mercoledì 12 dicembre 2012


Galati: cretini o spirituali?

Galati 3,1-14
1 O stolti Gàlati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi davanti ai cui occhi Gesù Cristo fu rappresentato crocifisso? 2 Questo solo io vorrei sapere da voi: è per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? 3 Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne? 4 Tante esperienze le avete fatte invano? Se almeno fosse invano! 5 Colui che dunque vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della legge o perché avete creduto alla predicazione?
6 Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. 7 Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. 8 E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: In te saranno benedette tutte le genti. 9 Di conseguenza, quelli che hanno la fede vengono benedetti insieme ad Abramo che credette. 10 Quelli invece che si richiamano alle opere della legge, stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle. 11 E che nessuno possa giustificarsi davanti a Dio per la legge risulta dal fatto che il giusto vivrà in virtù della fede. 12 Ora la legge non si basa sulla fede; al contrario dice che chi praticherà queste cose, vivrà per esse. 13 Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, 14 perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede.

A nessuno di noi piacerebbe sentirsi dare del cretino. Ed anche se invece che "cretino", qualcuno indorasse la pillola, usando un soprannome più leggero, tipo "sciocchino" o, come leggiamo nella prima parola dell'epistola di oggi: "insensato", le cose non cambierebbero. Chi ci parla ci sta dicendo che non abbiamo cervello, che siamo di fuori, che non capiamo niente, e questo ci darebbe fastidio. Eppure l'apostolo Paolo comincia il passo che leggiamo oggi proprio con una parola un po' forte, apostrofando i suoi discepoli come "insensati", cioè persone prive di discernimento che si sono lasciate facilmente ingannate. E può farlo solo perché è stato il padre spirituale di queste persone e perché in fondo le ama, e non può sopportarle di vederle perdersi. Riassumiamo in poche frase il contenuto delle puntate precedenti: Paolo, che ha annunciato il vangelo in Galazia, regione prossima all'attuale Turchia, ha saputo che alcuni "seduttori" sono entrati nelle chiese di questa terra denigrando la sua autorità e insegnando dottrine nuove. Queste dottrine consistono nel voler rivalutare la legge mosaica e nel volerla imporre a chi si converte al cristianesimo non essendo ebreo. Paolo risponde dicendo che non è la fedeltà con cui si rispetta la legge che porta a Dio, ma la fede nel Cristo che ha dato se stesso per noi e che ora vive in noi. Questo per lui è talmente importante che si permette di dire "insensato" a chi pur avendo capito la grandezza della fede, la mette da parte. Se siamo pronti ad accettare queste parole forti per raddrizzare la nostra fede questo capitolo 3 dell'epistola fa per noi.
1. Lo Spirito viene dalla fede.
Per convincere i Galati del loro errore Paolo comincia con un elemento inatteso: un forte richiamo allo Spirito Santo. Se i Galati hanno ripristinato l'idea che si possa essere giustificati (resi giusti davanti a Dio) grazie al rispetto delle opere della legge (circoncisione, sul modo di consumare animali morti, sul modo di rapportarsi al sangue ecc.) a scapito della fede Paolo per provocarli chiede loro: ma lo Spirito da dove è venuto? Sta parlando a persone che hanno vissuto una profonda trasformazione interiore dal momento in cui si sono convertiti a Cristo e che hanno individuato la causa di questa trasformazione nel lavoro fatto dallo Spirito Santo in loro. La domanda è se questo spirito sia venuto da un atto di fede, da un grido rivolto a Dio con un cuore disposto a ricevere, dal credere in quell'uomo chiamato Gesù, oppure nel rispetto rigoroso di una serie di regole. Ed aggiunge da dove siano venuti i miracoli, le opere potenti e soprannaturali: guarigioni esteriori ed interiori, vite cambiate, corpi sanati... La domanda è retorica, sono venuti dalla fede. Se però la risposta di questa domanda retorica è scontata, il modo di trattare il problema lo è un po' di meno, soprattutto per noi.
