domenica 3 novembre 2013


Esodo 12 La Pasqua e la Cena

29 settembre 2013 alle ore 20.06
Il capitolo 12 dell'Esodo racconta un momento cruciale e centrale dell'intero libro: è il momento in cui l'idea di esodo, che intendiamo come movimento liberatorio da uno stato di prigionia ad uno di libertà, si realizza. Il valore storico e simbolico di tutto quello che accade è molto forte, come sono intensi i parallelismi con quello che, molti secoli dopo, accadrà nella Pasqua dell'anno 33 dopo Cristo: Gesù decide di morire proprio il giorno in cui gli ebrei festeggiavano la loro festa principale in un contesto di liberazione, legata però ad un evento tragico.
Si tratta di un rito così ricco di significati e di simboli che dovremo fare una selezione. Vorrei concentrarmi su quattro aspetti di questa Pasqua, che saranno direttamente collegati ad aspetti significativi di quella festa che ogni domenica facciamo con la cena del Signore.

1. Ristrutturare il tempo: la storia della fede, la fede nella storia.

Prima ancora che l'esodo sia avvenuto, attraverso la morte dei primogeniti egiziani, il Signore parla a Mosè indicandogli le modalità secondo cui celebrare la Pasqua. Similmente Gesù istituisce quel rito che chiamiamo "Santa Cena" prima di morire, e con questo annuncia la sua morte. Siamo abituati a pensare a questi momenti come atti di commemorazione, mentre sono nati come atti quasi profetici: descrivono ciò che avverrà in futuro! Molta teologia e molta critica tende a vedere nei riti delle usanze volte a ricostruire un passato mitico, per confermare un'identità di popolo ed "inventare" una storia". Credo invece che sia molto importante sottolineare il valore storico di questi riti: non sono stati inventati dopo dei fatti storici per giustificare dei credi o delle pratiche, ma addirittura prima, per tracciare il corso della storia.
Sia per la Pasqua che la santa cena è molto importante conservare, quando le si celebrano, l'elemento storico che hanno determinato e che commemorano: perché la fede ebraica prima e cristiana poi, non è fatta di pura spiritualità, ma entra con forza nel tempo, nel divenire dell'umanità e poggia su fatti storici.
Uno dei maggiori problemi riguardo alle feste è che facilmente ne perdiamo di vista il significato. Del resto abbiamo talmente tanti giorni festivi che sarebbe difficile ricordare il significato preciso di ognuno di questi. Come cristiani sforziamoci di ricordare sempre queste feste con convinzione e certezza, senza mai ritualizzarli, facendoli diventare ricorrenze fini a se stesse, di cui si perde il significato. Sono atti che ci raccontano la storia della fede di alcune persone. Ma questa fede ha senso fintanto che noi abbiamo fede nella storia, altrimenti sono favole.

2. Il sangue.

Il ruolo del sangue in questo rito è molto forte. Il sangue dell'agnello con cui si segnano gli stipiti delle porte sarà visto, come segno, dal Signore che passerà oltre e non colpirà gli ebrei. Importante notare che non c'è alcun significato apotropaico, o superstizioso rispetto al sangue come elemento materiale: non serve per scongiurare, o proteggere per una qualche sua virtù magica, ma perché è un segno di una violenza subita da una vittima innocente che paga al posto di un altro. Un elemento della creazione che è simbolo di vita, il sangue, serve per procurare la nuova vita, cioè la redenzione. Ugualmente nella cena il vino, simbolo di vita ed allegria, rappresenta il sangue versato da una vittima innocente, questa volta Gesù, l'agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo. In assoluto Mosè e gli ebrei non sono innocenti; ma Dio ha pietà di loro e sceglie di salvarli con un atto sovrano. Lo stesso vale per l'umanità intera davanti alla croce di Cristo. Nessuno è innocente, ma Cristo decide di morire per l'umanità. Chi crede nel valore di questa morte conoscerà una vera Pasqua: la morte passerà oltre, non lo colpirà: perché è entrato già in questa vita nella vita eterna, e dopo la sua morte fisica continuerà a vivere in Cristo.

3. Un rito veloce: pani azzimi, calzari e fretta.

L'intero rito è caratterizzato da una certa fretta sia simbolica che materiale. Il pane è azzimo, perché non c'è tempo perché il lievito entri in azione; il pranzo va consumato in piedi, con i calzari ed il bastone utili a camminare. Forse questa stessa fretta non la troviamo nella cena istituita da Gesù, ma in fondo se paragoniamo questo semplice pasto ad una lunga funzione, potremmo dire che non dura poi tanto. Perché questo passo che dice: "mangiatelo in fretta!"? (11) Il Signore ci vuol dire che non c'è tempo da aspettare per cogliere la libertà! L'esodo è un momento preciso e puntuale di una storia di salvezza: un momento che ricorda una liberazione che poi finisce e che continua in una vita libera. Ma il momento della liberazione è concluso, e va colto rapidamente. Anche il passaggio del pane e del vino in fondo sono relativamente veloci, e occupano meno tempo di quello di un lungo pranzo nuziale. Il Signore nel presentare i suoi simboli ci invita a non perdere né tempo né occasioni: la libertà si presenta ora e potrebbe non ripresentarsi. Gli ebrei che indugiano, che non tingono gli stipiti, o che rimangono indietro potrebbero perdere la strada per l'esodo. Allora non diciamo di no alla salvezza che Dio ci regala morendo per noi.

4. La grande folla ed Israele.
il v. 38 ci mostra un dettaglio che passa facilmente inosservato. Gli ebrei non se ne vanno da soli dall'Egitto. C'era con loro una grande folla con gente d'ogni specie, il che non esclude che ci fossero pure degli egiziani. Probabilmente gli immigrati in Egitto erano numerosi, ed oltre agli ebrei c'erano altre popolazioni. Questa folla beneficia della stessa benedizione degli ebrei. In altri termini, la redenzione di Israele non si limita al popolo di Israele, ma è benedizione e redenzione per le altre popolazioni. Soltanto permangono dei segni distintivi, ed in questo caso la circoncisione. E' molto bello vedere che non c'è alcuna preclusione nei confronti degli stranieri, e che se lo desiderano possono tranquillamente circoncidersi, che in questo contesto equivale a riconoscere il valore e la realtà di JHWH, il Dio degli ebrei. Anche noi, crediamo sia giusto che consumino la cena del Signore le persone che hanno un segno dell'appartenenza al corpo di Cristo, che è quello del battesimo, da adulti, per immersione. Partecipa alla cena chi è battezzato non perché il battesimo conferisca alla persona qualche potere magico, ma semplicemente perché con quel battesimo ha dichiarato pubblicamente di avere capito il senso della cena del Signore. Nondimeno la cena la si celebra tutti insieme. E chi non la prende, ma vede passare questi simboli, vede l'annuncio della vita.

Conclusione: v. 27 Il popolo si inchinò ed adorò; "Dopo che ebbero cantato gli inni uscirono per andare al monte degli Ulivi" (Mc 14,26).
Ieri come oggi il ricordo dell'azione di Dio in nostro favore ci spingi ad inchinarci e ad adorare.

Nessun commento:

Posta un commento