martedì 14 maggio 2013


Esodo 2. Dallaparte degli oppressi

Nel breve capitolo che leggiamooggi sono riassunti molti anni della vita di Mosè. Assistiamo alla nascitaseguita da un primo atto di salvezza quasi miracoloso, ad un secondo momento dietà matura per finire con il matrimonio. Il narratore non nomina mai Dio inqueste tre tappe della vita di Mosè  esolo alla fine, scartando la persona di Mosè e tornando sugli ebrei in Egittosi dice che il Signore ascolta il loro grido. Eppure quello che scopriamo inquesto capitolo è che nonostante il silenzio di Dio, la sua presenza nella vitadi Mosè è evidente! Un po' come in tante vite o tanti momenti della nostra vitain cui ci sembra che Dio si sia scordato di noi, mentre ad un'analisi piùattenta scopriamo che è stato decisamente presente.

1. La nascita: rischio epresenza (1-11)
Una storia simile sembra segnatadalla precarietà e dal rischio: il bambino nasce e, a cose normali, dovrebbeessere ucciso per la legge decisa dal faraone nei confronti degli ebrei. Unasituazione che evoca gli scenari di alcune politiche di controllo della nascitache vietano di avere più di un figlio, come la politica del figlio unicocinese, che comportava anche aborti forzati con iniezioni. Quindi deve rimanerenascosto in casa col rischio di essere scoperto. In seguito la madre, pur disalvarlo lo lascia nel fiume, protetto da un canestro di giunchi e pece, mezzotutt'altro che sicuro: potrebbe rovesciarsi, o essere mangiato da uncoccodrillo del Nilo, o preso da qualche malintenzionato. E' in qualche modolasciato alla "deriva" come usa dire per il mare. Infine finiscenelle mani di chi? Peggio non avrebbe potuto capitare: della figlia di coluiche ha ordinato di sterminare i bambini degli ebrei... E invece miracolo. Nonsolo non viene scoperto, non solo il canestro rimane a galla e nessun animaleviene a rapirlo, ma la figlia di faraone invece di fare il suo dovere civicodecide di disobbedire. Un po' come Antigone, preferisce obbedire alla voce delcuore, ad un istinto materno che le fa vedere la bellezza del bambino e provarecompassione per lui. E allora non solo lo salva ma per una serie di traversiefinisce per ridarlo a sua madre. Successivamente lo fa crescere alla corteegiziana. Sembra quasi che il povero faraone si sia fregato con le sue stessemani: fa una legge per sterminare i bambini degli ebrei e si ritrova in casa unebreo che avrà il privilegio di nascere in un misto di cultura ebraica edegiziana, elemento che sarà strategico per la sua formazione.
            Lavolta scorsa abbiamo visto che Dio ha realizzato le promesse della Genesi,moltiplicando il suo popolo. Questo secondo capitolo ci invita a considerareche nelle vicende apparentemente più precarie e strane il Signore non si scordadei suoi. E' vero che questa affermazione giunge solo alla fine del capitolo,ma nei fatti vediamo come il Signore sia profondamente all'opera in ogni anellodella catena della vita di Mosè: perfino nel faraone che volendo il male siritrova questo male ritorto contro se stesso. Il suo ordine è obbedito, perchéin effetti Mosè finisce nel fiume... Ma invece di morire darà vita ad un popolodi liberi.
            Vicapita mai di pensare: ma dov'è Dio? Non è una cosa da poco vivere in un paesein cui si ordina per legge di sterminare dei bambini di una certa etnia. Perfettamentepossibile che qualcuno si chieda come Dio possa permettere cose simili. Seppureil Signore ha lasciato agli uomini la libertà di agire, quindi anche discegliere il peggiore dei mail, non si scorda di noi, e vigila sulla vita dichi ha scelto deliberatamente di fare parte del suo popolo, in risposta allasua chiamata. E soprattutto vigila sulla vita dei deboli, degli innocenti comei neonati, di chi è vittima di poteri assoluti che prima o poi farà cessare.
            Credoche questa precarietà apparente sia il tratto che maggiormente avvicina Mosè aGesù che ugualmente entra nel mondo con molti rischi, passando non in uncanestro ma in una stalla, con il rischio già visto di essere massacrato daErode. Ma il Signore porta avanti il suo piano in mezzo a questa fragilità

