martedì 14 maggio 2013


Esodo 3.Conversione

1 OraMosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, econdusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. 2 L'angelodel Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egliguardò ed ecco: il roveto bruciava nel fuoco, ma non bruciava... 3 Mosè pensò: «Voglioavvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». 4 Il Signore vide chesi era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!».Rispose: «Eccomi!».5 Riprese:«Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tustai è una terra santa!».6 Edisse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Diodi Giacobbe». Mosè allora nascose il viso, perché aveva paura di guardare versoDio.
7 IlSignore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito ilsuo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. 8 Sono sceso perliberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso unpaese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso illuogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo,il Gebuseo. 9 Oradunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho vistol'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. 10 Ora va'! Io timando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 11 Mosè disse a Dio:«Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gliIsraeliti?». 12 Rispose:«Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fattouscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».
13 Mosèdisse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostripadri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosarisponderò loro?». 14 Diodisse a Mosè: «Io sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti:Io-Sono mi ha mandato a voi». 15 Dioaggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, ilDio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questoè il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato digenerazione in generazione.
16 Va'!Riunisci gli anziani d'Israele e di' loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, miè apparso, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto avedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto. 17 E ho detto: Vi faròuscire dalla umiliazione dell'Egitto verso il paese del Cananeo, dell'Hittita,dell'Amorreo, del Perizzita, dell'Eveo e del Gebuseo, verso un paese dovescorre latte e miele. 18 Essiascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re di Egittoe gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci siapermesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificioal Signore, nostro Dio.19 Ioso che il re d'Egitto non vi permetterà di partire, se non con l'intervento diuna mano forte.20 Stenderòdunque la mano e colpirò l'Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo adesso, dopo egli vi lascerà andare.
21 Faròsì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete,non ve ne andrete a mani vuote. 22 Ognidonna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa oggetti diargento e oggetti d'oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostrefiglie e spoglierete l'Egitto».

1. Una conversione milleconversioni.
Da come comincia il passopossiamo capire che Mosè è diventato un pastore. Il suo percorso verso il bassoda desideroso liberatore di popoli a guardiano di un pozzo è arrivato alcapolinea: adesso pascola pecore. Ma proprio durante l'esercizio di questolavoro umile ecco che gli accade qualcosa di meraviglioso.
            Cisono molti dettagli in questo testo che sono volutamente meravigliosi, ma nonfacili da descrivere. Dio infatti non si manifesta in modo completamenteesplicito, tuttavia si manifesta. Si manifesta in un fuoco, ma non è il fuocostesso; si tratta poi di un fuoco che brucia, ma non brucia, quindi che non siconsuma eppure rifulge di una fiamma simile al fuoco. C'è poi l'angelo delSignore, che non viene definito in modo più preciso e che indica che c'è unamediazione. Mosè viene chiamato, ed invitato al rispetto di un luogo sacro.Siamo sul monte Horeb, un monte che sarà in seguito molto importante per gliisraeliti, e non si tratta di un luogo santo di per sé, ma santificato dallamanifestazione del Signore.
            Inquesta manifestazione miracolosa di Dio scopriamo qualcosa di importante sulDio di Israele, e sul suo modo di relazionarsi agli uomini. E' un Dio che non èuna delle forze della natura, come credevano alcune popolazioni vicine; non èil fuoco ad esempio, ma in queste si manifesta. E soprattutto è un Dio diparola. Al di là dei segni meravigliosi ciò che conta in questa visione è chequesto Dio parla a Mosè in un mondo chiaro e comprensibile. Finora nel capitolosi è solo parlato di Dio. Ora Dio parla non limitandosi a dare segni miravigliosi.
            Questascena credo che possa diventare il paradigma di quello che è l'incontro di ogniuomo con Dio. Non sappiamo molto dell'educazione religiosa di Mosè, ma vistoche si menziona Dio e che le levatrici lo temettero, possiamo pensare che suamadre, e le persone della sua famiglia gli abbiano parlato di Dio. Tuttavia, aldi là dell'istruzione religiosa che si può aver ricevuto, c'è un momentoimportante, centrale della vita in cui si incontra Dio direttamente. Non èdetto che sia secondo le stesse modalità di Mosé, con fiamme di fuoco e su unmonte che diventa sacro. Ognuno di noi ha il suo Horeb, ed il Signore è cosìgrande da trasformare in luogo santo, in cui si manifesta, un qualsiasi spaziodella nostra società, sia esso naturale o modificato dall'uomo. Una stanza, unparco di città, una fabbrica, un cinema o una sala di culto... Poco importadove sia. Quel Dio che si è manifestato a Mosè, che va al di là delle formuledi istruzione religiosa, che chiama per nome, che invita al dialogo eall'obbedienza, che si percepisce anche se non si può vedere è lo stesso, eoggi chiama anche te.
            Questadi Mosè è una conversione o chiamata diversa da quella di altri personaggibiblici: Isaia si sente in colpa: "Guai a me sono perduto! Perché io sonoun uomo dalle labbra impure e abito in mezzo ad un popolo dalle labbra impure:e i miei occhi hanno visto il Re, il Signore delgi eserciti" (Is 6, 5).Ezechiele ha visioni ben più meravigliose (Ez. 1) Paolo invece sta andando aduccidere i cristiani ed una luce lo acceca (Atti 9). Mosè invece pascola dellepecore e scopre qualcuno che non aveva mai visto. Il Signore non tratta gliesseri umani come oggetti tutti uguali, ma incontra ognuno di noi nella suavita secondo uno specifico cammino. Ma il contenuto è lo stesso: incontrare Dioè qualcosa che spaventa, ma che trasforma la vita totalmente, al punto che Mosèda questo momento non sarà più lo stesso. Posso dire lo stesso di me: non sonostato più lo stesso dopo aver incontrato Dio, e lo possono dire tutti coloroche hanno incontrato Dio. Che sia così per ognuno di quelli che ora ascoltano.

