domenica 18 dicembre 2016

Il padre prodigo

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Preparazione. Vorrei cominciare questa riflessione rivolgendo a tutti una domanda: vi è mai capitato di perdere qualcosa? Un oggetto, un figlio in un supermercato, o il rischio di perderlo in una malattia? Cerchiamo di fare mente locale per rivivere i sentimenti di paura o ansia prima e di felicità poi nel ritrovamento di quello che credevamo perso. Questo breve esercizio di memoria ben ci introduce al passo che leggiamo oggi.

1. Due mondi. 
Passi famosi come quelli del Figliolo prodigo, rischiano di offuscare altri passi che fanno loro da contorno. Non tutti forse, se venisse loro chiesto dove sono collocate le parabole della dramma perduta e della pecora smarrita, sarebbero pronti a rispondere che si trovano proprio appena prima di quella del Figlio Prodigo, che sarebbe meglio tradurre con "sperperatore". Credo che Gesù nel affiancare queste tre parabole abbia voluto trasmettere una stessa idea, preparandola prima con le due parabole della pecora e della dramma, e illustrandola meglio con quella del padre e del figlio.

Per capire il senso di questo straordinario episodio è fondamentale osservare bene a chi è rivolto. Ci sono lunghi passi rivolti ai farisei, che in genere contengono ammonizioni e rimproveri per il formalismo e la falsità della religione praticata. Ci sono passi rivolti ai discepoli, che ribadiscono l'amore del padre, ma anche le sue esigenze verso chi lo vuole seguire. Ci sono passi rivolti alla folla, vista in genere nei vangeli come un gruppo positivo, che si stupisce spesso, ma che è pronto ad ascoltare. Ci sono infine passi come questo, in cui ci sono da una parte pubblicani e peccatori e dall'altro farisei scandalizzati. È sorprendente notare come in tutti i vangeli i pubblicani e i peccatori siano molto raramente associati a riprensioni o a condanne, e in genere vengono descritti come gente che mangia ed invita Gesù a mangiare. Più volte, come in questo passo, sono associati al verbo "ascoltare". Il primo verso del capitolo viene spesso oscurato dalla celebrità dell'episodio del Figliuol Prodigo, ma va invece sottolineato:

1 Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. 2 Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Un semplice verso riflette due mondi che coesistono, ma che sono completamente diversi nella loro essenza. C'è un mondo di persone che agiscono male e che sono giudicate male. Sono degli esattori delle tasse, sono scesi a compromessi con i Romani, gli occupanti infedeli, tartassano gli ebrei per costringerli a pagare tasse che la maggior parte della gente ritiene ingiuste. Sono una specie di odierna Equitalia, che non esita ad usare metodi violenti ed aggressivi. Ci sono anche dei peccatori. Delle prostitute, dei ladri degli ubriachi, della gente di malaffare. Mi capita spesso di passare davanti all'agenzia della SNAI che è vicino a casa mia dove si fanno scommesse su cavalli e di dare un'occhiata alla gente che sta lì. Per quanto ci si possa sforzare di dire che l'abito non fa il monaco le facce sembrano parlare da sole! Paiono proprio le persone di cui parla questo versetto, trasposte nel XXI secolo.
C'è un secondo mondo di persone che formalmente sembrano molto a posto. Appartengono ad una congregazione religiosa che insiste sulla purezza, sul rispetto delle regole, sullo studio della Legge e sulla religione. Sono convinti che la loro dottrina sia giusta e la seguono con convinzione. Amano molto i pranzi in cui possono mostrare agli altri la loro prodigalità e le loro ricchezze, frutto di benedizioni divine.
Il nostro breve versetto mette insieme i due mondi rivelando due loro ulteriori caratteristiche: il mondo dei pubblicani e dei peccatori è interessato alla parola di Dio - almeno in questo episodio.
Il mondo degli scribi e dei farisei è interessato al comportamento degli altri, ed è pronto a criticare e mormorare.
Il mondo degli scribi e dei farisei pensa che Gesù debba parlare con loro e si scandalizza se parla con dei peccatori.
Sono due dati di fatto che rivelano anche oggi due possibili mondi: la fede concepita come un sistema di regole e di rituali che possano rendere pura la vita; la fede concepita come una forte consapevolezza di essere dei peccatori che hanno bisogno di ascoltare.
            Oggi nelle nostre chiese capita spesso di entrare con una forte consapevolezza di venire dal mondo dei peccatori, ma negli anni ci comincia a scivolare verso quello dei farisei… ci si scorda di ciò che si è stati per ricadere nell'inganno ancora peggiore di una religiosità dell'autogiustificazione. Le parabole di oggi ci interpellano affinché la fede negli anni conservi quell'umiltà che dovrebbe crescere proporzionalmente alla conoscenza della vera natura divina ed umana. Che lo vogliamo o no, facciamo parte di un mondo che vorrebbe stare lontano dal peccato, che studia la Bibbia e migliorarsi. Siamo capaci di avere uno sguardo sempre benevolo sul mondo dei peccatori, sapendo che ne facciamo comunque ancora parte e che è verso questo che va predicato il vangelo?

