lunedì 8 aprile 2013


Dio guarisce: Mc 8,22 e Mc 10: 46,52 I due ciechi diversi


Quinto esesto episodio: due ciechi diversi. Mc 8,22 e Mc 10: 46,52.

Ho deciso di commentare insieme questi dueepisodi proprio perché pur trattando della guarigione di una stessa malattiahanno modi ed implicazioni molto diversi. Mi interessa molto rilevare quantogià notato le volte scorse, cioè che le guarigioni non sono tutte uguali, mache hanno spesso delle grandi diversità tra di loro che ci fanno vedere comeDio, anche quando fa la stessa cosa, cioè guarisce, lo fa in modo diverso a secondadi chi ha davanti.
            Osserviamoquindi in cosa differiscono questi due racconti di guarigione di ciechi:

Il cieco di Betsaida
Bartimeo, il cieco di Gerico
·         E' anonimo
·         Viene condotto a Gesù da altri
·         Viene preso per mano e condotto in disparte, nell'intimità
·         La guarigione avviene per contatto, con la saliva
·         Guarigione progressiva, in due tappe: prima alberi, poi nitidezza
·         Ingiunzione di silenzio
·         Ritorna a casa
·         Viene chiamato col suo nome, Bartimeo
·         Va da Gesù da solo, e lotta contro la folla
·         E' guarito in mezzo alla folla
·         La guarigione avviene attraverso una parola: "Va! La tua fede ti ha salvato!"
·         Guarigione immediata

·         Continua a seguire Gesù
·         Da seduto si alza e segue per la via.

1. Guarigionisilenziose.

La prima guarigione è molto simile a quellache abbiamo letto al capitolo 7, riguardante un sordo-muto: ha tutti icaratteri dell'intimità e del contatto personale. Possiamo pensare che questocieco fosse qualcuno che si era rinchiuso in un suo mondo, e che non vedendoera costretto ad affidarsi ad altri, a lasciarsi guidare. Non è lui che prendel'iniziativa di andare da Gesù, ma altri per conto suo. E' molto bellal'immagine che descrive Gesù nell'atto di prendere la mano al cieco. Questocieco costretto a farsi portare per mano un po' da tutti fa quasi venire inmente il cieco della favola di Guy de Maupassant, che racconta la storia di uncieco rimasto orfano e maltrattato dalla sua famiglia; viene usato perspettacoli dove i suoi si divertono a fargli mangiare cose che non riconosce,deridendo il suo difetto. La storia finisce tragicamente, perché questo poverocieco un giorno si perde, muore di freddo ed il cadavere viene ritrovato allosciogliersi della neve da uccelli che ne mangiano gli occhi... E' una storiainventata di fine ottocento, ma potrebbe benissimo costituire il seguitodell'episodio evangelico che Marco ci racconta: un poveraccio che potrebbediventare oggetto dello scherno altrui. Invece, tra le possibili mani che loconducono, incontra quella di Gesù. Il resto dell'episodio consolida quest'ideadi intimità: il contatto con la saliva, la guarigione fatta in disparte, ilritorno a casa. Forse Gesù prevedere che il villaggio in cui abita, in cui glidice di non entrare neppure, anziché rallegrarsi della sua guarigione, potrebbecominciare a speculare sulla natura del miracolo, come succede in un passomolto simile narrato nel vangelo di Giovanni (Gv 9,1-11).
            Iocredo che da una simile guarigione possiamo imparare che Dio ha cura di personemalate e umili, nascoste ai più, che magari rimangono in casa in seguito alloro handicap e che non si notano. Dio si prende cura di loro, e lo fa in unmodo specifico, diverso da persona a persona, prendendosi cura di ognuno dinoi. Perché come abbiamo già detto commentando l'episodio del sordo-muto, siamotutti dei malati spirituali che Gesù cerca e che è pronto a guarire. Alcontempo, chi si trova in questa condizione, e magari nel tempo ha maturato unacerta autosufficienza, si è costruito un suo mondo da cui non vuole uscire, perpaura o per inerzia, possiamo dire: sei pronto a lasciarti prendere per mano daGesù, per andare in disparte con lui e farti guarire? Sei pronto adabbandonarti a lui?
            Maoltre a sottolineare il carattere individuale con cui Gesù si rivolge aciascuno di noi, dobbiamo sottolineare la natura quasi "nascosta" diquesto miracolo, aspetto che può portare molto alla nostra riflessione sullaguarigione: molte guarigioni probabilmente avvengono in modo nascosto, nellecase di persone che non sono note, in villaggi sperduti del mondo. Ci chiediamoquindi spesso perché non avvengano delle guarigioni, o perché ne vediamo cosìpoche - domanda a cui cercheremo comunque di dare una risposta - ma dobbiamoprima ricordarci che forse molte di quelle che avvengono, per quanto non ne abbiamoprova, avvengono in situazioni nascoste e private. In disparte come quella diquesto cieco.