2. Una missione, millemissioni

Sentiamo ora cosa dice di precisoil Signore a Mosè: "Ho visto! Ho udito! Sono sceso a liberare!". Setorniamo un momento al capitolo precedente ricorderemo che si diceva che legrida dei figliuoli di Israele salivano al cielo. E l'ordine delle percezionidi Dio cambia: Dio udì, poi si ricordò del suo patto, quindi vide i figli diIsraele e infine ne ebbe compassione. Forse adesso capiamo che questo passo delcapitolo 2 (Es 2:23-24) non riporta propriamente le percezioni di Dio, maquelle degli israeliti rispetto a Dio. Nel passo che leggiamo oggi leggiamo cheDio ha visto, anzi ha veramente visto (in ebraico il verbo viene ripetuto, perrafforzare). Non si è svegliato da una distrazione temporanea per ricordarsidel patto: ha sempre visto ed avuto presente, quindi decide di scendere eliberare. Per questo espone a Mosè il suo progetto di portare il popolo in unpaese fertile per darlo loro. Mosè, rispetto a tutto ciò ha una missione moltogrande, ma anche molto semplice: si racchiude in un semplice:"Va!".Deve andare dal Faraone per fare uscire il popolo.
            Possiamoosservare una cosa: rispetto al grande progetto di Dio l'azione di Mosè è tuttosommato molto limitata: si limita a fare uscire il popolo dalla schiavitùdell'Egitto , ma questo non è che l'inizio di un progetto infinito che è lastoria della salvezza. Gli uomini non sono che piccole tessere nell'immensomosaico della salvezza di Dio e per quanto possano essere stati grandi e attoridi grandi gesta sono sempre piccoli uomini che hanno contribuito al piano piùvasto di Dio.
            Questodeve farci pensare nuovamente alla nostra condizione. Abbiamo in qualche modoequiparato la conversione di Mosè a quella di una qualunque persona che oggiviene chiamata da Dio. Fin lì ci possiamo anche stare. Sarà però difficile chequalcuno di noi si senta investito della stessa missione che ha avuto Mosè,quella enorme di traghettare un popolo intero, numeroso fuori da uno degliimperi più potenti dell'antichità. Se pensiamo che una missione, un mandato daparte del Signore possa essere solo questo, ci sentiremo sempre troppo piccolied insignificanti per poter pensare di servire a qualcosa nel piano di Dio. Ma lastoria di Mosè ci aiuta a capire che il popolo di Dio agisce in modo collegatoe che ogni piccolo sforzo è significativo. Abbiamo visto che Mosè è rimasto invita grazie a delle levatrici che hanno temuto Dio; sappiamo che ha ricevutouna qualche educazione ebraica grazie a sua sorella che lo guardava sulle acquee che ha fatto in modo che venisse allattato da sua madre; abbiamo visto cheviene accolto da un sacerdote madianita, esterno al popolo di Dio; eppure tuttequeste persone hanno avuto una missione significativa per l'avvento di unconduttore che libererà il popolo. Allora dobbiamo chiederci oggi quale sia lanostra missione. A cosa ci chiama Dio nel nostro Horeb? Cosa ci chiede di fareper Lui, per la sua opera?  Chi ha capitoun messaggio potente come quello del vangelo ha una grande responsabilità inmezzo al popolo in cui si trova. Siamo tessere di un mosaico più grande che ilSignore sta costruendo sulla terra, che si chiama Regno di Dio. Siamoneconsapevoli!.

