mercoledì 12 dicembre 2012


A che serve la legge? Galati 3

Galati 3:14-29
A che serve la legge di Dio?
Il tentativo di Paolo di mostrare ai Galati che i personaggi dell'Antico testamento avevano già chiara l'importanza della fede continua. E se nella prima parte del passo ha sottolineato l'importanza dei personaggi, adesso procede cercando di mostrare il ruolo stesso della Scrittura. Potremmo sintetizzare tutto il passo di oggi come la risposta ad una domanda importante per i cristiani di ogni tempo: Che rapporto c'è tra legge e promessa? E più precisamente, tra la legge di Mosè, con i suoi comandamenti, e la promessa di salvezza rivolta ad Abramo e realizzatasi in Cristo? Paolo ci illustra prima il problema, spiega in seguito le sue case, per arrivare alla sua soluzione.
1. Tra legge e promessa c'è continuità
Paolo sta rivolgendosi a persone che danno una forte importanza alla legge di Mosè. Il primo punto che cerca quindi di mettere in chiaro è che la legge di Mosè non può annullare la promessa rivolta ad Abramo. Prende l'esempio dai documenti giuridici del tempo, forse da contratti di tipo commerciale, forse dai testamenti lasciati da chi muore, e fa notare come non possono essere cambiati. Quanto promesso ad Abramo, quindi, non può essere cambiato dalla legge di Mosè. Se ad Abramo è stato promesso che avrà una progenie numerosa come le stelle del cielo, e se questa promessa si realizza in Cristo, che rivolge un messaggio universale a tutta l'umanità rendendola una davanti a Dio, non si può pensare dice Paolo, che ci siano più progenie, alcune a cui è rivolta una promessa (figli di Abramo e cristiani) e ad altre che invece seguiranno la legge (seguaci di Mosè). Il popolo di Dio è uno solo, non sono tanti! E la linea di continuità comincia in Abramo, attraversa Mosè ed arriva a Cristo. Prima ancora di spiegare perché dopo la promessa venga aggiunta una legge, Paolo vuole che sia chiaro che non ci deve essere tensione tra legge e promessa; che non bisogna esaltare l'una a scapito dell'altra.
Possiamo allora chiederci: ci capita nella nostra fede di provare una tensione tra legge e fede? Ci sono diverse persone che hanno problemi di di sensi di colpa: violano la legge di Dio, magari per una lite con i propri genitori, o perché hanno offeso qualcuno, o ancora perché hanno desiderato le cose del prossimo. Sono chiare contravvenzioni di comandamenti della legge mosaica, che spesso portano a forme di depressione che offuscano la promessa. E la depressione può essere tanto più forte quanto più forte è la sanzione sociale di chiese che insistono legalisticamente sul rispetto di certe regole. Paolo con le sue parole ci incoraggia a non mettere in contrasto rispetto della legge e promessa. Ci invita a non trasgredire la prima, ma a non trasformarla in una condizione per ricevere la seconda.
2. Tra legge e promessa c'è complementarietà.
Si pone ora la grande domanda: perché fu data la legge? E in quale rapporto sta con la promessa rivolta ad Abramo? E la risposta che Paolo dà credo sia illuminante per noi cristiani che non vogliamo mettere in contrasto l'Antico Testamento con il nuovo, la legge con la grazia, e Mosè con Gesù, ma vedere come ognuno di loro abbia un preciso senso nel piano di Dio. La legge è stata data per le trasgressioni. Cioè i peccati, le violazioni del codice etico e teologico di rapporto con Dio, le distorsioni umane della perfetta armonia tra Dio e uomo. Proprio questo suo ruolo negativo la rende in qualche modo in una condizione di inferiorità rispetto alla promessa che è invece il fine di tutto.
  • Inferiorità in quanto è di seconda mano: viene attraverso un mediatore, Mosè, e tramite questo al popolo. La promessa invece è diretta, mette in comunicazione Abramo e Dio, e successivamente Cristo ed i credenti. Questo è probabilmente il senso della frase un po' oscura: Dio è uno. Nel senso che nel promettere lo fa direttamente, senza un mediatore.
  • Inferiorità in quanto provvisoria. La legge ha un ruolo preparatorio. Serve a preparare il popolo finché non arrivi la generazione a cui è rivolta la promessa, quindi è limitata nel tempo.
Ciò detto la legge non è inutile né contraria alle promesse. E se non ha un ruolo salvifico, serve a far risaltare il senso dell'errore. Il suo ruolo è illuminante perché serve a far prendere coscienza dei peccati, a capire cosa significa sbagliare davanti a Dio. Ieri come oggi, come credenti per conoscere e capire la volontà di Dio andiamo a consultare la sua Parola che è tanto nelle pagine scritte da Mosè quanto in quelle scritte da Paolo o dagli evangelisti. La legge, nel suo analizzare i diversi tipi di colpe e crimini, e nel attribuire ad ognuno delle pene ci fa prendere atto di cosa significhi trasgredire. Le due immagini prese, quella di una prigione, e di un precettore, non sono belle, perché rimandano all'idea di un apprendimento sofferente, punitivo. Nondimeno necessario per capire bene cosa ci sia in gioco. Non si capisce Cristo senza prima essersi stati rinchiusi sotto la legge. Per capire la libertà ed il perdono offerti da Cristo bisogna prima capire quante e quali fossero le esigenze della legge, per rendersi conto degli irrimediabili limiti umani. Chi di noi può dire di aver sempre rispettato e di rispettare nel cuore e nella pratica i dieci comandamenti? Di non aver mai desiderato niente che sia di un altro; di non aver mai ucciso, magari a parole? Di non aver mai mancato di rispetto ai propri genitori, di non aver mai tradito Dio, dando più importanza ad una persona, ad un passatempo, ad una passione, rendendola un idolo che ha rivalizzato con Dio. Chi può dirsi perfetto grazie alla legge? Eppure senza quella legge non ci si rende conto dell'infinito amore di Dio.