2. Bartimeol'esuberante.
Tutt'altro è il carattere di Bartimeo,mendicante noto al villaggio di Gerico, benché affetto dallo stesso male. E'imbarazzante dire una cosa tanto ovvia, ma sembra che anche il vangelosottolinei che un certo problema fisico, come la cecità, non renda di per séuguali tutti quelli che ne sono affetti. Ognuno reagisce a modo suo. Bartimeo èattivo, sta mendicando denaro, ma quando passa Gesù, di cui lui ha sentitodire, lo chiama facendo quasi una confessione di fede: Gesù, figlio diDavide!". Così dicendo Bartimeo dimostra di aver capito moltosull'identità di questo maestro che ha già operato altri miracoli: dire"figlio di Davide" significa riconoscere in Gesù il messia che dovevavenire. Non solo. Bartimeo non è un cieco che accetta di essere consideratoinferiore per la sua condizione: gli dicono di tacere, ma lui urla ancora piùforte! Non teme il giudizio degli altri e ha capito che sta passando il messia,e che la sua vita in quel momento può cambiare radicalmente. E' Gesù ad essereattratto dal quel grido accorato e a fermarsi. Perché ha visto che inquest'uomo c'è fede, e vuol mostrare che chi crede può.
            Questopasso è per noi un forte incoraggiamento a gridare e a gridare con fede. Mentreil primo, timido e silenzioso è condotto da altri, Bartimeo grida e ha fede. Seil primo passo ci incoraggia facendoci sapere che Gesù va in cerca di persone,anche presentate da altri, questo sottolinea la nostra responsabilitàindividuale nel gridare a Dio e nel credere che può!

            Inoltre,osserviamo che la sua guarigione è sotto gli occhi di tutti proprio perché lafede di Bartimeo è chiara e luminosa. Bartimeo avrebbe potuto lasciare perdere,pensare che Gesù non ha tempo da perdere con un povero cieco mendicante. Invecegrida e dimostra ad ognuno di noi che Dio è pronto ad ascoltare chiunque loinvochi. Il suo modo di essere lo rende immediatamente atto a seguire Gesù, acamminare con lui testimoniando della sua fede. Il cieco di Betsaida, invece,ha forse bisogno di più tempo, di far sedimentare in sé quello che ha vissuto.Non siamo tutti uguali e non siamo tutti chiamati a fare esattamente le stessecose una volta incontrato Dio. Posto che la testimonianza è un dovere, undiritto ed un piacere per tutti, i modi ed i tempi possono differire. Il ciecodi Gerico forse dovrà prima parlare a quelli di casa sua, mentre Bartimeo, notoa tutti, e pronto ad affrontare le folle, è già predisposto per gridare inmezzo alla strada che Gesù è il messia.
            Entrambiperò ci ricordano un fatto centrale, che è poi quello su cui stiamo meditando:che Dio guarisce. In modi diverse, secondo chiamate diverse, nascostamente oapertamente. Però guarisce ieri, ed anche oggi.

3. E quando Dio nonguarisce.

A conclusione di questa ricerca su variepisodi di guarigione non possiamo non notare un fatto che ci riguarda anchepersonalmente. In molti casi benché abbiamo gridato, benché abbiamo pregato,digiunato e chiesto aiuto, benché abbiamo avuto fede e ricercato il volto diDio, le guarigioni non avvengono. Certamente in molti casi si può spiegarequesto con la mancanza di fede, col fatto che si ricorre a Dio solo nei momentidel bisogno e lo si trascura quando si sta bene, ma sarebbe superficialelimitarsi a questo. Ci sono persone la cui fede è indiscutibilmente sincera, oalmeno così sembra, eppure non ottiene la guarigione che spera per sé o peraltri. Nella famiglia di mia moglie è appena deceduta una zia dopo un cancro alseno che per un momento sembrava anche essere guarita, ma che è poi ricaduta.Nella nostra chiesa più di una persona ha perso una persona cara in seguito aduna malattia. Sempre nella nostra chiesa abbiamo una ragazza affetta da una malattiamisteriosa che l'ha resa invalida al 100%, e non c'è mai stata guarigione. Chedire quindi? Che non abbiamo fede? Che non si è pregato abbastanza?
Lontano dal volermi sottrarre dalle nostreresponsabilità, che in qualche modo potranno anche avere il loro peso, vorreilanciare alcune piste di riflessione.

