lunedì 1 ottobre 2012


Galati 1, 11-24: Il vangelo di nessun uomo.

11 Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo; 12 infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 13 Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, 14 superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 15 Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque 16 di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, 17
 senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
18 In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 19 degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 20 In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. 21 Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia.22 Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23 soltanto avevano sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere». 24 E glorificavano Dio a causa mia.
Quando parliamo di uomini di Dio, intendendo con questi persone che hanno una sorta di rapporto privilegiato con Dio, pensiamo a persone capaci di vivere momenti di forte vicinanza con Dio e di saperli poi trasmettere agli altri. Il passo che leggiamo oggi si inserisce in quella sezione della lettera ai Galati in cui Paolo rivendica l'origine divina del suo vangelo. Abbiamo già osservato i versetti 11 e 12 rilevando che un vero vangelo non può che essere "disumano", dotato cioè di una componente spirituale che fa sentire il soffio di Dio in ciò che proclama; ed abbiamo anche detto che Paolo non può avere prove schiaccianti e vincolanti "esterne", che diano credibilità invincibile al suo vangelo; tuttavia in vangelo che lo porta dalla violenza alla pace, dal particolarismo giudaico all'universale umano, e dal etnocentrismo all'annuncio a tutti i popoli, ha una forte credibilità: è disumano perché elimina quegli aspetti bassi dell'umanità per elevarla ad una spiritualità divina, facendola essere allora la vera umanità rigenerata dalla Parola che Dio vuole formare.
Viste queste premesse sulla divinità del vero vangelo e sulla sua unicità, nel passo di oggi vediamo quegli argomenti che Paolo stesso usa, presentano la propria biografia. Rivolgendosi alle diverse chiese presenti in Galazia sta dicendo: quello che vi ho detto su Gesù Cristo, il fatto che sia Figlio di Dio e che ci regali una salvezza attraverso la nostra semplice adesione, fatta di fede e non di opere della legge, viene da Dio. Ora ve lo provo.
1. Prima della conversione: nessun uomo avrebbe potuto cambiarmi 13-14
Paolo sottolinea i tratti fanatici che caratterizzavano la sua vita di attivista ebreo nei confronti delle chiese. Intolleranza e violenza nei confronti dei cristiani, orgoglio giudaico e competizione personale con i suoi connazionali, zelo tradizionalista e conservatore. Difficile cambiare un uomo simile che ha investito tutto in una causa, e che crede che Cristo ed i cristiani siano degli impostori, che usano abusivamente il titolo di Messia. Ne consegue che la forza che lo libera da quel fanatismo non può essere che una forza divina. Non c'è uomo che lo potrebbe cambiare, e solo Dio può intervenire.
Quanto Paolo dice è vero anche oggi, ed è per questo che preghiamo e non ci stanchiamo di pregare soprattutto per chi è estremamente convinto di essere nel giusto quando semina violenza, odio e fanatismo. I fanatici sono presenti in tutte le religioni, ci sono fondamentalismi cristiani, islamici, ebrei, e per quanta rabbia possiamo provare nei confronti della loro intolleranza, l'esempio di Paolo ci deve fare pensare che anche lui, prima di convertirsi è stato proprio così. Un violento ed un fanatico. Allora convertiamo la nostra rabbia in preghiera e speranza, convinti che Dio cura i malati e non cerca i perfetti. Del resto, tralasciando il piano del fanatismo religioso, il mondo è pieno di fanatismi di vario tipo, intendendo con essi idee ossessive e continue che guidano la vita di chi le sposa. C'è un fanatismo materialista, un fanatismo consumista, un fanatismo egoista, un fanatismo politico, un fanatismo sessuale, un fanatismo illegale e potremmo aggiungerne ancora tanti. Il Signore Gesù è morto proprio per queste persone fanatiche, immorali, ossessionate dal guadagno o dal desiderio di imporsi, e spesso va a scegliere proprio loro per far crescere il suo regno, dopo averle cambiate.
2. Durante la conversione: nessun uomo, neppure io stesso, poteva operarla. 15-16a
