domenica 3 novembre 2013


Esodo 4. Uscire

26 maggio 2013 alle ore 17.12



1 Mosè rispose: «Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!». 2 Il Signore gli disse: «Che hai in mano?». Rispose: «Un bastone». 3 Riprese: «Gettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. 4 Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. 5 «Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». 6 Il Signore gli disse ancora: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. 7 Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. 8 «Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! 9 Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta».
10 Mosè disse al Signore: «Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». 11 Il Signore gli disse: «Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12 Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». 13 Mosè disse: «Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!». 14 Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. 15 Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare. 16 Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. 17 Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi».
18 Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: «Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!». Ietro disse a Mosè: «Va' pure in pace!». 19 Il Signore disse a Mosè in Madian: «Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». 20 Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.
21 Il Signore disse a Mosè: «Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo. 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23 Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!».
24 Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. 25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». 26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.
27 Il Signore disse ad Aronne: «Va' incontro a Mosè nel deserto!». Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. 28 Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato.
29 Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. 30 Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo. 31 Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.

1. Obiettare ancora.
Le obiezioni di Mosè non sono finite. Come già detto, non è facile partire per una missione lasciando quello che si è costruito. Mosè, da potenziale condottiero ed eroe nazionale per il salvataggio degli ebrei, si è contentato del suo lavoretto di pastore in terra straniera e l'idea di partire per tornare in Egitto lo spaventa. Quindi continua a recalcitrare.
Dopo le prime due obiezioni che riguardano l'identità di Dio e la sua identità, Mosè ne aggiunge altre tre. La prima riguarda la possibile incredulità degli ebrei, la seconda la sua incapacità di parlare e l'ultima non è propriamente un'obiezione, ma dimostra un'ulteriore esitazione che suscita la collera di Dio. Esaminiamole brevemente:
  • Se non ti crederanno ti darà dei segni. Sono segni straordinari, magici, miracolosi, che hanno un significato fondamentale: il bene, ma anche il male sono nelle mani di Mosè.
  • La mia bocca e la mia lingua sono pesanti. Quindi scarse capacità oratorie, o un difetto articolatorio, come la balbuzie. Ma chi ha fatto la bocca, chiede Dio retoricamente? Chi fa parlare e tacere se tutto è in mano di Dio?
  • Insomma, manda un po' chi vuoi mandare... Quest'ultima resistenza suscita la collera di Dio che indica in un uomo, Aronne, l'ultima risorsa.
  • Mosè accetta, tace e parte.
Mi colpiscono due cose in queste progressive obiezioni di Mosè.
1. Resistenza ai segni. Da un lato il rifiuto davanti ad un ordine divino nonostante la chiarezza della chiamata. Viene da pensare che i segni soprannaturali siano addirittura inutili rispetto all'incredulità umana. Uno dei luoghi comuni su Dio consiste nel dire che è difficile credere in un Dio che non si vede. Eppure mi sorprende vedere Mosè dubitare di un Dio che gli dà un ordine e che accompagna la sua presenza e le garanzie che accompagneranno l'esecuzione di questo ordine con dei segni soprannaturali. Viene da pensare che il cuore umano talvolta non si convince né grazie a segni o a garanzie particolari, ma ci vuole la "collera" di Dio, espressione che letteralmente in ebraico è: "il naso gli diventò rosso", per convincere un essere umano recalcitrante. E' un po' quello che succede ai bambini, che spesso cerchiamo di far ragionare in mille modi, ma che finiscono per obbedire solo davanti ad uno strillo. Ammettiamo che talvolta siamo come bambini che per obbedire ad una missione di Dio hanno bisogno di vedere questa collera che si accende, che ci induce un sano spavento capace di farci agire. A questo punto è molto bello vedere Mosè che tace, accetta e subito agisce di conseguenza. Non ha più da replicare, va dal suocero e decide di partire. Credo che in questo semplice atto di sottomissione, e accettazione Mosè abbia compiuto una profonda maturazione. Con Dio è giusto chiedere spiegazioni, ed è perfino giusto dire sinceramente quali sono le perplessità che ci fanno resistere. Un po' come le persone si conoscono solo dopo aver litigato almeno una volta, così Mosè conosce meglio Dio ora che ne ha visto oltre alla disponibilità anche la collera. In questo rapporto recalcitrante ma vero Mosè ha fatto un salto, è cresciuto ed è pronto per la sua missione.
2. Adattamento di Dio. Mi colpisce anche la pazienza e l'adattamento di Dio che progressivamente abbassa il tiro rendendolo più umano: alla prima obiezione promette segni; alla seconda garantisce che chi ha creato la bocca non potrà non essere con quella bocca. Ma alla fine arriva a garantirli la presenza di un altro uomo, visto che quello che garantisce Dio non gli basta. Il nostro Signore è un Dio paziente, che porta a fine i suoi piani. Ed in questo percorso di convincimento non si stanca di adattarsi all'uomo, pur rimanendo l'assoluto.