3.1. La guarigione è perla gloria di Dio.
A cosa servono le guarigioni che vediamonei vangeli, o meglio, che senso hanno? Sicuramente dimostrano l'amore di Dionei confronti delle sue creature. Ma il loro senso più pieno è quello di esseresegni della gloria di Dio. Nella concezione biblica del mondo il fine ultimo èla gloria di Dio. Il benessere dell'uomo, quindi la guarigione, non è il fineultimo, perché questo benessere è a sua volta subordinato alla gloria di Dio.L'essere umano è felice non se sta fisicamente bene, perché il mondo è pieno dipersone sane e depresse, ma se dà gloria a Dio. Ci sono casi in cui una morteserena, ed anche se precoce, vissuta nella fede in Dio, può comportare altrettantagloria a Dio di quanto ne comporta un miracolo. Perché se la fede cristianadimostra di vincere la morte, e non solo alcune malattie, il suo messaggio èancora più forte. Non è forse un caso che nel Nuovo Testamento la granmaggioranza delle guarigioni coincide con la conversione delle persone, e nonriguarda gli apostoli o persone della chiesa che hanno già una garanzia per ilfuturo.

3.2. Il contesto conta.
Abbiamo osservato che Gesù svolge pocheguarigioni a Nazaret, suo villaggio di origine, e molte a nella Decapoli o interritori lontani dal suo paese. I pregiudizi nei confronti del figlio di unfalegname, condizionano la possibilità stessa di guarigione per quel luogo. Lostesso si può dire del nostro mondo: la nostra epoca che si vuole moderna,presuppone la razionalità come criterio ultimo di ogni cosa. La fede vi trovapoco spazio e parlare di guarigioni miracolose può suscitare il riso in moltepersone. Non stupiamoci allora se le guarigioni scarseggiano. Noi stessicredenti siamo condizionati da questo contesto. Ma proprio per questo è ancorapiù vero quello che si diceva sopra: una morte serena, accompagnata dallaconvinzione di andare con Dio, può essere nel nostro mondo un messaggio piùforte che quella di una guarigione miracolosa che potrebbe ingaggiare undibattito sull'effetto placebo, il l'autosuggestionamento  e quant'altro.

3.4. Dio è sovrano.
Ultimo concetto importante. Nell'otticacristiana dobbiamo sempre continuare a ricordarci che Dio è sovrano. Ciòimplica che ogni guarigione è comunque una sua grazia, un suo dono che non puòessere preteso... Ci sono cose che non sappiamo spiegare e che non spiegheremomai, perché fanno parte di piani che ci sfuggono. Per quanto doloroso questopossa essere, aggrapparsi alla sovranità di Dio riconoscendo i nostri limiti dicreature è un modo autentico per accettare che non sempre la guarigione puòavvenire.
Ma detto tutto ciò, Dio ha guarito,guarisce e guarirà ancora! 

Dio guarisce 4. Il sordomuto
Marco 7:31,37

31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Gesù viaggia. Attraversa diversi territori ed ognuno di questi ha certe caratteristiche. Il modo in cui viene o non viene accolto cambia da un luogo all'altro, ed è interessante osservare che il passo che studiamo oggi accade in un posto ignoto, che fa parte di una zona chiamata Decapoli. Non è un dettaglio neutro: Marco ha raccontato all'inizio del capitolo 6 che Gesù a Nazaret, la sua città natale viene respinto e di conseguenza guarisce pochissime persone; alla fine del capitolo 6 invece arrivato nella città di Gennesaret trova un'accoglienza molto migliore, e questo permette un gran numero di guarigioni, anche per il semplice contatto della veste - abbiamo già commentato che non è il tatto di per sé a guarire ma la fede nell'efficacia di quel contatto. Adesso giunge nel territorio di una zona nota per la presenza soprattutto di non ebrei, misti a delle enclaves ebree, che ha sentito parlare di lui e che è ben disposta nei suoi confronti. Vediamo in fatti che anche qui il sordomuto gli viene condotto da altri, che hanno fede nelle sue capacità di guarire. Tutto ciò, in via introduttiva è per dire che anche il contesto conta. Il modo in cui si recepisce il vangelo, quello che si crede sul vangelo anche prima di averlo ascoltato direttamente, condiziona il modo in cui lo si recepisce. Il pregiudizio sul falegname figlio di Miriam e Giuseppe, impedisce agli abitanti di quel villaggio di vedere al di là di quello che hanno sempre creduto su di lui, e questo limita la loro fede; la maggiore apertura degli altri invece permette di credere. Parlando di guarigioni apriamo questo commento dicendo che i presupposti su cui basiamo la nostra vita facilitano o limitano la possibilità di ricevere da parte di Dio una guarigione.
Ma andiamo a leggere più in profondità tra le righe di questo passo.

