mercoledì 12 dicembre 2012


Galati 4,21-31. Fecondazione spiritualmente assistita

Galati 4, 21-31
Attorno alla figura della mamma esiste in ogni cultura un ricco campionario di espressioni, credenze, ricorrenze, pregiudizi, o tradizioni: si afferma che di mamma ce n'è una sola, per dire che indipendentemente da come si comporta la mamma è sempre la mamma; si celebra la festa della mamma per ricordarla a scuola; gli italiani sono famosi per certo "mammismo" che oltralpe ha dato vita al luogo comune dell'italiano sempre attaccato alla mamma o della famiglia italiana con la mamma che ha sempre tanti figli - stereotipo ancora vivo in Francia, benché siamo attualmente uno degli stati con meno nascite per famiglia; e ancora proverbi, come quello che ci dice che: "Ogni scarrafone è bello a mamma sua!", per dire che il cuore di mamma vede bello anche un figlio orribile e via dicendo.
Anche Paolo nel discorso conclusivo della sua lunga argomentazione che oppone la FEDE alle OPERE DELLA LEGGE fa leva su questa figura cruciale di ogni cultura, la madre, la genitrice, colei che ci ha dato la vita. E quanto dice è molto forte perché, senza minimamente screditare la figura materna, rimette in discussione in modo critico un dato antropologicamente indiscutibile della maternità. La maternità è un dato biologico, ma da un punto di vista spirituale c'è più della biologia.
Il lungo discorso di Paolo non è sempre semplice da seguire perché i termini usati affondano nell'immaginario ebraico e nelle convenzioni usate dai rabbini del tempo di Paolo, ma tenteremo di addentrarci in questo testo, per altro molto ricco.
Appello. Prima ancora di cominciare il suo ragionamento Paolo apostrofa i suoi interlocutori: "voi che volete essere sotto la legge". Vale la pena ricordare che non si tratta qui soltanto di quei personaggi infiltratisi tra le chiese dei galati nell'intento di rimettere in piedi la legge di Mosè nelle chiese cristiane, tentando quindi un sincretismo curioso tra circoncisione e croce; si tratta di un appello a tutti coloro che tentano di aggiungere qualcosa alla sola fede, inventando un qualche meccanismo di giustificazione davanti a Dio, diverso dal credere che Gesù ha pagato per ognuno di noi sulla croce.
L'episodio di Sarah ed Agar. Trattandosi di un discorso in primis rivolto a degli ebrei convertiti al cristianesimo che tentano di ripristinare alcuni elementi della religione giudaica che secondo Paolo non hanno più ragion d'essere, le immagini ed il linguaggio usati affondano nell'Antico Testamento. Paolo ricorda dunque l'episodio dei due figli di Abramo: uno, Ismaele, figlio di Agar, serva di Sarah e mandata esplicitamente da Abramo da Sara stessa, sterile, per concepire. L'altro Isacco, figlio di Sara, concepito da Sara che era sterile ed in vecchiaia. Agar ed Ismaele vengono allontanati dalla famiglia di Abramo perché Agar si era insuperbita una volta incinta del figlio, e perché anni dopo il figlio sembra aver schernito Isacco. E' importante sapere che per gli ebrei essere i veri discendenti di Abramo, e di Isacco era un motivo di forte orgoglio. Ricordiamo bene di quei giudei che nel vangelo di Giovanni (8) rispondevano a Gesù che li accusava di essere schiavi del peccato : "Noi non siamo mai stati schiavi di nessuno, Noi abbiamo Abramo come padre!", e che pensavano che questo li rendesse di per sé liberi. Paolo vuole distruggere questo loro vanto di tipo biologico, genealogico con un argomento molto forte: la genealogia non conta niente, perché non tutti i figli sono i figli della promessa! Seguiamo il suo ragionamento:
1. Due madri diverse. 23-24
Il primo elemento che differenzia Sara ed Agar è il loro statuto: la prima è libera, è la moglie del patriarca, la seconda è la servitrice di Sara. Questa differenza di statuto fa sì che anche i loro figli saranno o servi o liberi a seconda da chi nascono. Sono anche diverse per il modo in cui partoriscono: Agar partorisce in modo assolutamente naturale: viene messa incinta da Abramo e poi partorisce. Sara anche partorisce naturalmente, tuttavia la sua fecondazione ha qualcosa di miracoloso, qualcosa che in qualche modo anticipa già la nascita di Gesù: partorisce in modo quasi soprannaturale, in virtù di una promessa fatta ad Abramo: potremmo ironicamente chiamare questa fecondazione "spiritualmente assistita", nel senso che al processo perfettamente naturale della fecondazione si affianca l'assistenza dello spirito ad una donna anziana e sterile che non aveva mai concepito.