E' Dio che cambi i cuori, i caratteri e le vite, non gli altri uomini. E questo è tanto vero che Paolo arriva a dire che Dio lo aveva scelto fin dal seno di sua madre, cioè quando non era ancora nato. Leggendo un simile passo potremmo perderci in infinite discussioni sul libero arbitrio e sul senso di una vita che è già anticipatamente scelta da Dio, ma credo che quello Paolo voglia dirci qui è altro: vuole significare che la sua conversione è interamente opera di Dio, ha un'origine interamente divina. E' talmente estranea a una qualche azione o decisione o volontà umana che precede addirittura la formazione della persona, ed agisce già in pancia, laddove un feto, un essere non ancora completo e sicuramente incapace di scegliere e di volere è già destinato ad essere chiamato ad una salvezza, prima ancora di entrare nel mondo in cui troverà numerosi elementi da cui doversi salvare.
Questo Dio chiama per grazia, non per meriti personali, e nel chiamare rivela il Figlio. Ed ecco che arriva il paradosso: Paolo diventa l'apostolo degli stranieri, cioè di quelle persone che maggiormente in quanto non giudei gli stavano sullo stomaco... Non solo diventa cristiano, ma diventa uno specialista del contrario di quello di cui si vantava prima: proprio perché per lui c'erano solo i giudei ora invece va ad annunciare ai non giudei, ai gentili o pagani che dir si voglia. Ma non si tratta di un contrappasso, ma semplicemente della conferma del senso del vangelo che Paolo ha scoperto: prima giudicavi gli uomini in base alla loro appartenenza ad un popolo etnicamente identificabile. Adesso sei chiamato a cercare proprio quegli uomini che non fanno parte di quel popolo perché hai capito che questa appartenenza non conta niente e che l'unico criterio è conoscere Cristo.
Chissà chi abbiamo odiato prima di convertirci? Quali categorie ci sono state particolarmente antipatiche, quali abbiamo perseguitato? I ricchi? I poveri? I comunisti o i fascisti? Gli extracomunitari e gli zingari? I fumatori o i drogati? Ci sarà pure qualcuno che ci è stato sullo stomaco! Se abbiamo capito con Paolo che solo Cristo conta, perché ci ha scelti dal grembo di nostra madre dobbiamo rivedere anche quei criteri umani di giudizio che avevamo precedentemente adottato. Perché se il Signore ci ha scelti a prescindere da criteri di appartenenza umani, e se ha scelto tutti indipendentemente dalla loro appartenenze, anche noi dobbiamo "scegliere" di evangelizzare gli altri, soprattutto quelli che abbiamo in qualche modo sminuito, in base ai nostri criteri di giudizio umani.
3. La solitudine. Nessun uomo ha parlato con me. 16b-24
Infine un ultimo criterio, che non è certo il minore. Proprio perché la rivelazione è venuta dall'alto e perché non è il frutto di insegnamento ricevuto da altri Paolo insiste sul fatto che nei primi anni della sua vita da convertito, da credente in Cristo, non ha parlato con nessuno. E' piuttosto sorprendente notare che il suo vangelo non si oppone al vangelo predicato dagli apostoli, con cui vedremo la conformità. CI precisa che non parla con nessuno! Se ne va in Arabia, forse ad evangelizzare, o ancora più probabilmente a meditare, poi a Damasco, per tre anni. Oggi che di Damasco sentiamo tristemente parlare di stragi e omicidi, possiamo pensare che in quella stessa città Paolo cercava Dio nella solitudine, e si adoperava per evangelizzare, come sappiamo da Atti. E' un periodo formativo di tre anni, un po' come il ministero degli apostoli con Gesù dura tre anni. Infine fa una visita a Gerusalemme, ma è rapida, solo 15 giorni, e vede solo due degli apostoli. Ed anche in Siria e Cilicia, dove va per cominciare ad evangelizzare, come sappiamo da Atti 9, insiste su questa sua dimensione lontana dagli apostoli di Gerusalemme, con i quali invece comunicherà a fondo più tardi.
Credo che il confronto fra fratelli sia molto importante, e credo anche che quando ci si converte e si incontra il Signore Gesù Cristo, è importante stare in una comunità che ci aiuti a crescere. Ma credo anche che sia fondamentale non trascurare la dimensione solitaria, di ricerca personale di Dio e di intenso dialogo con cui su cui Paolo insiste per garantire l'origine divina del suo vangelo. Non siamo tutti uguali e quel Saulo che conosceva bene le scritture era già pieno di conoscenze su Dio prima ancora di averlo conosciuto a fondo. Non è quindi detto che tutti dobbiamo isolarci per tre anni e starcene da soli a parlare con Dio. Ma dico che è opportuno che ognuno di noi, anche se convertitosi tanti anni fa, non trascuri quella dimensione personale ed isolata della fede che in questo momento per Paolo è un vanto. Proprio perché il vangelo non è un'ideologia o una filosofia che altri di devono spiegare. E' lo Spirito Santo stesso che parla e forma chi vuole camminare con Dio, senza che manchi tuttavia il confronto con gli altri fratelli.
Oggi, leggendo le parole di Paolo a 2000 anni di distanza, vediamo come queste rimangano attuali. E speriamo di avere una settimana per cui la nostra testimonianza possa dire ciò che Paolo diceva in conclusione di questo passo: che le chiese glorificavano Dio a causa sua! AMEN


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