in numerosi passi dei profeti del popolo di Israele, come Isaia e tanti altri che già anni prima parlavano di annuncio alle nazioni ed il fatto che un uomo porti il messaggio ricco e potente contenuto nelle Scritture degli ebrei alla totalità dell'umanità con un'apertura universalista, fa ugualmente riflettere. Non prova certo l'origine divina di quel vangelo, ma se l'idea che ci facciamo di DIo è quella per cui è un essere che ama tutti gli uomini, senza distinzioni di razza, cultura e nazione, ecco che il vangelo di Paolo va direttamente in questo senso, e ben prima che l'uguaglianza tra uomini venisse teorizzata dai filosofi.
  • Dal singolo individuo alla collegialità degli apostoli: c'è un ultimo punto che fa ugualmente riflettere. La conformità dell'esperienza di fede. Questo vangelo di Paolo non si presenta in opposizione a quello degli altri apostoli, non è la parola di un uomo contro quella di altri. Certo che ci saranno tensioni nell'equipe apostolica e discussioni che troveranno delle soluzioni. Ma quest'intuizione universalista di Paolo è condivisa. E la fede comune unisce questi uomini in maniera uniforme. Questo forse dà qualche garanzia rispetto all'idea che la fede sia semplicemente fatta di idee umane che un uomo ha saputo ben architettare. Si tratta di rivelazioni dirette a più uomini che trovano una grande coerenza di fondo ed una grande armonia tra di loro, malgrado la differenza di accenti e di tono. Anche questo non prova niente: ma c'è una sfida per ognuno di noi? Vogliamo cercare di incontrare anche noi la voce di Dio in questo vangelo predicato da Paolo, vivendo un'esperienza simile a quella degli altri apostoli?

Lasciamo che lo Spirito stesso attesti in noi l'origine divina delle parole che leggiamo. E lasciamo che questo stesso Spirito, ci disumanizzi, ma per renderci più umani. AMEN


Nessun commento:

Posta un commento