domenica 3 novembre 2013


Esodo 5. Chi servirai?

2 giugno 2013 alle ore 13.26
Il popolo di Israele è messo davanti ad un'alternativa di fondo: chi servire? Dio o faraone? Servire faraone significa sottostare ad una dittatura del lavoro spietata che garantisce tuttavia la pancia piena. Significa privazione totale della libertà, sofferenza fisica e sudditanza psichica: il male è la ribellione, la religione è una cosa inutile, contestare la crudeltà del sistema significa che la sua crudeltà aumenterà. In molte dittature, sia politiche che del lavoro, come la Cina di oggi, questa situazione è tuttora attuale.
Il popolo può allora servire Dio, facendo una festa e questo implica gioia, ma anche coraggio e sofferenza. Perché il male radicato nel sistema non si estirpa con un colpo di bacchetta, ma con altrettanta sofferenza e disponibilità al sacrificio. Il popolo dubita, e con esso anche Mosè, ma la risposta di Dio è che questo male fa parte della sua stessa risposta. Egli agirà.


Il capitolo 4 si è concluso nella gioia e nell'adorazione. Il popolo ha accolto l'invito di Mosè, lo riconosce come leader ed ha la sensazione che il Signore abbia ascoltato i suoi gemiti. Questo grande entusiasmo si stempera drasticamente nel capitolo 5 in cui, attraverso un percorso circolare di dialoghi tutto sembra naufragare. Mosè ed Aronne parlano a Faraone, faraone si rifiuta di ascoltare la loro richiesta e parla agli ispettori, che parlano ai sorveglianti i quali, infine, parlano al popolo. Il popolo, destinatario ultimo non dice niente e viene semplicemente sobbarcato di lavoro supplementare. Ma questo lavoro non piace agli ispettori che picchiano i sorveglianti, i quali si lamentano con Faraone, che nuovamente non ascolta il loro dolore e li rimprovera, e parlano quindi ad Aronne e Mosè. Così Mosè torna deluso dal Signore e la parola partita da Dio ha compiuto un ciclo completo, tornando a lui, ma apparentemente priva di efficacia.
Questo testo pone al popolo di Israele, due domande importanti che si implicano. La prima è: chi volete servire? La seconda è: quanto siete disposti a soffrire per servire Dio?
1. Chi volete servire?
Questo capitolo, apparentemente una semplice transizione verso le grandi opere di Dio attraverso le piaghe, e quindi l'effettiva uscita dall'Egitto, è in realtà una lucida descrizione di come opera la macchina del male. Ed in questo senso è paradigmatico di molti sistemi dittatoriali che nel mondo continuano ad esistere. Il faraone detiene il potere assoluto. Mosè ed Aronne gli si presentano con un modo di parlare simile a quello dei profeti dicendo: "Così dice il Signore..." ma a faraone questo non importa. Si considera l'unica autorità, e del resto effettivamente non conosce il Dio degli ebrei, né gli importa di conoscerlo, né di quello che farà. Vede però nella domanda di Mosè un pericolo per il suo sistema produttivo e per il suo benessere: quei mattoni serviranno a costruire palazzi sontuosi o comunque abitazioni che danno a vantaggio degli egiziani, non certo degli schiavi. Mentre prima temeva una sommossa di ebrei contro gli Egiziani, ora teme la mancanza di forza lavoro. Quindi semina il terrore, aumenta l'orario lavorativo riducendo quello degli egiziani cercando di far passare un messaggio chiaro: ribellarsi o chiedere riduzioni, congedi o ferie per motivi di fede, vi farà soffrire. E il messaggio passa! I sorveglianti alla fine accusano Mosè, non il faraone! La logica dittatoriale ha condizionato anche le vittime del sistema, che preferiscono il mantenimento del sistema piuttosto che la libertà di lodare il loro Dio.
E' quasi inutile sottolineare la grande attualità di questo passo. Proprio ieri leggevo un articolo su Repubblica on linehttp://www.repubblica.it/tecnologia/2013/06/01/news/schiavo_dell_hi-tech_muore_14_anni-60119116/?ref=HREA-1 che racconta di un operaio quattordicenne, che con un documento falso è riuscito ad entrare in una ditta che produce schede madri dei computer che noi usiamo ogni giorno, e che è morto per sovraccarico lavorativo. Perché quel giovane accettava? Perché le dittatura del lavoro in fondo danno pane, ed un minimo di garanzie di vita, basandosi sui bisogni primi delle vittime.
Del resto il passo non parla solo alle vittime delle dittature. Direi che parla in generale al nostro mondo che in alcuni casi oppone necessità produttive al primo posto, opponendole a necessità spirituali. Per faraone l'idea di festeggiare per Dio è una scusa, un pretesto per non lavorare. Mi preoccupa la pervasività oggi della necessità di lavoro in feste, in orari di apertura esagerati, non tanto perché queste abbiano una santità fine a se stessa, ma perché preservare spazi in cui fare attività non produttive, ma umanamente fondamentali, è vitale. La dittatura del lavoro e della produzione tenta di invadere la totalità della vita dei suoi sudditi, come le 12 ore di lavoro dell'operaio quattordicenne cinese mostrano. E mi preoccupa anche perché dietro questa mania di produzione, senza che ce ne rendiamo conto, ci sono delle vittime: gli oggetti che usiamo quotidianamente - vestiti, scarpe, computer, elettrodomestici - sono costruiti sulle vite di schiavi che vivono in condizioni simili a quelle messe in atto da faraone. Ed i cristiani, che ci possono fare? Possono parlare. Ed avere il coraggio di dire la loro, laddove possono. Scegliendo, laddove possibile, prodotti che danno qualche garanzia sui produttori - ed esistono certi label etici. Ma soprattutto dobbiamo chiederci nella nostra vita se in mezzo al mondo consumistico, ossessionato dal produrre non solo mattoni, ma beni di consumo a nastro se vogliamo solo partecipare a questo grande sabba della produzione, o anche ricercare lo spazio ed il tempo per lodare.


