lunedì 8 aprile 2013


Dio guarisce 4. Il sordomuto
Marco 7:31,37

31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Gesù viaggia. Attraversa diversi territori ed ognuno di questi ha certe caratteristiche. Il modo in cui viene o non viene accolto cambia da un luogo all'altro, ed è interessante osservare che il passo che studiamo oggi accade in un posto ignoto, che fa parte di una zona chiamata Decapoli. Non è un dettaglio neutro: Marco ha raccontato all'inizio del capitolo 6 che Gesù a Nazaret, la sua città natale viene respinto e di conseguenza guarisce pochissime persone; alla fine del capitolo 6 invece arrivato nella città di Gennesaret trova un'accoglienza molto migliore, e questo permette un gran numero di guarigioni, anche per il semplice contatto della veste - abbiamo già commentato che non è il tatto di per sé a guarire ma la fede nell'efficacia di quel contatto. Adesso giunge nel territorio di una zona nota per la presenza soprattutto di non ebrei, misti a delle enclaves ebree, che ha sentito parlare di lui e che è ben disposta nei suoi confronti. Vediamo in fatti che anche qui il sordomuto gli viene condotto da altri, che hanno fede nelle sue capacità di guarire. Tutto ciò, in via introduttiva è per dire che anche il contesto conta. Il modo in cui si recepisce il vangelo, quello che si crede sul vangelo anche prima di averlo ascoltato direttamente, condiziona il modo in cui lo si recepisce. Il pregiudizio sul falegname figlio di Miriam e Giuseppe, impedisce agli abitanti di quel villaggio di vedere al di là di quello che hanno sempre creduto su di lui, e questo limita la loro fede; la maggiore apertura degli altri invece permette di credere. Parlando di guarigioni apriamo questo commento dicendo che i presupposti su cui basiamo la nostra vita facilitano o limitano la possibilità di ricevere da parte di Dio una guarigione.
Ma andiamo a leggere più in profondità tra le righe di questo passo.

1. In disparte.

Il sordomuto viene portato a Gesù da altri, in mezzo ad una folla che preme sul maestro, come spesso capita a Gesù quando si sposta. In altri casi Gesù ha operato guarigioni nel bel mezzo della folla. In questo caso invece vuole prendere a parte quest'uomo e ritagliare un'intimità maggiore con lui, restando lontano dalla folla. Non solo. La modalità di guarigione riguarda un contatto ravvicinato, il superamento di barriere relative alla distanza sociale: lo tocca nelle orecchie e gli tocca la lingue con lo sputo, sostanza che in genere allontana invece di avvicinare. Tutto questo sembra portarci verso una forte intimità, un contatto fisico, un modo di comunicazione non verbale che passa per il tatto. Forse è proprio perché quest'uomo, per la malattia che ha, ha vissuto in una sorta di isolamento comunicativo: non sente cosa dicono gli altri, ed ha difetti nel parlare, quindi non può comunicare ciò che ha dentro. Possiamo immaginare che si sia rinchiuso in un mondo suo, che abbai sviluppato qualche tratto autistico, come può capitare a chi ha degli handicap che lo portano ad essere isolato dagli altri. Il Signore Gesù nel guarirlo vede la specificità del suo bisogno ed interviene in un modo che gli fa in primo luogo sentire una vicinanza che forse quest'uomo non aveva mai provato, proprio per il non poter comunicare. Lo prende in disparte cercando di stabilire un contatto privilegiato con lui, e poi passa per il tatto, visto che non può sentire.
Noi tutti abbiamo bisogno di essere trovati da Dio secondo la nostra specificità. Pensiamo a come il Signore ci ha cercato, e notiamo come ha saputo cogliere elementi che erano specifici solo a noi. Ognuno di noi ha bisogni speciali ed alcuni di noi hanno bisogno proprio di un Dio che si rivolga loro quasi toccandoli, prendendoli a parte, facendo loro sentire l'eccezionalità di un contatto diretto e specifico, lontano dalle folle.
Reciprocamente, quando sull'esempio di Gesù ci rivolgiamo a qualcuno per portare guarigione, sia essa fisica o altro, pensiamo a quanto può essere importante un contatto specifico, diretto. Talora anche fisico. La nostra cultura occidentale non esagera nel contatto diretto, e più si va al nord più la distanza tra corpi si accentua. Ma a volte invece c'è proprio bisogno di contatto, di strette di mano, di abbracci, di pacche sulle spalle, per fare sentire una vicinanza a chi è ferito. Il valore del tatto operato da Gesù non è medico, perché lo sputo non ha alcuna virtù capace di guarire la sordità, ma è simbolico: significa che il Signore è così vicino, così disponibile nei confronti di quest'uomo fino a toccarlo. Non temiamo allora i corpi, ed il tatto, e pensiamo a quanto una stretta di mano, un abbraccio una carezza possono portare anche in termini di guarigione. Soprattutto per chi opera in ambito medico e paramedico, visto che è provato che la modalità del rapporto con il paziente favorisce o blocca la guarigione stessa.

