domenica 18 dicembre 2016

Semi e lievito - Luca 13, 10-21

Luca 13, 10-20 Per leggere Luca 13 clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php?versioni[]=C.E.I.&riferimento=Luca13
La scena descritta nel passo che leggiamo oggi ben si presta ad una lettura domenicale: a distanza di anni ci ritroviamo atteggiamenti e modi di essere e di fare comuni ad un mondo lontano 2000 anni come al nostro. Due figure emergono, una donna sofferente che riceve una guarigione miracolosa dopo 18 anni di sofferenza, ed un religioso, capo di una sinagoga preoccupato del rispetto delle regole. Tra i due Gesù che salva l’una e denuncia l’altro. Subito dopo il passo, due parabole che funzionano come un commento.

  1. 1.      Malata per 18 anni. 
La scena comincia in un contesto simile a quello che sperimentiamo noi qui ogni domenica: è un giorno particolare, dedito al Signore fatto di attività cultuali, come canti, prediche, ascolti di sermoni e simili. Questa donna è una credente e nonostante la sua infermità si reca al luogo di culto e sicuramente ha delle aspettative. Sono 18 anni che soffre, ma questa sofferenza non l’ha fatta desistere da quelle pratiche che lei probabilmente ritiene sane per la sua fede, come recarsi in sinagoga nel giorno del Signore. Proviamo a pensare cosa facevamo 18 anni fa (1997) e poi pensiamo da quel momento ad ora di essere sempre stati paralizzati. Non è poco e non è facile da immaginare, e potremmo anche pensare a quante cose non avremmo fatto se fossimo stati in quelle condizioni. Nei casi di guarigione che abbiamo visto finora nel vangelo di Luca generalmente sono i malati che cercano Gesù. Qui invece (anche in 6,6-11, l’uomo dalla mano secca, sempre in sinagoga e sempre di sabato) è Gesù a chiamare questa donna. Non ha bisogno di dirle di credere, perché lei crede già. Per qualche motivo questo spirito oppressivo, demoniaco come ogni sofferenza, la opprime.
            Mi colpisce la rapidità con cui tutto cambia. 18 anni di sofferenze e dolori si cancellano in un solo istante, al semplice comando autorevole di Gesù. Mi capita spesso di pensare a come alcune cose negative, come incidenti, parole, possano in poco tempo cambiare una vita serena. Pensiamo a chi si rompe un arto o a chi ha un incidente. In un solo istante parte una sofferenza che durerà qualche settimana o mesi o anni. Chissà come era diventata inferma questa donna? A questi diciotto anni si oppone la brevità del cambiamento: una parola di Gesù che proclama la liberazione, un contatto fisico, e tutto finisce in un istante.
            Ricordiamoci che la parola potente di Gesù può fare miracoli come questo ed anche più grandi. Perché questa donna aveva già la fede (“questa figlia di Abramo”, dice Gesù v. 16), e nella sua vita di fede ha avuto una grazia supplementare di vedersi guarita anche nel fisico. Ma ci sono persone che vivono un’intera vita in uno stato di infermità e paralisi spirituale che li rovina. Ci sono persone curve e schiacciata dal peso di angosce, di paure, di fantasmi in cui Gesù produce il miracolo della fede. Ci sono persone che hanno bisogno di fede e persone che credono già ma hanno bisogno di guarigione, di lavoro, di aiuto in vari modi, di liberazione da mille tipi di mali. Se non abbiamo sempre il privilegio di imporre le mani per produrre la guarigione, sappiamo che annunciare le parole di Gesù significa annunciare liberazione da spiriti malvagi che oltre che di “debolezza e malattia” come questo, sono di incredulità, di mancanza di senso nella vita, di disperazione, di depressione… Quando Dio agisce può farlo in un momento, un breve momento capace di sconvolgere anni di sofferenza. Orazio diceva “carpe diem”, tradotto con cogli l’attimo… Cogliamo l’attimo in cui Gesù può trasformare la nostra vita con una parola potente, e annunciamo parole potenti capaci di cambiare in un attimo altre vite. Cogliamo le occasioni sapendo cercare le persone giuste nei posti giusti, e dicendo le parole giuste nei momenti giusti – sotto la guida dello Spirito!