2. Quanto siete disposti a soffrire per servire Dio?
Potremmo dire che Mosè in un certo senso sapeva già che le cose non sarebbero andate lisce, anche se forse si aspettava un cammino meno accidentato. Dio gli aveva detto che avrebbe indurito il cuore di faraone ed ora ne apprezza i risultati. Tutto va avanti ed ognuno riceve una qualche parte di sofferenza. I sorveglianti degli ebrei vengono picchiati dagli ispettori. Si tratta di figure ambigue, probabilmente scese a compromessi con gli egiziani e sorvegliavano il loro stesso popolo. Il popolo soffre. Mosè ed Aronne anche soffrono, visto che vedono il loro progetto andare in fumo, ed i sorveglianti, quindi potenzialmente anche il popolo, sollevarsi contro di loro. Mosè ripensa sicuramente a quanto aveva subito 40 anni prima ed alla fuga in Madian conseguente. Soffre forse anche Dio stesso nel vedere Mosè, il suo servitore già scoraggiato davanti alla prima difficoltà. E le parole di Mosè accusano Dio in un modo deciso: "Perché hai fatto del male a questo popolo?" Il responsabile ultimo del male è Dio, secondo Mosè.
Questo forse ci fa capire un aspetto centrale, e letteralmente "cruciale" del male. Il male non si vince a semplici colpi di bacchetta magica. Dio, come già visto prima, permette a questo male di avanzare, e il primo moto di liberazione dal male è un moto di sofferenza. Costa sofferenza uscire dal male. Il sistema perverso messo in piedi da faraone non si cura in un secondo, c'è bisogno che anche le sue vittime si addossino una parte di questo male nel tentativo di uscirne. La promessa di Dio è chiara: "Ora vedrai quello che farà a faraone... " Dio agirà, ma prima della sua azione il male continua a dilagare; cominciano a smuoversi le acque, ed è forse il momento più doloroso.
Il male non si vince a colpi di bacchetta magica, ma di croce! Ma la croce non è indolore! La croce di Cristo, che vince interamente e radicalmente il male, è stata sofferenza. La croce di Cristo significa vittoria della vita sulla morte, spirituale oggi e materiale domani. Per noi è un trionfo, ma per Gesù è stata l'apoteosi del dolore.
Quanto siamo disposti a soffrire per la libertà di lodare? Potrà sembrare strano, ma se in questo passo gli ebrei stanno lottando per poter celebrare il loro culto, possiamo pensare a quanto oggi soffrono per guadagnare questa libertà. Nei nostri paesi è una meta in parte raggiunta, con ancora molto lavoro da fare per una laicità più giusta e forte. Ma quanto sangue versato, anche in Italia per raggiungere questo traguardo... Non è lontano il tempo in cui gli evangelici venivano perseguitati ed uccisi, visto che il fascismo ha dato il suo contributo.
Noi preghiamo spesso per la chiesa perseguitata, ma quanto siamo disposti noi a soffrire per la libertà di lodare?

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