Noi evangelici abbiamo giustamente fatto della fede la nostra bandiera. Insistiamo che la salvezza è per sola fede, non per mezzo delle opere, e non perché siamo evangelici ma perché cerchiamo di prendere sul serio quanto detto da Paolo. Tuttavia, in molti discorsi sul rapporto fede ed opere, può capitare che resti offuscata l'importanza dello Spirito di Dio, che invece risalta in questo passo. Ci ricordiamo tutti che alla fine dell'epistola Paolo parla di frutti della carne e frutti dello Spirito, ma non sempre ci rendiamo conto che questa opposizione Paolo la tira fuori già nel capitolo 3:3, mentre sta argomentando in modo per così dire teorico. Voler sostituire la legge alla fede significa cominciare con lo Spirito e finire con a carne. Significa cessare di lasciarsi trasportare dallo Spirito per riaffermare il principio umano per cui i più rigorosi, i più rispettosi i più fedeli alla lettera della legge sono i migliori. Significa quindi rovesciare il vangelo per cui gli ultimi sono i primi; per cui ha un valore chi ha confessato di non averne. Questo linguaggio per noi potrebbe essere molto poco familiare: come è possibile giudicare carnale il rispetto rigoroso della legge? Per noi carnale significa il contrario: carnale è uno che ama i piaceri sensibili, corporei come il cibo, il vino a volontà, il sesso, i soldi... Paolo invece considera carnali dei suoi correligionari ossessionati dal rispetto ossessivo di leggi che vietano tutto ciò... Se esiste una carnalità fatta di compiacimento nel piacere corporeo ne esiste una che consiste in un'eccessiva fiducia dell'uomo. La carne è il credere che l'uomo con le sue forze ed i suoi meriti da solo si salvi; o che se anche riconosce la grazia di Dio, è grazie ai suoi sforzi che si mantiene salvo. E' proprio quello che Paolo vuole distruggere con questa epistola. Leggendo questo teniamo quindi bene presente una realtà: fede e spirito sono due concetti distinti, eppure sono talmente legati che negare l'uno significare anche l'altro. Ed ogni discussione sulla fede, sul rapporto di questa con le opere, deve portare a sentirsi rinnovati nello Spirito che grazie alla fede si riceve, altrimenti stiamo facendo chiacchiere.
2. Lo Spirito era annunciato nella Scrittura.
Per contrastare i "disturbatori" della chiese della Galazia, Paolo scende sul loro terreno: visto che sono attaccati alla legge, scende sul loro terreno, quello del Antico Testamento. Fede e spirito sono concetti che per essere compresi vanno assimilati personalmente. Perché non possiamo basare il nostro rapporto con Dio soltanto su quello che vivono altri. Tuttavia la solidità della fede sta anche nel fatto che questa non è solo un'esperienza individuale: ognuno di noi rivive in qualche modo la storia di alcuni personaggi biblici facendo proprie delle verità condivise dal popolo di Dio. Per questo Paolo nel tentativo di convincere i Galati cita una serie di passi della Scrittura in base ai quali cerca di dimostrare la profonda unità tra passato e presente, tra Antico e nuovo testamento, e quindi l'attualità di questa stessa Scrittura. Soprattutto ci fa scoprire che la fede non era un concetto estraneo ai personaggi dell'Antico Testamento, anzi: l'idea che sia la fede a salvare affonda le radici nella storia antica del popolo di Israele, partendo dal patriarca Abramo. E che lo Spirito che i Galati hanno ricevuto è un frutto diretto di quella fede che per primo ebbe Abramo. Seguiamo in dettaglio le tappe del suo ragionamento:
  • Abramo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia. (Gs 15,9)
Si fa riferimento al momento in cui Abramo crede alle promesse di Dio, per l'esattezza promesse di avere una discendenza numerosa come le stelle nonostante la moglie sterile. Il contenuto della fede di Abramo è diverso dal nostro, visto che riguarda un fatto futuro, mentre noi crediamo in un Gesù morto per noi nel passato. Ma è comune la dinamica dello Spirito che consiste nell'affidarsi pienamente a Dio. Abramo è dunque il padre di tutti coloro che si abbandonano con fede a Dio, e che di conseguenza, come ci ricorda commentando lo stesso passo Giacomo, agiscono.
  • In te saranno benedette tutte le nazioni. (Gs 12,3)
Per quanto siamo agli albori della nascita del popolo di Israele, i cui confini etnici si sarebbero man mano definiti con forza, fino all'esagerazione questo passo propone una prospettiva universale, multietnica sin dall'inizio. Proprio perché ciò che salva è una dimensione dello Spirito, la fede, e non una serie di opere che certificano dell'appartenenza ad un popolo, chiunque vive l'esperienza di affidarsi esclusivamente a Dio è benedetto in Abramo, anche se non appartiene formalmente al popolo uscito direttamente da Abramo. L'idea che a salvare sia la fede è quindi antica come Abramo, non è una novità di Paolo
  • Maledetto chiunque non si attiene a (tutte) le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica (Deut 27,26)
Posto che la fede nasce con Abramo, Paolo passa ora ad un secondo gruppo di citazioni scritturali che partono dal Deuteronomio, libro per eccellenza di esaltazione della legge. Citando dalla traduzione in greco dell'Antico Testamento, la Settanta, Paolo legge questo passo che è posto a conclusione di una serie di maledizioni che riguardano precisi crimini, e che riguarda quindi tutte le parole della legge enunciata. Per quanto nello stesso capitolo il popolo sia invitato a dire AMEN ad ogni parola, Mosè è molto realista e il Signore gli annuncia che Israele non rispetterà la legge data: "Io conosco il tuo spirito ribelle e la durezza del tuo cuore. Ecco, oggi mentre sono ancora vivente tra di voi siete stati ribelli contro il Signore, quanto più lo sarete dopo la mia morte..." (Dt 31,27). Paolo sta tentando di dimostrare che perfino Mosè che ha dato la legge al popolo, sapeva che non sarebbe riuscito a rispettarla. Ma per incoraggiare al rispetto lancia queste maledizioni che sono effettive: chi si vantasse dicendo che rispetta la legge a menadito e senza infrazioni, sappia che laddove venisse meno, è maledetto!