2. L'età adulta:dalla parte dei deboli, per finire debole... (11-17)

La seconda tappa ci mostra Mosèin età adulta. Non ci è dato sapere quale sia stata la sua adolescenza, comesia riuscita la figlia del faraone a far accettare a suo padre che un ebreocrescesse nel palazzo reale, né che studi abbia fatto.  Il narratore ci presenta Mosè direttamente inazione, e vediamo che ha coscienza della sua identità ebraica, quindi va atrovare i suoi fratelli. Ci colpisce da subito la sua disponibilità eschierarsi dalla parte dei deboli ed i suo desiderio di fare giustizia: inprimo luogo interviene in difesa del suo popolo contro i maltrattamenti di unegiziano; in secondo luogo, all'interno del suo stesso popolo, per calmare unalite, ma riprendendo quello che ha torto; in terzo luogo difende delle donneche vanno a prendere l'acqua dalla prepotenza maschilista di un gruppo dipastori. In tutti e tre gli episodi è pronto a schierarsi dalla parte deideboli mettendo a rischio la sua stessa vita, e nel primo caso con unintervento esagerato, che il narratore non commenta, rischiando di incorrerenella giustizia egiziana. Ma anche nel secondo episodio rischia, perché infondo è un ebreo mezzo egiziano, quindi non del tutto accetto dal suo popolo:notiamo che nell'episodio successivo le figlie di Ietro lo prendono per unegiziano. E anche con i pastori, rischia perché è uno solo contro tanti. Maforse proprio questa sua caratteristica è il tratto che fa sé che Dio lo scelgaper la grande causa di libera il popolo: ha senso della giustizia ed èdisponibile a mettere in gioco la prima persona per una causa giusta.
            Notiamoperò un qualcosa di singolare: ha cominciato come ipotetico liberatore del suopopolo dalla schiavitù egiziana; continua con un ruolo un po' meno importante,fare da arbitro tra due persone del suo popolo; infine finisce per fare ilguardiano di un pozzo... Non è proprio una carriera brillante, piuttostosembrerebbe un decrescendo. Nonostante ciò Mosè va avanti e non è perquesto decrescendo che Dio smetterà di servirsi di lui, come il seguito delracconto ci mostrerà.
            Sesiamo convinti che Dio operi in noi, facciamo veramente attenzione a nonsminuire la sua opera in nessuno dei momenti della nostra vita. Forse qualcunodi noi ha fatto qualche grande progetto, ha avuto un'ambizione molto alta, chepiano piano si è ridotta a molto meno. Forse qualcuno ha sognato di essere unprofessore universitario ed è diventato un maestro d'asilo, forse ha sognato diessere il pastore di una chiesa di 1000 persone, e si è ritrovato a guidare ungruppo di qualche anima, forse qualcun altro ha sognato una famiglia enorme edè rimasto single... Mosè non ha rinunciato a predicare la giustizia e a farlavalere, che fosse per la causa enorme della liberazione di un popolo (da cuipoi un messaggio universale), o per quella minore del rispetto dei turni diprecedenza di un pozzo. Perché il Signore prepara ogni grande uomo di Diofacendolo passare per le strade più umili.

3. Profugo in terra straniera.Maturazione

Mosè dunque da privilegiato ebreocresciuto alla corte del faraone, con una principessa per madre adottiva, siritrova in terra straniera, a fare il guardiano di un pozzo. Ma proprio quiaccadono alcune cose particolarmente significative per la sua vita. Primo sisposa, quindi il suo ulteriore intervento per la giustizia gli porta uncambiamento importante nella sua vita. Non sappiamo molto di sua moglie Sefora,ma possiamo immaginare che da questa unione riceva un importante sostegno econtinui a crescere come uomo. Secondo incontra Ietro suo suocero che è unvalido consigliere, un saggio. Lo rincontreremo più avanti, al capitolo 18, chedà un consiglio utile a Mosè sull'opportunità di delegare i compiti. Terzo,impara l'umiltà. Invece di fare il condottiero abita con suo suocero sacerdotemadianita, ma questo fa parte della sua formazione. Quarto è un immigrato, unasorta di rifugiato politico, aspetto che vediamo emergere nel nome che dà alsuo primogenito, ed anche questa è una condizione che forma. In altre parole,la sua disponibilità non bastava per farlo diventare il liberatore di Israele.Era necessario aggiungere un periodo di formazione per prepararlo ad unamissione più grande.
            Mala cosa più interessante è che solo quando Mosè è a Madian, cioè lontanodall'Egitto dove risiede il popolo che dovrà liberare ci viene detto che ilSignore ascoltò il lamento degli israeliti che gridano a Lui e che gemono perl'oppressione degli egiziani. Per quanto Mosè si sia distinto per avere a cuorela causa dei sui fratelli e che possa agire come rappresentante, come leadercapace di guidare una rivolta, chi muove i fili della sorte del popolo è ilSignore. E' lui che permette a Mosè di fare gli incontri che farà e di rimanerea distanza e in preparazione.

Pensiamoci per la nostra vita difede: molti di noi pensano di avere un peso decisivo per i contesti in cui sitrovano. Che sia in chiesa, nel lavoro, nella propria famiglia, tra i propriamici. Pensiamo di essere indispensabili e ci chiediamo come le cose possanoandare avanti senza il nostro contributo. Ma se vogliamo essere veramented'aiuto al Signore nella costruzione del suo regno in tutti gli ambiti citati,dobbiamo essere prima pronti a passare per Madian, a stare un po' in disparteperché il Signore prepari direttamente la sua opera in noi e nei campi in cuivorremmo agire, facendoci percepire i nostri limiti, e facendo maturare lenostre qualità.

Tra di noi oggi ci sono pochepersone originarie di questa città. In un certo senso siamo tutti un po'profughi e stranieri. Il Signore ci invita a riflettere sul senso di questanostra permanenza qui a Lucca, in una città in cui tanti non sono nati, ma incui probabilmente siamo stati messi dal Signore per formarci e trovare unanostra missione che solo Lui conosce. Forse rimarremo sempre qui, forse invecepasseremo altrove. L'importante è percepire che il Signore è stato presentenella precarietà della nostra vita e che ha lasciato il suo segno. 

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