2. Pecore e dramme

Due parabole preparano quella più importante del Figlio Prodigo che ribadiscono la stessa idea. Un essere umano, si dà da fare per ritrovare un oggetto che ha perso. Gesù chiede agli ascoltatori se avendo perso qualcosa non farebbero altrettanto. Istintivamente rispondiamo tutti di sì, ma dovremmo forse essere più prudenti. Da un punto di vista economico e della sicurezza non è affatto ovvio rispondere di sì alle domande di Gesù. Non è affatto razionale abbandonare 99 pecore in un deserto rischiando che vengano sbranate per cercarne una. E non è razionale fare un banchetto di festeggiamento che implicherà la morte di un bel po' di pecore per sfamare gli invitati. Ugualmente non è razionale darsi una pena incredibile per una moneta persa se comunque se ne hanno altre 9. O meglio, tutto ciò è normale se si è smodatamente attaccati ai beni materiali. Cerchiamo di cancellare quell'aura romantica che molta letteratura dipinge intorno a queste storie: il pastore potrà anche essere amorevole e buono con le sue pecore, ma non dimentichiamo che prima o poi le ucciderà per mangiarle… La dramma sarà spesa perché non è che uno strumento che ha e che dà un potere. Potere d'acquisto. Il ragionamento di Gesù è dunque il seguente: essendo voi attaccati a dei beni materiali, come le pecore che mangerete o venderete, o che vi daranno latte e lana, siete disposti a fare tanto se li perdete, anche esagerando. Anche con uno zelo eccessivo che vi porterà a fare azioni irrazionali. Allora non vi sorprendete se Gesù parla con dei peccatori che ascoltano delle parole che li porteranno a ravvedersi! Dio ha ancora più zelo per gli umani di quanto voi non ne abbiate per gli oggetti! Anziché la descrizione di un amore romantico tra pastori e pecore e tra donne e monetine gelosamente conservate, quello di Gesù è un giudizio sull'attaccamento dei farisei ai beni materiali, che Gesù usa come argomento a contrario per dimostrare che Dio ama.
Non penso che la donna e il pastore in questa parabola rappresentino Dio. Penso che mettano bene in luce degli uomini pronti a fare degli sforzi. Mi sorge allora una domanda. A cosa sono pronto per fare sì che un peccatore conosca l'amore di Dio e si ravveda? Questi uomini sono pronti a dare molto per cose da poco, in modo eccessivo ed irrazionale.
Cosa sono pronto a fare io perché alcune persone passino dal mondo del peccato al mondo dell'incontro con Dio?