2. Tutto è in mano di Dio (21-23)
La conferma che ci sia stata una maturazione in Mosè la troviamo proprio in questi passi che seguono. Se finora il Signore ha dato delle garanzie adesso passa a mettere Mosè in guardia per la difficoltà della missione: non andrà tutto liscio perché faraone resisterà. Ci saranno scontri, minacce e altro, quindi non sarà un'impresa facile. Il paradosso sta nel fatto che Dio dice che sarà lui ad indurire il cuore del faraone. La missione di Mosè è liberare Israele dal faraone, ma Dio dice che egli stesso renderà complicata questa uscita. E' sempre difficile accettare che Dio sia nascosto anche dietro manifestazioni che noi riteniamo malvagie come lo strapotere di un re che schiavizza un popolo, soprattutto se questo Dio precisa che vuole liberare il popolo schiavo. Eppure la storia finisce con la sconfitta di faraone, quindi il male viene infine sconfitto.
Forse dobbiamo vedere in questo "indurimento" potremmo vedere un modo di Dio di lottare contro il male; gli permette di protrarsi, anzi lo aiuta ad incattivirsi, per poi permettere una sconfitta ancora più eclatante e duratura. Forse con questo vuole già anticipare agli ebrei, che nel deserto rimpiangeranno l'Egitto, quale fosse il potere oscuro nelle mani di cui si trovavano. Fatto sta che come credenti cogliamo l'insegnamento che anche nelle peggiori disgrazie il Signore è presente e finirà per avere la meglio. Nella settimana trascorsa abbiamo visto numerose forme di "male" all'opera. Abbiamo visto un tornado devastare un paese nel Minnesota; due fondamentalisti islamici uccidere un soldato a Londra; i talebani commettere un attentato a Kabul; e sono solo atti che sono emersi alla superficie grazie ai media, e chissà quanti altri ne sono successi che non abbiamo visto. Dove è Dio? Sta indurendo qualcuno di questi personaggi? Sta indurendo le forze della natura? A Mosè Dio ha parlato esplicitamente ed egli può a buon diritto dire che è Dio ad indurire il cuore di faraone. Noi non possiamo sapere cosa Dio faccia esattamente nelle situazioni citate, ma sappiamo che è comunque il sovrano del mondo e che il male, che non lo vince, sarà alla fine da Lui sconfitto.