  1. 2.      Malato ogni sabato… 
Questa donna ha un rapporto particolare con il tempo, essendo prolungato il tempo in cui soffre. Anche il secondo personaggio del racconto si preoccupa del tempo, nel senso che si fissa su un particolare giorno: il sabato. Il sabato per lui è talmente sacro e speciale che non si può neppure guarire in quel giorno. E’ un personaggio interessante perché se lo analizziamo dettagliatamente incarna alla perfezione quella falsa fede che potremmo chiamare religiosità, formalismo religioso, istituzionalizzazione della fede, gerarchizzazione dei ruoli in una comunità e chi più ne ha ne metta.
Elenchiamo le sue caratteristiche.
-          E’ il capo della sinagoga ed anziché come spazio di preghiera aperto a tutti la concepisce come spazio in cui comanda lui, al punto di decidere quando e come Dio stesso può intervenire. Stiamo attenti a non creare in chiesa ruoli simili,
-          E’ ipocrita e non ha il coraggio di parlare con Gesù: non si rivolge a Gesù ma alla folla, proprio perché è da quella che trae legittimazione, mentre teme Gesù che ha visibilmente dei poteri. Abituato a concepire la fede come una sorta di lotta politica, si vede privato del suo territorio e invece che guardare l’avversario in faccia guarda i più deboli. Quanti nelle chiese preferiscono parlare dietro e cercare consensi alla maniera di Absalom piuttosto che dire le cose in faccia e chiaramente alle guide che possono certamente sbagliare…
-          Non conosce la legge. Invita a non farsi guarire nel giorno di sabato, ma non si capisce perché la liberazione dovrebbe essere un lavoro, e non si capisce neppure come fa la gente ad andare a farsi guarire se deve andare a lavorare.
E’ un personaggio che ci ricorda come il male spesso non si incarni solo in quei personaggi che sono facilmente etichettabili come mostri, dittatori, serial-killer o assassini. Il male si insidia spesso proprio nelle comunità religiose, laddove queste perdano di vista lo scopo per cui esistono e riproducano gli stessi gioghi di potere che si trovano nella società priva dello Spirito di Dio. Ci sono quindi ruoli, ma quando questi vengono assolutizzati non servono più a servire ma a spadroneggiare. Probabilmente la conseguenza peggiore di questa perversione della fede sta proprio nel fatto che non si è più capaci di vedere la mano di Dio e le sue “opere gloriose”. Prigioniero dei suoi fantasmi ideologici non vede più cosa e dove sia la mano di Dio, ed è molto triste per uno che guida una sinagoga.
            Mi rallegra solo un fatto: mentre questo capo della sinagoga sembra semplicemente arrabbiato, i sui amici – quelli che il v. 17 chiama gli avversari di Gesù – si vergognano. Questo fa pensare che qualcosa abbiano capito. Mi viene in mente un video molto in voga negli ultimi giorni di un kamikaze che monta su un carro armato in Siria per farsi esplodere in un villaggio, il quale, dopo gli abbracci degli amici, prende posto ma esplode in lacrime e poi parte lo stesso. Quali lotte ci sono state nel suo cuore? Un residuo di scintilla divina gli ha probabilmente mostrato la follia del suo atto, ma i fantasmi ideologici hanno vinto. Nel capo della sinagoga vincono i fantasmi e sembra che non ci siano molti dubbi, ma negli avversari che si vergognano forse qualche ripensamento c’è…
La presenza di questi personaggi nel vangelo mi fa continuamente prendere più consapevolezza di come si debba vegliare sulla fede, perché non diventi mai un movimento disumano che invece che essere per l’uomo rende l’uomo schiavo. Laddove questo succeda è scaduta a religione e va corretta.

  1. 3.      Più di 18 anni…  
Le due parabole del seme di senape e del lievito chiosano quanto detto da Gesù, da cui il “dunque” del v. 18. La senape viene portata ad esempio per contrasto esistente tra la dimensione del granello e quella dell’albero; il lievito per la sua azione nascosta e prodigiosa che fa gonfiare pani, pizze e dolci. Il regno dei cieli è proprio simile a queste cose: la donna inferma è piccola e nascosta rispetto ad un capo della sinagoga; non ha facoltà di parlare, di influenzare le folle, è un semplice membro che attende alle funzioni religiose. Ma la fede che è in lei che ha suscitato l’interesse di Gesù e le sue grida di lode a Dio hanno convinto le folle ed imbarazzato persino gli amici del capo della sinagoga! La sua testimonianza avrà delle conseguenze simili a quei rami della pianta che danno ospitalità agli uccelli o a quella pasta che lievita durante la notte.
Credo che la donna e le parabole che la accompagnano dovrebbero essere un modello per le nostre chiese. Per i nostri sogni di crescita, di attività, di visibilità, di impatto e quant’altro. Atti piccoli e silenziosi, nascosti che non chiamano i media o che tentano di procedere dall’alto verso il basso imponendo la fede, ma che toccando i singoli cuori nella società possano diffondere il regno di Dio. Non uno stato chiesa che impone un credo a tutti i suoi cittadini, ma una serie di vite viventi che incarnano Cristo e fanno vedere le opere gloriose da lui compiute.

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