3. Il figliol prodigo
Quanto detto finora non fa che preparare la parabola ben nota, della quale vorrei considerare i tre personaggi principali.
Il figlio. Detto prodigo nel senso di spendaccione. Nel testo non si sfuma per niente la sua colpevolezza. Non solo fa qualcosa di molto brutto nel reclamare l'eredità del padre prima ancora della sua morte e nell'allontanarsi egoisticamente da lui, ma una volta cascato in miseria si rende conto che ha sbagliato. E dice chiaramente di aver peccato contro il Padre e contro Dio stesso. Non si giustifica, non cerca scuse, non pensa di essere vittima di un'educazione sbagliata. Sa di avere sbagliato e si pente sinceramente, tornando.
Non si va a Dio con arroganza o con l'illusione di valere qualcosa. Questo figlio è ogni uomo nel suo avvicinarsi a Dio.
Il padre. Lascia il figlio libero di scegliere. Non fa minacce né raccomandazioni, e vede il figlio prima ancora che arrivi. Ci immaginiamo un'attesa mista di dolore e fiducia, fatta del dolore di un padre che sente un figlio lontano, ma la cui gioia di ritrovarlo supera infinitamente l'eventuale rancore per l'affronto subito. Quando il figlio torna non chiede spiegazioni né chiarimenti, ma corre a preparare una festa. Questo forse non piace ai farisei, ma Dio è proprio così. Il suo amore infinito è appagato nel vedere persone che ritornano. Persone che riscoprono la loro vera vocazione umana che è quella di essere in comunione con il Padre Creatore. Per chi concepisce la fede come una serie di rituali, regole e protocolli questo è scandaloso! Come anche chi pensa che la fede sia un fatto sociale adatta ad una categoria di persone per bene che si tengono lontane dal peccato. E invece Dio si rallegra quando vede che si avvicinano a lui persone piene di peccato.
Questa è l'immagine di Dio che siamo chiamati a diffondere. Un Dio che aspetta il ritorno. E' stato un grave errore far passare alla storia questa parabola come la parabola del Figlio prodigo. Il titolo dovrebbe essere Il Dio prodigo che aspetta, senza stancarsi mai e che festeggia. Chissà perché il Dio dei cristiani è stato spesso dipinto come un Dio cattivo, che giudica e punisce. L'immagine che qui ne abbiamo è l'esatto contrario, ed è quella che le chiese devono riflette se vogliono essere a sua immagine.
Il figlio maggiore. Molte parole sono state dedicate a questa figura apparentemente minore, ma in cui inevitabilmente ci ritroviamo spesso. Qual è il suo dramma? Non solo invidia la festa fatta per il fratello, ma credo che la peggior cosa sia che non è in grado di essere contento del suo stato… Ha detto: "da tanti anni ti servo", ed il padre dice: "tu sei da sempre con me ed ogni cosa mia è tua…" Non ha capito che la vera gioia è lo stare con il padre, e che la gioia del padre è dovuta al fatto che il figlio giovane ora torna ad essere come il primo, cioè a stare con lui. E allora c'è da chiedersi se non sia stato con il padre in modo solo fisico, formale e non con il cuore… Non ha capito che ogni cosa del padre è sua… Gesù con queste parole sta schiaffeggiando i farisei che invece che rallegrarsi del fatto di appartenere a Dio passano il tempo a mettere in piedi protocolli per regolamentare l'accesso a Dio.
Chiediamoci allora: siamo felici del nostro essere con Dio da tempo?
Tutto quello che abbiamo detto non cancella il fatto che esiste anche il Dio che punisce il male e che tornerà per giudicare, e non ci parla di un Dio fatto di una amore indefinito e vago che non fa i conti con il male. Il figlio maggiore viene ripreso. Il figlio minore si è pentito e se non si fosse pentito sarebbe rimasto a mangiare il cibo dei maiali che non è una bella cosa. Ma qui ci viene illustrato che è possibile uscire da qualsiasi situazione, per quanto essa vicina ad una porcilaia materiale o spirituale possa essere…
Dio aspetta. Aspetta tutti. Aspetta noi. Aspetta te.

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