1. In disparte.

Il sordomuto viene portato a Gesù da altri, in mezzo ad una folla che preme sul maestro, come spesso capita a Gesù quando si sposta. In altri casi Gesù ha operato guarigioni nel bel mezzo della folla. In questo caso invece vuole prendere a parte quest'uomo e ritagliare un'intimità maggiore con lui, restando lontano dalla folla. Non solo. La modalità di guarigione riguarda un contatto ravvicinato, il superamento di barriere relative alla distanza sociale: lo tocca nelle orecchie e gli tocca la lingue con lo sputo, sostanza che in genere allontana invece di avvicinare. Tutto questo sembra portarci verso una forte intimità, un contatto fisico, un modo di comunicazione non verbale che passa per il tatto. Forse è proprio perché quest'uomo, per la malattia che ha, ha vissuto in una sorta di isolamento comunicativo: non sente cosa dicono gli altri, ed ha difetti nel parlare, quindi non può comunicare ciò che ha dentro. Possiamo immaginare che si sia rinchiuso in un mondo suo, che abbai sviluppato qualche tratto autistico, come può capitare a chi ha degli handicap che lo portano ad essere isolato dagli altri. Il Signore Gesù nel guarirlo vede la specificità del suo bisogno ed interviene in un modo che gli fa in primo luogo sentire una vicinanza che forse quest'uomo non aveva mai provato, proprio per il non poter comunicare. Lo prende in disparte cercando di stabilire un contatto privilegiato con lui, e poi passa per il tatto, visto che non può sentire.
Noi tutti abbiamo bisogno di essere trovati da Dio secondo la nostra specificità. Pensiamo a come il Signore ci ha cercato, e notiamo come ha saputo cogliere elementi che erano specifici solo a noi. Ognuno di noi ha bisogni speciali ed alcuni di noi hanno bisogno proprio di un Dio che si rivolga loro quasi toccandoli, prendendoli a parte, facendo loro sentire l'eccezionalità di un contatto diretto e specifico, lontano dalle folle.
Reciprocamente, quando sull'esempio di Gesù ci rivolgiamo a qualcuno per portare guarigione, sia essa fisica o altro, pensiamo a quanto può essere importante un contatto specifico, diretto. Talora anche fisico. La nostra cultura occidentale non esagera nel contatto diretto, e più si va al nord più la distanza tra corpi si accentua. Ma a volte invece c'è proprio bisogno di contatto, di strette di mano, di abbracci, di pacche sulle spalle, per fare sentire una vicinanza a chi è ferito. Il valore del tatto operato da Gesù non è medico, perché lo sputo non ha alcuna virtù capace di guarire la sordità, ma è simbolico: significa che il Signore è così vicino, così disponibile nei confronti di quest'uomo fino a toccarlo. Non temiamo allora i corpi, ed il tatto, e pensiamo a quanto una stretta di mano, un abbraccio una carezza possono portare anche in termini di guarigione. Soprattutto per chi opera in ambito medico e paramedico, visto che è provato che la modalità del rapporto con il paziente favorisce o blocca la guarigione stessa.

2. Effata!

Abbiamo qui un termine in ebraico che significa: "Apriti!" Sembra riferito all'insieme dei limiti di quest'uomo: che si aprano le orecchie che non sentono e che si apra anche il blocco del linguaggio, che per la precisione non è assente, ma compromesso, non chiaro, forse una fortissima balbuzie, forse una forma di afasia. La potenza di questo ordine che Gesù dà è incredibile. La sola parola basta per sconfiggere la non comprensione della parola e l'impossibilità di proferire parole. Possiamo solo prendere atto di questo, renderci conto che ciò è possibile, e pensare che simili miracoli possono tuttora accadere. Non dico che accadranno per forza, ma semplicemente che è possibile che accadono. E laddove non accadono ho visto con sorpresa che nel mondo evangelico è ben equipaggiato nei confronti di dei non udenti: in una rapida ricerca sul web ho trovato tre siti con relative missioni che si occupano di annunciare il vangelo in LIS, proprio perché le guarigioni non avvengono sempre. Si impone però una riflessione sulla fede di questo sordo. Non se ne dice niente. Potremmo pensare che ha semplicemente ottenuto un miracolo, un po' come oggi si fa un'operazione e questo non comporta una conversione nei confronti dell'equipe medica. E' possibile capire il miracolo così: indipendentemente dalla fede della persona Gesù decide di operare un miracolo; chi lo riceve ha poi la responsabilità di prendere posizione e riconoscere da chi è provenuta la guarigione. Possiamo anche spingerci un po' più in là e dire che nel mondo dell'handicap il Signore usa mezzi speciali: in fondo un sordo che non poteva capire, come faceva e come fa a capire una serie di concetti come colpa, peccato, salvezza?
Indipendentemente da come la vogliamo vedere credo però che il grido "effata" abbi ancora una portata simbolica che va al di là della semplice sordità. Oltre che la condizione del sordo vero e proprio, a cui infatti Gesù offre guarigione senza fare molti discorsi, il vangelo abbonda di metafore della sordità per indicare la chiusura al vangelo che caratterizza tante persone. Dobbiamo ammettere di essere tutti dei sordi spirituali che solo per miracolo hanno aperto le orecchie! Perché Gesù ha pronunciato un qualche miracoloso "effata!" celeste perforando le nostre orecchie rivestite. Effatà è il grido che gli evangelisti devono anteporre al loro annuncio. Effatà è quella domanda a Dio che le parole usate da chi porta il vangelo possano trovare orecchie miracolosamente aperte per sentire un messaggio che opera più che una guarigione fisica.