Ecco dunque il primo colpo sferrato da Paolo contro l'orgoglio giudaizzante: credete di essere figli di Abramo e di Isacco, ma non è così, perché invece di credere per fede che Dio genera figli spiritualmente, promettendo, vi attaccate alla biologia, alla genealogia. Ed essere figli di qualcuno non vi serve a niente. Essere figli di qualcuno serve molto nei paesi corrotti per trovare lavoro, per farsi aprire le porte del potere e sistemarsi. Ma nel mondo dello spirito non conta di chi si è figli, non conta la discendenza, conta solo il rapporto che abbiamo con Dio in virtù delle sue promesse.
Come evangelici abbiamo anche noi dei padri spirituali di cui possiamo essere più o meno fieri. Ammiriamo la Riforma protestante, i personaggi che l'hanno animata e nel corso degli anni tutti quegli uomini e quelle donne di Dio che hanno lavorato per il suo regno in modo tenace ed esemplare. La domenica vicina al 31 ottobre a me piace ricordare l'episodio dell'affissione (leggendaria o reale che sia) dell'affissione delle 95 tesi sulla cattedrale di Wittemberg. Ma guardiamoci dal farne un vanto, un motivo di fierezza per cui basterebbe rivendicare la paternità riformata per sentirsi a posto davanti a Dio, perché cadremmo nello stesso errore dei sovvertitori dei Galati. A loro Paolo dice che sono figli di Agar, che sono schiavi delle loro tradizioni e che quindi non sono più figli di Abramo secondo Isacco, ma lo sono solo secondo Ismaele... Non sono rigenerati, sono semplicemente generati geneticamente. A noi potrebbe dire la stessa cosa se l'attaccamento alle figure storiche di riferimento dovesse diventare un vanto.
Lo stesso si potrebbe dire nelle famiglie che sono credenti da più generazioni: ringrazino per la benedizione della continuità della fede, ma non diano mai niente per scontato! Perché non è per educazione e discendenza diretta che si diventa cristiani: si diventa cristiani per mezzo della promessa, rivolta ad Abramo e realizzata in Cristo! Che siamo nati naturalmente o meno, ci deve essere chiaro che nella vita dello Spirito necessitiamo tutti di quella fecondazione assistita dallo Spirito che solo Cristo, con il suo Spirito garantisce. E per questa non c'è bisogno di fare viaggi all'estero, essendo in Italia proibita, basta rivolgersi direttamente a Dio, ovunque ci si trovi!
2. Il piano allegorico: due patti. 24-28
Queste due donne non sono diverse solo sul piano dello statuto civile e nel modo in cui procreano, ma anche sul piano allegorico, poiché rappresentano due patti: Agar rappresenta l'antico Patto legato al monte Sinai in Arabia, e gli abitanti dell'Arabia erano noti al tempo come figli di Agar. Paradossalmente la Gerusalemme terrena è legata a questo monte ed a Agar, perché rifarsi alla Gerusalemme terrena come emblema dell'ebraismo della Legge, e come motivo di orgoglio dell'identità giudaica significa voler rimanere schiavi della legge. Dico paradossalmente perché si pensa che siano i musulmani ad essere figli di Ismaele, mentre qui Paolo sostiene che sul piano allegorico chiunque non riconosce Cristo, in cui tutte le promesse rivolte all'Israele terreno sono realizzate, è allegoricamente figlio di Ismaele... Di nuovo, la genealogia, la biologia non contano niente! Non è che essendo figli di qualcuno si eredità la sua salvezza!