3. Sefora e la circoncisione (24-26)
Giungiamo ora al culumine dei paradossi. Mosè è pronto per la sua missione e parte per l'Egitto, ma gli capita però un fatto parecchio singolare, sicuramente uno dei passi più complicati della Bibbia, che sarà difficile spiegare completamente. Il Dio che l'ha preparato lo vuole adesso fare morire. Ha appena detto che farà morire il figlio di faraone, mentre adesso vuol fare morire Mosè. Ma tutto viene risolto da Sefora, che circoncide il figlio di Mosè.
Il testo non ci dà nessuna spiegazione esplicita, quindi ci limitiamo a delle ipotesi. Teniamo presente che questo episodio, nella struttura globale del libro dell'Esodo, corrisponde al capitolo 12, in cui si celebra la Pasqua. In quel capitolo il Signore annuncia che sterminerà i primogeniti degli egiziani ma risparmierà le case segnate dal sangue dell'agnello sugli stipiti. Il nostro passo racconta il ritorno in Egitto, mentre quello descrive l'uscita dall'Egitto. In entrambi i passi emergono questi elementi: una morte possibile provocata da Dio, il sangue e infine una protezione da questa minaccia attraverso lo stesso sangue. L'espressione di Sefora: "Tu sei per me uno sposo di sangue" non indica la consanguineità, ma il carattere sanguinario di Mosè, cosa che implica un rituale come quello della circoncisione. Cerchiamo di raccogliere dunque gli elementi. Forse Mosè, seppure liberatore ed in missione per volontà di Dio, è comunque un colpevole; ricordiamo di come avesse ucciso l'egiziano nascondendolo nella sabbia. Dio si serve di lui, ma non perché sia un "buono", categoria di uomini biblicamente inesistente, ma perché ha scelto di avere grazia verso di lui. Come a Pasqua il signore risparmierà gli ebrei dal flagello, così in questo caso risparmia Mosè, ma gli fa capire che anche lui è colpevole. Ed un rituale che implica la presenza del sangue, ricordando il sangue versato, ricorda anche a Mosè la sua imperfezione e bisogno della grazia.
Il mondo non è diviso in buoni e cattivi, ma è unito in una massa di uomini che hanno bisogno della grazia di Dio. E questa grazia non significa che Dio faccia finta che il male non esista anzi: il male c'è e combatterlo non è gratuito. Il sangue di vittime innocenti ricorda che c'è un prezzo che qualcuno paga. La circoncisione non è certo un sacrificio, ma per la presenza del sangue ricorda un sacrificio ed una sofferenza.
In conclusione di questo passo oscuro, non possiamo rilevare ancora una volta l'azione silenziosa ma determinante di Sefora, che come altre donne in questi primi capitoli dell'Esodo svolge un ruolo molto importante.
4. Adorazione.
Il ritorno in Egitto è esattamente speculare alla fuga. Per un'operazione guidata da Dio Mosè ed Aronne si incontrano. Gli anziani del popolo, da cui Mosè aveva dovuto fuggire alcuni anni prima, ora lo accolgono, e contrariamente a quello che Mosè aveva immaginato, credono ai suoi segni. Immagino che in questo ritrovamento possano esserci stati momenti di emozione, di gioia, probabilmente anche di chiarificazione e di riconciliazione, visto che Mosè era dovuto fuggire come assassino e che come eventuale liberatore era stato frainteso. Ma ci vengono riportate piuttosto due cose: Dio ha promesso dei segni e questi si realizzano; il popolo capisce che Dio ha veramente visto la loro afflizione e che è disposto ad intervenire. E quindi si mette ad adorare. Si inginocchia e si prostra, azioni di vera adorazione. E' la prima volta che nell'Esodo si dice che il popolo adora e credo che sia la miglior conclusione di questa prima sezione preparatoria. In fondo ogni azione in vista della liberazione umana ha come fine la gloria di Dio. L'Esodo potrà riuscire perché si comincia mettendo Dio al centro.
Davanti ad i nostri progetti di qualsiasi tipo, che siano di missione, di evangelizzazione, di aiuto sociale, di donazione, di semplice viaggio o di studio ricordiamoci questo imperativo: inginocchiarsi ad adorare è il punto di partenza e di arrivo di ogni cosa. AMEN

Nessun commento:

Posta un commento