3. Le citazioni

Nella parte conclusiva del passo la folla stupita dice alcune cose. Ed i lettori attenti intravedono nelle parole della folla due importanti citazioni dell'Antico Testamento: la prima è di Isaia 35: 5-56" Si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturate le orecchie dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto griderà di gioia, perché sgorgheranno acque nel deserto e torrenti nella solitudine".
E' una profezia messianica, che annuncia cioè tempi in cui arriverà il messia, per instaurare un regno nuovo. Il fatto che la folla la pronunci dopo che Gesù ha operato il miracolo sta ad indicare che la folla, anche inconsapevolmente confessa Gesù come messia. Confessa quindi che il mondo è cambiato perché è venuto un unto da Dio che è capaci di rispondere ai problemi più profondi dell'umanità. Noi oggi dopo 2000 anni ripetiamo la stessa cosa: se cerchiamo una vita nuova, una vita sbloccata dalla nostra sordità o dall'incapacità di comunicare, sia essa fisica, organica o spirituale, emotiva dobbiamo riconoscere che un messia, un uomo chiamato Gesù è in grado di poterci aiutare. Dobbiamo prendere atto che la sua potenza è a nostra disposizione ed annunciarlo ad altri.
Più sottile la seconda citazione: "ha fatto tutto bene" evoca lo scenario della Genesi, in cui Dio a fine di ogni cosa creata diceva: Dio vide che questo era buono. La folla, forse inconsapevolmente, si rende conto di essere davanti all'inizio della nuova creazione, del momento in cui Dio stesso, nella persona di Gesù, interviene sulla terra per ricreare la creazione decaduta. Noi oggi annunciamo la stessa cosa: che Dio non si è limitato a creare, ma va avanti ricreando. Ricreando le orecchie del sordo e della lingua del muto, ricreando la vita spezzata di chi soffre ed intervenendo. Ma dobbiamo altresì riconoscerlo come messia, confessarlo come colui che è creatore e ricreatore. Allora vedremo anche noi la sua potenza.


Dio guarisce.
Tero episodio: la donna dal flusso di sangue e la figlia di Iairo
Marco 5: 21 

Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 24
 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29
 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 31 I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34
 Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
35 Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 37 E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 41 Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 42 Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.


Il passo che leggiamo oggi presenta due miracoli intrecciati: mentre Gesù parte per farne uno si ferma a farne un altro e poi prosegue. Non è un caso che i due fatti siano presentati in questo modo, e possiamo trovare tra i due miracoli molti punti comuni, come anche delle differenze.

1. Due che emergono dalla folla.
Le folle sono un dato sempre presente nei vangeli e il loro valore è duplice: sono gruppi di gente che cercano Gesù, assetati di conoscerlo per i motivi più disparati, ma a volte diventano anche un limite. In questo caso la folla è una massa anonima che sta attorno a Gesù: per un verso serve a sapere dove si trova, dall'altro è quasi un impedimento, che osserva chi si avvicina al maestro o che, proprio fisicamente, riduce la possibilità di incontrarlo.
Un primo fatto che accomuna queste due persone miracolate è il loro coraggio ad emergere dalla folla. Quando si è in mezzo ad una folla ci si può sentire parte di questa, quindi come degli anonimi davanti a Dio. Iairo e la donna hanno entrambi il coraggio di credere che Dio va al di là della folla ed è capace di interessarsi del destino di ogni componente della folla, perché per Lui ogni essere umano è importante. La loro fede sta proprio in questo: nel credere che che quel maestro è capce di dare loro attenzione.
Può capitare a tutti di pensare che Dio è uno e che noi siamo tanti. Da cui l'idea che non avrà grande interesse per noi. Non è così. Dio ha a cuore ogni singolo essere umano e se sente di essere stato toccato anche indipendentemente dalla sua volontà si gira a cercare chi l'ha chiamato; se sa che un'insignificante bambina di un paese poco importante sta male, è pronto ad intervenire. Stiamo studiando le guarigioni. Un passo decisivo da fare è quello di credere che Dio è attento a tutti e che davanti a lui non ci sono codici rossi o codici verdi come al pronto-soccorso. Tutti hanno parità di accesso, purché gridino per emergere dalla folla.