Noi oggi viviamo in un epoca ed in una nazione in cui il rispetto della legge, quella umana, è veramente banalizzato. Come cristiani dovremo fare attenzione a non annunciare un vangelo che va direttamente al perdono e alla gioia, senza passare dalla prigione e dal precettore della legge che invece ha avuto un ruolo fondamentale. Posto che la legge non giustifica e non rende giusti davanti a Dio, volerla saltare significa non capire qual è l'oggetto della promessa. La promessa è che malgrado ciò che siamo Dio ci accetta. Ma senza la legge non capiamo quale sia la nostra pochezza e quali siano i nostri limiti. Ben venga quindi la legge, forse anche non quella di Mosè, ma una serie di principi che anche in contesti lontani dalla fede si apprendono. Come umani, osserviamo come i nostri figli abbiamo qualche fatica a rispettare delle regole. E da ultimo saremmo tristi se loro pensassero che l'unica cosa che conta nella vita è rispettare queste regole. tuttavia queste regole rivelano loro cosa è giusto e cosa è sbagliato, permettendo loro di crescere. La legge di Dio ha per ogni uomo un ruolo simile. Per questo, sebbene di un rango inferiore, è complementare alla promessa della libertà e del perdono in Cristo.
3. La conseguenza dell'arrivo della promessa: essere progenie.
Indubbiamente i giudaizzanti, coloro che infastidivano i galati con il loro attaccamento a Mosè, avevano un forte problema di identità. Si volevano distinguere dagli altri rivendicando l'importanza di Mosè, un po' come quei credenti che a Corinto si reclamavano di Paolo, di Cefa ecc. In tutta l'umanità capita spesso di trovare elementi di diversità che diventano motivi di orgoglio, e che possono riguardare differenze di sesso, di ceto sociale, di appartenenza. Paolo giunge all'apice del suo ragionamento ricordando che il superamento della legge significa anche fondare la propria identità non su un progenitore come Mosè e sul rispetto ossessivo della sua legge, ma solo ed unicamente in Cristo. E l'identità di chi crede è ora plasmata dall'appartenenza alla famiglia del popolo di Dio. In questa crollano le distinzioni di razza e nazionalità, di sesso, e di ceto sociale. Non sono affermazioni da poco per la mentalità del tempo: equiparare tutti, dicendo che non esiste più un popolo ebraico con qualche prerogativa particolare, ma un'unica famiglia; che non ci sono più donne e uomini con tutte le diversità che ingiustamente inventiamo, ma un'unica famiglia; che non ci sono più liberi e schiavi, con tutto ciò che questo implica come violazioni dei diritti umani, ma un'unica famiglia; dire tutto è questo è rivoluzionario. Ma la promessa di Dio è rivoluzionaria, perché ci porta a rivoluzionare le nostre distinzioni umane.
Il messaggio della promessa fatta ad Abramo, rivolta a tutte le famiglie della terra, è ancora oggi di portata rivoluzionaria e vediamo bene come il pensiero di Paolo anticipa ampiamente il multiculturalismo, il femminismo, l'egalitarismo. Ed è un appello meraviglioso a qualunque uomo a cui si rivolge questa domanda: vuoi entrare in Cristo, ricevendo il perdono per i tuoi peccati, e superando tutte quelle barriere tra razze diverse, tra nazioni diverse, tra religioni diverse che la società impone? Vieni e ricevi la promessa rivolta ad Abramo!
I temi toccati nell'ultimo verso mi sembrano particolarmente pregnanti relativamente ad alcuni argomenti di attualità. Abbiamo letto: "non c'è più giudeo né greco", eppure assistiamo in questi giorni ad ulteriori violenze nel territorio di Gaza con opposizione tra israeliani e palestinesi; tristemente molti cercano di prendere parte di dire chi ha torto e chi ha ragione, ma 0oviamente non ha ragione nessuno e una sola invocazione può essere rivolta ad Israeliani e Palestinesi: superate il vostro orgoglio nazionale, e entrate in Cristo per scoprire che niente vi separa e che in lui la pace è possibile.
Nelle scorse settimane si è molto discusso di violenza sulle donne, per quel tristissimo omicidio di Palermo in cui un assassino di 22 anni ha ucciso due sorelle. Oltre a condannare questo crimine odioso, crediamo che sia importante annunciare questo: che già 2000 anni fa Paolo diceva che in Cristo non c'è più uomo né donna. Questo non esclude gli omicidi, come le proteste e le manifestazioni di solidarietà non salvano chi è morto, ma tutto fa parte di una grande opera di sensibilizzazione della società: la distinzione uomo donna è culturale, non teologica!
Infine le differenze di statuto sociale. Se il cristianesimo degli inizi, fede di una minoranza assoluta, non si è impegnata per abolire la schiavitù, ha nondimeno posto un principio di assoluta uguaglianza, nuovo e rivoluzionario che anni dopo è sfociato nell'abolizione di questo istituto. L'entrata nella grande famiglia di Dio comporta il crollo di queste distinzioni, e un'identità fondata unicamente in Cristo.

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