3. Un'obiezione, milleobiezioni.

L'incontro con Dio non è mai unacosa neutra. Spaventa per il suo carattere trascendente e diverso da quellodella realtà a cui siamo abituati. Ricevere da Lui una missione è ancora piùdifficile. Mosè tra le tante ne tira subito fuori due. E' normale. In fondopoteva benissimo essersi abituato alla comoda vita di nomade madianita, conSefora, Gersom, nonno Ietro e compagnia bella, a pascolare pecore in giro peril medio-oriente... Chi glielo fa fare di tornare in Egitto, da un faraone chelo perseguita, da un popolo che lo ha già rifiutato una volta per una missioneche è sicuramente più faticosa di quella che fare il pastore.
            Chisono io? Le sue obiezioni sono piuttosto semplici: "Chi sono io".Davanti ad un compito difficile pecchiamo tutti di modestia eccessiva e cisottovalutiamo. Non riconosciamo il Mosè assetato di giustizia che ha ucciso unegiziano e che voleva fare il giudice. Ma questa modestia è molto utile anche achiarire la sua identità. Perché la risposta del Signore è: vai perché io sonocon te. Quindi tu sei qualcuno insieme a cui il Signore dichiara di voleragire. Il segno a prima vista può sembrare strano: che segno è il fatto cheserviranno qui sul monte? E' un segno di liberazione per anticipazione. Diointende dire che verranno liberati ed il segno è che si rivedranno con tutto ilpopolo, libero, sul monte Horeb per lodare.
            Diorisponde anche alle nostre domande di identità. Ci sentiamo sempre incapaci dimissioni che richiedono sforzi e sacrificio, ma la risposta del Signore è: sonocon te. Ed il segno è che la missione riuscirà. Il Signore non ci chiede coseimpossibili, ci chiede cose alla nostra portata secondo la conoscenza che ha diognuno di noi. Ma la sua promessa più grande è che egli è con noi!Cerchiamospesso chi siamo, quale sia la nostra missione, ed il Signore ha una rispostapiù alta: sei uno insieme a cui io sono. E lo proverò con atti concreti.
            Chiè Lui? La seconda obiezione è più complessa. In realtà è una domanda lungaed indiretta per dire a Dio: "Chi sei tu?" Ma siccome sarebbe troppobrutale porla in questo modo diretto, allora Mosè fa un lungo giro: se gliebrei chiedono chi è lui, cosa devo dire io? Ed abbiamo qui una risposta moltoprofonda, non facile neppure da tradurre. C'è chi propone: "io sono coluiche sono", chi "sarò quel che sarò". Preferisco il presente, macredo che il senso principale di questa affermazione sia che Dio è l'esserestesso, e che è ciò che vuole essere. E' talmente trascendente che non haattributi particolari o definibili. Certo, in altri passi sappiamo che Dio èamore, giustizia, bontà, e che ha una serie di caratteristiche esplicite. Maqui ci dice che anche se inquadrabile in quelle caratteristiche egli è coluiche è, ed è indipendentemente da tutto. E' l'essere puro, la fonte stessadell'essere, l'indeterminabile e l'inafferrabile. Mosè ha nascosto la suafaccia perché non poteva guardare ciò che è per natura inosservabile fino infondo.
            Inutileallora voler rendere conto di Dio in un modo esaustivo e completo. Dio èl'indefinibile, e lo possiamo presentare come l'"io sono", colui percui tutto ciò che è ha esistenza e senso. Ma al di là di questa sua totaletrascendenza che non è speculazione ma pura capacità di essere molto al disopra delle vicissitudini umane, Dio è anche profondamente unito a queste. E'colui che libererà concretamente dalla schiavitù. Insomma Dio è l'infinito el'infinito non si coglie: ma questo infinito è profondamente intriso di finito,si mischia nel finito e lo salva.
            Abbiamoallora obiezioni davanti al Dio che ci chiama? Ci risponde che siamo coloro concui Egli è: ci risponde che seppure indeterminabile è colui che interviene pernoi e che, se rispondiamo affermativamente sarà con noi. Questo è il Dio deipadri, ed il Dio che si è rivelato in Gesù. E' lo stesso Dio che oggi cichiama. Ascoltiamolo. 

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