2. Due condizioni lontane da Gesù.
Entrambi questi personaggi hanno una particolarità: la loro condizione o di malattia o di ceto sociale li predispone ad essere lontani da Gesù, almeno agli occhi di chi osserva. Iairo è il capo di una sinagoga e nei primi capitoli del vangelo di Marco (2-3 in particolare) abbiamo visto Gesù scontrarsi con le autorità religiose, che mal tollerano la sua presenza. Poco importa che guarisca e faccia miracoli, lo fa in modalità che scardinano le credenze delle false fedi fatte di forma ed abitudine: se guarisce di sabato non va bene... Se perdona i peccati, non va bene... Un capo di sinagoga che si reca da Gesù è uno che ha il coraggio di andare contro quanto hanno creduto quelli della sua classe sociale e lavorativa. Non teme la censura sociale che ne subirà, e messo davanti all'estremo della morte di sua figlia capisce che l'unico che la può aiutare è Dio. Ha quindi il coraggio di superare la barriera che lo separa da Gesù, data dalla sua appartenenza.
Lo stesso, anche se per motivi diversi, possiamo dire della donna: ha un'emorragia che non cessa, cosa che la pone in condizione di impurità, poiché secondo il levitico la donna affetta da mestruazioni è impura ritualmente, ed il sangue è comunque impuro. Per avvicinarsi a Gesù deve superare non solo la folla, ma anche la censura che grava su di lei, in quanto donna impura. Se poi il suo flusso di sangue fosse proprio di tipo mestruale, si tratterebbe di un fatto vergognoso, o comunque intimo ed imbarazzante.
Per andare verso Gesù dobbiamo superare le barriere che immaginiamo ci separino da lui. Forse il nostro passato, i nostri peccati, gli sbagli che continuiamo a fare ci fanno credere che il Signore abbia delle riserve a nostro riguardo, che apra la sua porta solo a certe categorie. Questi due miracoli ci insegnano che né dalla parte delle persone "perbene", come Iairo, né dalla parte degli impuri, dei peccatori, come la donna, ci sono preclusioni. Il Signore non è di destra né di sinistra, non è per i ricchi o per i poveri. Il Signore si rivolge verso chi indipendentemente dal suo passato ha fede.

3. Due fedi grandi che si accontentano di poco.

Colpisce, alla lettura di questo passo, l'elemento del tatto, il fatto che entrambi pensino che la guarigione venga dal fatto di toccare: la donna si contenta di toccare semplicemente il lembo della veste, Iairo vorrebbe semplicemente che il Signore metta le sue mani sulla figlioletta, ed infatti alla fine Gesù la prenderà semplicemente per mano. Da un certo punto di vista questa fiducia nel tatto potrebbe far pensare ad una fiducia nel magico, o nella superstizione. Possibile che l'autenticità della fede si mescoli a simili credenze, ma è interessante al riguardo la risposta di Gesù: la tua fede di ha salvata, dice alla donna; e a Iairo: abbi fede! Gesù rettifica eventuali credenze errate, o rinforza la semplice fede di questi personaggi.
E' la fede ed unicamente la fede che salva, ed anche indipendentemente dalla volontà del guaritore! Sembra un paradosso: Gesù non ha volutamente guarito, l'energia guaritrice è uscita da lui senza che si sia reso conto di chi ha guarito. E' come dire: se ho promesso che guarirò chi ha fede, risponderò anche senza rendermene conto: perché ho preso un impegno! Per noi è una vera promessa, che torna a spingerci verso il Signore. Cosa vogliamo dal Signore? Questa Signora si contentava di poco, le bastava toccare la veste, non pretendeva un incontro ufficiale. Gesù ha in serbo per lei molto di più: la chiama a confessare pubblicamente il suo bisogno e la chiama ad un incontro personale in cui le precisa che ciò che salva è la fede. Il messaggio è anche per noi: cerchiamo poco, anche di ascoltare una sola parola del Signore. Egli saprà darci infinitamente di più.

4. Due che non hanno trovato aiuto presso gli uomini.
Ci viene detto che la donna aveva speso i soldi presso i medici che non erano stati in grado di aiutarla. Di Iairo non si dice che si sia rivolto ai medici, ma probabilmente la condizione estrema in cui si trova la figlia gli fa capire che non ci sono molte possibilità umane. Per quanto la medicina abbia fatto enormi progressi, un margine di quello scetticismo che c'era nei tempi antichi, in cui molti medici erano dei ciarlatani, rimane ancora oggi. Contro molti mali non c'è niente da fare. Non si tratta qui di opporre ottusamente fede e medicina, che sono vie di guarigione diverse, ma in molti casi complementari: faccio presente al riguardo di alcune iniziative inglesi di cui ho letto, in cui le asl locali cooperano con chiese che danno sostegno nella preghiera alle cure mediche. Si tratta piuttosto di riconoscere che la medicina è una dimensione umana, limitata e non onnipotente. Gesù invece è onnipotente e per ogni male possiamo e dobbiamo veramente gridare a lui, superando qualsiasi barriera sociale o idea che abbiamo posto tra noi e lui.

La scena conclusiva mostra Gesù che dà da mangiare alla fanciulla, e che vieta di diffondere la notizia della guarigione. A Gesù non interessa la fama, che anzi rischia di rappresentarlo come un taumaturgo anziché come il messia, né di impressionare le folle: il signore vuole il bene dei minimi, come questa bambina e dopo averla risuscitata ci tiene ad una cosa molto semplice, cioè che sia nutrita. Questo è il Dio in cui crediamo: il Dio che strappa dalla morte fisica e spirituale e che è attento ai bisogni materiali ed esistenziali di ognuno di noi.