2. Effata!

Abbiamo qui un termine in ebraico che significa: "Apriti!" Sembra riferito all'insieme dei limiti di quest'uomo: che si aprano le orecchie che non sentono e che si apra anche il blocco del linguaggio, che per la precisione non è assente, ma compromesso, non chiaro, forse una fortissima balbuzie, forse una forma di afasia. La potenza di questo ordine che Gesù dà è incredibile. La sola parola basta per sconfiggere la non comprensione della parola e l'impossibilità di proferire parole. Possiamo solo prendere atto di questo, renderci conto che ciò è possibile, e pensare che simili miracoli possono tuttora accadere. Non dico che accadranno per forza, ma semplicemente che è possibile che accadono. E laddove non accadono ho visto con sorpresa che nel mondo evangelico è ben equipaggiato nei confronti di dei non udenti: in una rapida ricerca sul web ho trovato tre siti con relative missioni che si occupano di annunciare il vangelo in LIS, proprio perché le guarigioni non avvengono sempre. Si impone però una riflessione sulla fede di questo sordo. Non se ne dice niente. Potremmo pensare che ha semplicemente ottenuto un miracolo, un po' come oggi si fa un'operazione e questo non comporta una conversione nei confronti dell'equipe medica. E' possibile capire il miracolo così: indipendentemente dalla fede della persona Gesù decide di operare un miracolo; chi lo riceve ha poi la responsabilità di prendere posizione e riconoscere da chi è provenuta la guarigione. Possiamo anche spingerci un po' più in là e dire che nel mondo dell'handicap il Signore usa mezzi speciali: in fondo un sordo che non poteva capire, come faceva e come fa a capire una serie di concetti come colpa, peccato, salvezza?
Indipendentemente da come la vogliamo vedere credo però che il grido "effata" abbi ancora una portata simbolica che va al di là della semplice sordità. Oltre che la condizione del sordo vero e proprio, a cui infatti Gesù offre guarigione senza fare molti discorsi, il vangelo abbonda di metafore della sordità per indicare la chiusura al vangelo che caratterizza tante persone. Dobbiamo ammettere di essere tutti dei sordi spirituali che solo per miracolo hanno aperto le orecchie! Perché Gesù ha pronunciato un qualche miracoloso "effata!" celeste perforando le nostre orecchie rivestite. Effatà è il grido che gli evangelisti devono anteporre al loro annuncio. Effatà è quella domanda a Dio che le parole usate da chi porta il vangelo possano trovare orecchie miracolosamente aperte per sentire un messaggio che opera più che una guarigione fisica.

3. Le citazioni

Nella parte conclusiva del passo la folla stupita dice alcune cose. Ed i lettori attenti intravedono nelle parole della folla due importanti citazioni dell'Antico Testamento: la prima è di Isaia 35: 5-56" Si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturate le orecchie dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto griderà di gioia, perché sgorgheranno acque nel deserto e torrenti nella solitudine".
E' una profezia messianica, che annuncia cioè tempi in cui arriverà il messia, per instaurare un regno nuovo. Il fatto che la folla la pronunci dopo che Gesù ha operato il miracolo sta ad indicare che la folla, anche inconsapevolmente confessa Gesù come messia. Confessa quindi che il mondo è cambiato perché è venuto un unto da Dio che è capaci di rispondere ai problemi più profondi dell'umanità. Noi oggi dopo 2000 anni ripetiamo la stessa cosa: se cerchiamo una vita nuova, una vita sbloccata dalla nostra sordità o dall'incapacità di comunicare, sia essa fisica, organica o spirituale, emotiva dobbiamo riconoscere che un messia, un uomo chiamato Gesù è in grado di poterci aiutare. Dobbiamo prendere atto che la sua potenza è a nostra disposizione ed annunciarlo ad altri.
Più sottile la seconda citazione: "ha fatto tutto bene" evoca lo scenario della Genesi, in cui Dio a fine di ogni cosa creata diceva: Dio vide che questo era buono. La folla, forse inconsapevolmente, si rende conto di essere davanti all'inizio della nuova creazione, del momento in cui Dio stesso, nella persona di Gesù, interviene sulla terra per ricreare la creazione decaduta. Noi oggi annunciamo la stessa cosa: che Dio non si è limitato a creare, ma va avanti ricreando. Ricreando le orecchie del sordo e della lingua del muto, ricreando la vita spezzata di chi soffre ed intervenendo. Ma dobbiamo altresì riconoscerlo come messia, confessarlo come colui che è creatore e ricreatore. Allora vedremo anche noi la sua potenza.

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