C'è quindi un altro patto, che è quello di Sara, che allegoricamente rappresenta la Gerusalemme celeste, che unisce cristiani ed ebrei convertiti. E Paolo cita qui Isaia 54, in un passo che fa riferimento al ritorno dall'esilio babilonese, promettendo che il popolo tornerà ad essere fecondo e numeroso. Paolo rovescia dunque completamente la comprensione letterale delle promesse, ed afferma che il fatto di essere ebreo per discendenza non conta niente, mentre tutto consiste nell'essere ebreo nel cuore, cioè cittadino della Gerusalemme celeste in cui si entra con la chiamata di Cristo. Questa Gerusalemme celeste è come una partoriente che per tempo è stata sterile, ma che ora genera figli con abbondanza.
Attualità. Credo sarebbe molto interessante oggi leggere questo testo nel bel mezzo dei territori di Israele e della Palestina, con il rischio magari di essere linciati: chissà cosa penserebbero oggi palestinesi ed ebrei che si fanno la guerra, di Paolo che li mette esattamente sullo stesso piano: ebrei come musulmani sono alla pari figli di Agar e di Ismaele! Ricordiamoci delle parole di Paolo in qualche capitolo fa: "non c'è più ne giudeo né greco", ed affianchiamole a queste parole che pongono la Gerusalemme terrena sotto la stessa categoria dei figli di Agar. Le promesse realizzate in Cristo ci fanno vedere dal grandezza del nuovo patto che è veramente universale, ed universalizzabile. Annullare le distinzioni etniche dicendo che sono vane davanti a Dio, e dire che l'unica cosa che conta è incontrare questo Dio, è un'operazione di una portata straordinaria che rivoluziona il giudaismo del tempo e che gli fa fare il salto da religione a fede.
3. Persecuzione. 28-31
Chi ha letto la Genesi ricorda che i rapporti tra Ismaele ed Isacco non erano buoni, perché sembra che il primo schernì il secondo, motivo per cui furono cacciati lui e la madre. Paolo, perseguitato per il vangelo che sta annunciando, e perseguitato per mano ebrea, fa notare come questa lotta atavica continui fino al suo tempo. La lettura del libro degli Atti ci ha fatto vedere come Paolo ha incontrato persecuzioni durante i suoi viaggi da parte dei suoi fratelli ebrei. Cosa dice dunque: cita il passo della Genesi che dice: "Manda via la schiava" (Gn 21,10). Con questo non conclude che quindi si debba fare guerra ai figli della schiava, anzi, vediamo che nella pratica Paolo ha continuato ad ad andare a parlare nelle diverse sinagoghe per annunciare il messia, ma che è opportuno mandare via allegoricamente ogni istanza che tenta di ridurre in schiavitù chi ha gustato la libertà in Cristo.
Oggi forse non ci esprimeremmo con le stesse parole di Paolo, visto che la persecuzione degli ebrei nel corso della storia ha dominato, per quanto una rapida disamina del web mi ha fatto scoprire che esistono persecuzioni delle minoranze cristiane in Israele anche oggi, tali per cui esiste anche una risoluzione del Parlamento Europeo in materia. Tuttavia credo che il problema non sia più da porre in termini etnici. Paolo è stato perseguitato perché ha sconvolto un sistema religioso, che portava a gonfiare l'orgoglio umano e a confidare nelle opere. Oggi, attaccare i credi religiosi che riducono l'individuo in schiavitù può ugualmente produrre persecuzione. E' per questo che preghiamo spesso per la chiesa perseguitata. Se l'allegoria di Paolo ha un senso, questa significa proprio che i figli della schiava, di ogni nazione, di ogni etnia e di ogni credo, tendono a perseguitare quelli della libera, perché c'è un'opposizione radicale tra chi accetta Cristo come Signore della propria vita e chi non lo accetta. A volte si traduce in guerra e persecuzione, come nei molti paesi che perseguitano i cristiani (Korea del Nord, Iran, Afghanistan, Pakistan, Nigeria tra le prime, ma con molti altri). A volte è semplicemente scherno e screditamento della fede. Per noi rimane un monito: quando non siamo affatto perseguitati e quindo nel mondo in cui siamo tutto fila liscio, probabilmente abbiamo abbandonato quel messaggio radicale e critico che Paolo portava senza mezze parole. Se vogliamo veramente essere i figli di Sara dobbiamo accettare anche la persecuzione e lo scherno che Sara visse.

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