Dio guarisce. Secondo episodio: il paralitico di Capernaum
Marco 2:1,12

1 Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2 e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. 4 Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. 5 Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
6 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7 «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
8 Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? 9 Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? 10 Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, 11 ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua».12 Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».


Gesù torna a Capernaum, città dove eserciterà buona parte del suo ministero. Si tratta di una cittadina sul lago di Galilea, nella parte nord, che oggi non esiste più e la cui collocazione non è del tutto chiara. Dal racconto che ci fa Marco questo miracolo segue il precedente, quello del lebbroso e riguarda un nuovo tipo di male: abbiamo detto che la lebbra è contagiosa, che poteva portare alla morte e che i lebbrosi venivano isolati ed evitati, mentre Gesù si avvicina al lebbroso senza paura. La paralisi, seppure altrettanto tragica e triste, è un male completamente diverso dal precedente: non sappiamo esattamente perché questo paralitico fosse tale... se fosse poliomielitico, se avesse una forma di sclerosi, se avesse avuto traumi nel parto o altro. Ci viene presentato come un invalido che non ha una malattia che lo porterà a morire, ma che limita fortemente i movimenti della sua vita e soprattutto lo costringe a dipendere dagli altri. E' quasi il contrario della lebbra per cui si è evitati. Quindi non appena Gesù arriva a Capernaum e la notizia circola numerose persone accorrono per ascoltare la predicazione del vangelo. Ma conoscendo i miracoli che Gesù aveva già fatto alcuni pensano di poter portare un paralitico ad essere guarito.

1. La guarigione e gli altri
Il fatto che il paralitico venga trasportato fisicamente da quattro persone è molto importante e questo racconto, a ben guardare, tende proprio a far risaltare il ruolo di questi quattro trasportatori. Chi sono questi quattro? Non lo sappiamo ed il narratore, coerentemente con la consueta sobrietà della narrativa evangelica non dà né nomi, né informazioni. Possiamo immaginare che siano stati degli amici amici di vecchia data, ma anche quattro che passavano a cui il paralitico ha chiesto aiuto e che gliel'hanno prestato. Poco conta la loro relazione, il punto centrale è che queste quattro persone hanno capito che portare un paralitico da Gesù era fondamentale. E per portarcelo hanno fatto di tutto. Si sono avvicinati alla casa, hanno visto che mancava lo spazio, sono saliti sul tetto lo hanno scoperchiato e lo hanno calato dentro. Ci tenevano a quel paralitico ed hanno operato fino in fondo per aiutarlo.
Viene da pensare a persone che credono fortemente nella forza della medicina di un certo paese e per salvare un caro, un parente fanno di tutto per ottenere un visto per malattia e trasportare il malato in un posto dove possa essere curato, o ancora nel bene e nel male di quei viaggi della speranza intrapresi in cerca di guarigioni speciali in posti in cui si pensa che vengano dispensate guarigioni.
L'affermazione del narratore riguardo alla prima reazione di Gesù avrà colpito ognuno di noi lettori: "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico i tuoi peccati ti sono rimessi!". Siamo abituati negli altri racconti dei miracoli a sentire Gesù che osserva la fede dei miracolati; qui invece, e credo sia un caso piuttosto isolato, è la fede dei quattro che è messa in risalto. E' possibile essere guariti per la fede di un altro? E' possibile che la la fede che è un fatto così personale e responsabile possa essere sostituita da quella degli altri? Certamente no, e non credo che il paralitico sia guarito suo malgrado. Certamente avrà fatto i suoi passi di fede e si sraà pronunciato per Gesù, se no altro obbedendo alle parole di guarigione. Ma in questo miracolo Dio vuole farci capire che ognuno di noi può avere un ruolo enorme nelle guarigioni di altri. La lettura dei miracoli non riguarda solo la possibilità di guarigione per chi è malato, ma responsabilizza anche chi sta bene nei confronti di chi è malato. Quanto siamo disposti a fare per chi sta male? Su quali tetti di quali case siamo pronti a montare? Che sia nell'azione fisica, nel trasporto, o nel pregare per chi sta male c'è un ruolo molto importante che chi sta bene deve assumere. Perché Gesù guarderà anche la fede di chi ci tiene a che altri siano guariti, soprattutto di mali per i quali la solidarietà è necessaria.