  • Il giusto vivrà per fede (Abacuc 2,4)
Apparentemente si tratta del passo più complicato da inserire in questa argomentazione, perché si cita il profeta Abacuc che pronuncia questa frase in un contesto in cui l'opposizione legge/fede non c'entra niente: la fede per cui vivrà il giusto di cui parla Abacuc è una fede nell'attesa fiduciosa dell'intervento di Dio. Ma a ben guardare siamo di nuovo sul piano di Abramo: affidarsi! Lasciare che per qualsiasi tipo di salvezza sia Dio ad intervenire. In questo caso si tratta di fermare gli assiri che stanno devastando il popolo di Israele. Ma è pur sempre una situazione che domanda una salvezza, e contribuisce a corroborare la tesi di Paolo: la fede era fonte di salvezza anche al tempo dei profeti! E dava vita anche al tempo dei profeti.
  • Chi avrà messo in pratica queste cose vivrà per mezzo di esse. (Levitico 18, 5).
Paolo torna adesso alla Torah, quindi a Mosè, citando un passo che precede una serie di norme relative all'incesto, all'omosessualità e all'idolatria, ma che possiamo considerare come relativo a tutte le norme del libro: la vita qui non deriverebbe dalla fede, ma dalla pratica di queste leggi. Siamo davanti a qualcosa di paradossale. Non è impossibile praticare quello che c'è scritto, ma è un qualcosa che di fatto nessuno ha mai applicato in modo completo e totale. Se uno fosse perfetto, privo di peccato, allora avrebbe anche una perfetta comunione con Dio e riuscirebbe a rispettare completamente la legge. Ma la legge c'è proprio perché non siamo perfetti; e se serve a contenere non può servire a dare vita
  • Maledetto chiunque è appeso al legno: Cristo, maledizione per noi! (Dt 21,23)
Dopo una lunga argomentazione ecco l'esplosione finale, contenente il vangelo: Cristo si è fatto maledizione per noi. Avremmo dovuto essere maledetti noi, perché nessuno di noi è stato in grado di rispettare la legge nei suoi dettagli. Ma Cristo ha preso su di se questa maledizione, morendo appeso, tipo di morte che anche dalla legge era considerata come maledizione. Doppiamente infamante quindi la morte di Cristo. Infamante agli occhi della società del I secolo, in quanto la morte di croce era riservata ai disgraziati, ai ladri; infamante alla luce delle parole della legge di Dio. Ma questa doppia maledizione che Cristo ha preso su di sé ha tolto la maledizione da chiunque ha accettato di fare come Abramo, come Abacuc, come Paolo: di affidarsi pienamente nelle mani di Dio, per ricevere la benedizione di Abramo quindi lo spirito santo.
Credo sia importante che ogni credente mediti bene queste parole. Perché se siamo onesti davanti a noi stessi ci rendiamo conto di quanto siamo imperfetti. E non per un'imperfezione intrinseca della nostra natura, ma per una deliberata voglia di affermare il nostro io, di prevaricare gli altri, o di far valere i nostri diritti al di là della loro legittimità. Molti di noi si sentono in colpa perché hanno fatto qualcosa di male, e tanti, di contro, non riescono ad abbandonare l'idea che per quanto la fede sia centrale, una certa resistenza al peccato sia in fondo un nostro merito che ci fa graditi davanti a Dio. Nell'ambito ristretto di una stessa comunità molti credono di essere meglio degli altri, di rispettare più degli altri, di obbedire Dio più degli altri, di servirlo più degli altri, di avere insomma una qualche particolarità che li rende un po' meglio. E rischiano di crederci davvero e di pensare che in fondo sono dei bravi credenti. Questa epistola ci ricorda di continuo in chi dobbiamo confidare: le maledizioni che sia le nostre azioni, sia in nostri pensieri di sufficienza attraggono su di noi sono inchiodate sulla croce con Cristo. Se capiamo questo e ci accontentiamo di venire davanti a Dio a mani vuote, con la sola voglia di affidarci a Lui, pioverà su di noi la benedizione di Abramo e la pioggia dello Spirito promesso fin dall'antichità.


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