2. La guarigione e il peccato.

L'affermazione di Gesù ha qualcosa di sorprendente. Per noi moderni forse di incomprensibile, e per gli scribi, persone erudite nelle scritture e profondamente religiose, ha qualcosa di blasfemo. Cosa c'entra il peccato, la remissione dei peccati con la paralisi? Sono peccatori solo i paralitici? Sono paralitici in quanto peccatori? Si tratta di idee che, come possiamo vedere altrove, Gesù non condivide, ma che al tempo erano diffuse. Se stai male è perché hai peccato... Gesù è più radicale ancora. La sua missione è annunciare la parola, come abbiamo visto dall'inizio del passo; è venuto per riscattare il popolo dai suoi peccati. E quali sono i peccati? Sono l'aver rotto il rapporto di amore e di amicizia con Dio, mettendo al primo posto la propria autonomia e il proprio egoismo. Questo produce mali morali, mali fisici, mali economici e quant'altro. Il paralitico non è meno peccatore di altri, e la persona sana lo è quanto lui. Gesù, per portare il suo uditorio a riflettere sul vero problema dell'umanità, il peccato, la separazione uomo Dio, mostra la sua potenza nel guarire le sue manifestazioni più raccapriccianti, come lo stato di malattia e di infermità di alcuni. Ma ci tiene a tenere presente qual è il problema numero uno: è il peccato! E allora non comincia dicendo: "alzati!", ma "i tuoi peccati ti sono rimessi."
Stiamo attenti al gioco di implicazioni che c'è dietro queste affermazioni: per gli scribi perdonare i peccati non è difficile, è proprio impossibile. Far guarire un paralitico è molto difficile, ma in qualche modo più facile che dire che i peccati gli sono rimessi. Gesù quindi li provoca: non vi rendete conto che il vero problema è il peccato? Il peccato anche vostro, di voi che per il paralitico non avete fatto un bel niente? Dire alzati e cammina è più facile che dire i tuoi peccati ti sono rimessi! Curare l'anima è più difficile che curare lo spirito. Ma visto che ha a che vedere con degli increduli che pensano di poterla buttare sul piano della disputa teologica, Gesù opera la guarigione più facile - quella del corpo - per mostrare la sua autorità. E se sa guarire il fisico allora c'è da pensare che possa guarire anche l'anima. Ecco perché dice al paralitico la cosa più facile: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina", ed agli scribi quella più difficile: dovete sapere che ho facoltà di rimettere i peccati.
Torniamo a ripetere: il vero problema non è la paralisi. Lo dico con qualche timore perché io che sono sano e cammino potrei scioccare dei paralitici. Mi avvalgo allora della testimonianza di alcuni amici, o della missione Johny and friends, con cui come chiesa collaboriamo direttamente: si tratta di persone paralizzate, che vivono in sedia a rotelle, ma hanno trovato interiormente un grande movimento: quello dello spirito.
Lo abbiamo detto la volta scorsa e lo ripetiamo, e probabilmente dovremmo ripeterlo commentando ogni miracolo di guarigione: la guarigione non è obbligatoria. E' un atto che Dio nella sua sovranità può decidere di fare, e come visto sopra dobbiamo pregare ed impegnarci perché le persone siano esposte alla guarigione. Ma la radice nel male sta nella guarigione dell'anima, nella risoluzione del problema del rapporto di ogni uomo con Dio. Essere in pace con Dio, sentire che Egli ha perdonato i nostri peccati, significa vivere in una libertà ed una gioia che neppure i legami di un'infermità fisica possono bloccare. Il valore simbolico della paralisi è che come essa limita i nostri movimenti nello spazio, così il peccato limita i nostri movimenti nello Spirito, non ci fa accedere a quelle dimensioni alte per le quali l'essere umano è stato creato. Senza perdere di vista la potenza della guarigione fisica, ammettiamo di essere tutti dei paralitici spirituali che hanno bisogno di essere spiritualmente guariti.

3. La guarigione e il figlio dell'uomo.

Perché gli scribi si indignano tanto? Perché sentono un'affermazione che giudicano blasfema e perché sanno che solo Dio può rimettere i peccati. Hanno ragione! Il loro sbaglio non è di ordine dottrinale, ma di comprensione della figura di Gesù. Gesù sta indirettamente dicendo loro: "Io sono Dio!", e proprio per questo posso rimettere i peccati. Sono venuto a risolvere i vostri problemi sia fisici che morali, che spirituali. Ma perché questo sia possibile mi dovete riconoscere come messia, capace di rimettere i peccati.
Questa autorità di Gesù, anche nelle chiese è abbondantemente disconosciuta e non so quanto questo favorisca i processi di guarigione spirituale e fisica. Faccio un esempio: ci capita di pregare per qualcuno che poi guarisce. Certamente ringraziamo Dio, ma prima di decretare che si è trattato di un miracolo, di una guarigione operata dallo Spirito esistiamo... ci può essere una giustissima prudenza dovuta al fatto che vedere guarigioni dappertutto, magari anche grazie al semplice influsso di medicine, porta a banalizzare la portata dei veri miracoli. Ma la prudenza diventa facilmente timore, ed il timore silenzio. E se si smette di proclamare che Dio guarisce, che è possibile che guarisca perché esiste, anche se non è obbligato a guarire, perché c'è e perché si manifesta nella nostra realtà, la portata del messaggio cristiano si annacqua e si sminuisce.
Siamo quindi pronti come chiesa, ad accompagnare i malati, ad annunciare il perdono e a confermare l'autorità di Gesù: egli può!