Le pietre preziose
Esodo 24. Per leggere Esodo 24 clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php?versioni[]=C.E.I.&riferimento=Esodo24
Adorare sul monte(1-4)
Questo titolo può sembrare comico: cosa c’entrano le pietre con questi avvenimenti dell’Antico Israele? Sostanzialmente poco, eppure il capitolo 24 dell’Esodo sembra scandito dalla presenza di tre tipi di pietre che sono in qualche modo correlate con gli avvenimenti. Il passo si apre con una specie di riassunto di tutto quello che deve accadere: una delegazione di rappresentanti del popolo è chiamata ad avvicinarsi a Dio, ma infine solo Mosè procederà fino in cima al monte. Lo scopo di questo avvicinamento è adorare. L’adorazione è un tema importante di tutto l’Esodo e già altre volte abbiamo visto il popolo adorare (4,31; 12,27; 15, 1-21; 18, 12) E questo ci serve in via introduttiva a ricordare un postulato del libro dell’Esodo: c’è esodo e liberazione, ma questi non sono fini a se stessi: hanno come fine il potersi avvicinare a Dio per adorarlo, missione cruciale dell’esistenza, precondizione di una vera felicità.
Se noi fossimo lì, il messaggio che dovremmo recepire dovrebbe essere qualcosa di questo tipo: il Signore ha operato una salvezza che non riguarda solo me, ma la totalità del mio popolo; mi impegno a seguire i suoi comandamenti; capisco che non sono perfetto e per le mie mancanze offrirò sacrifici.
Oggi noi leggendo queste parole alla luce di quanto Gesù nel Nuovo Testamento ha operato recepiamo un messaggio la cui portata è ancora più grande. Ed il tipo di rito ci fa pensare ad un contesto che non è poi diverso da quello che noi sperimentiamo quando la domenica consumiamo insieme la cena del Signore, che ha ripreso parole molto simili. Dio non ha lasciato nel Nuovo Testamento molti simboli, tuttavia ha lasciato una cena. Prendendola e pensando che i primi a prenderla erano 12, pensiamo proprio alla totalità del popolo salvato, che non è più il singolo popolo di Israele, ma che è un grande popolo formato da chiunque riconosce la forza del sacrificio di Cristo. Questo 12 si è moltiplicato per 12 ed ancora all’infinito per chiamare ad un impegno deciso l’umanità. Oggi, prendendo la cena del Signore si pronuncia ugualmente una sorta di impegno. Se non la si prende è perché si percepisce che questo impegno non è ancora chiaro, non è ancora definitivo. Credo che ogni volta che prendiamo la cena del Signore dobbiamo ripensare a quale sia la nostra fedeltà rispetto ai comandamenti di Dio. Ma subito dopo possiamo pensare a quel “sangue che è sparso per molti”, che ha permesso un NUOVO PATTO, nel sangue di Gesù. Capiamo allora che Dio non ci accetta in base alla misura della nostra fedeltà o al rispetto dei comandamenti: ci accetta perché ha versato il sangue di suo figlio Gesù sulla croce, per perdonare i nostri peccati. Le 12 pietre, sono allora il simbolo di un’umanità rinnovata dal sangue, e chiamata ad un nuovo impegno con il Signore.
Tuttavia, questa immagine della legge scritta su tavole di pietra è stata ripresa nel Nuovo Testamento dall’apostolo Paolo in funzione apparentemente negativa: “La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne.” (II Cor 3, 2-3). Non credo che Paolo volesse sminuire il valore della pietra: piuttosto voleva dire che quelle leggi scritte nella pietra si devono vedere nella vita, quindi essere impresse in cuori di carne che le rendono vive.
Mosè che rimane in presenza di Dio 40 giorni e 40 notti, e Paolo che ci ricorda il modo in cui la legge di pietra deve essere assimilata dai cuori, ci portano a fare una considerazione fondamentale sulla legge: la legge può essere bella, duratura, profondamente morale, umanamente ineccepibile: ma non serve a niente finché rimane sulle tavole. Mosè è rimasto lì 40 giorni e 40 notti per parlare con Dio e penetrare a fondo i principi della legge; Paolo ci esorta a viverli per diventare delle specie di lettere da cui il fine della legge traspare. Quello di renderci sempre più simili a Dio, e a farcelo adorare di continuo. AMEN
Adorare sul monte(1-4)
Questo titolo può sembrare comico: cosa c’entrano le pietre con questi avvenimenti dell’Antico Israele? Sostanzialmente poco, eppure il capitolo 24 dell’Esodo sembra scandito dalla presenza di tre tipi di pietre che sono in qualche modo correlate con gli avvenimenti. Il passo si apre con una specie di riassunto di tutto quello che deve accadere: una delegazione di rappresentanti del popolo è chiamata ad avvicinarsi a Dio, ma infine solo Mosè procederà fino in cima al monte. Lo scopo di questo avvicinamento è adorare. L’adorazione è un tema importante di tutto l’Esodo e già altre volte abbiamo visto il popolo adorare (4,31; 12,27; 15, 1-21; 18, 12) E questo ci serve in via introduttiva a ricordare un postulato del libro dell’Esodo: c’è esodo e liberazione, ma questi non sono fini a se stessi: hanno come fine il potersi avvicinare a Dio per adorarlo, missione cruciale dell’esistenza, precondizione di una vera felicità.
- 12 pietre d’altare. (4-8)
Se noi fossimo lì, il messaggio che dovremmo recepire dovrebbe essere qualcosa di questo tipo: il Signore ha operato una salvezza che non riguarda solo me, ma la totalità del mio popolo; mi impegno a seguire i suoi comandamenti; capisco che non sono perfetto e per le mie mancanze offrirò sacrifici.
Oggi noi leggendo queste parole alla luce di quanto Gesù nel Nuovo Testamento ha operato recepiamo un messaggio la cui portata è ancora più grande. Ed il tipo di rito ci fa pensare ad un contesto che non è poi diverso da quello che noi sperimentiamo quando la domenica consumiamo insieme la cena del Signore, che ha ripreso parole molto simili. Dio non ha lasciato nel Nuovo Testamento molti simboli, tuttavia ha lasciato una cena. Prendendola e pensando che i primi a prenderla erano 12, pensiamo proprio alla totalità del popolo salvato, che non è più il singolo popolo di Israele, ma che è un grande popolo formato da chiunque riconosce la forza del sacrificio di Cristo. Questo 12 si è moltiplicato per 12 ed ancora all’infinito per chiamare ad un impegno deciso l’umanità. Oggi, prendendo la cena del Signore si pronuncia ugualmente una sorta di impegno. Se non la si prende è perché si percepisce che questo impegno non è ancora chiaro, non è ancora definitivo. Credo che ogni volta che prendiamo la cena del Signore dobbiamo ripensare a quale sia la nostra fedeltà rispetto ai comandamenti di Dio. Ma subito dopo possiamo pensare a quel “sangue che è sparso per molti”, che ha permesso un NUOVO PATTO, nel sangue di Gesù. Capiamo allora che Dio non ci accetta in base alla misura della nostra fedeltà o al rispetto dei comandamenti: ci accetta perché ha versato il sangue di suo figlio Gesù sulla croce, per perdonare i nostri peccati. Le 12 pietre, sono allora il simbolo di un’umanità rinnovata dal sangue, e chiamata ad un nuovo impegno con il Signore.
- La pietra trasparente di zaffiro. Dio si può vedere
- Le pietre della legge.
Tuttavia, questa immagine della legge scritta su tavole di pietra è stata ripresa nel Nuovo Testamento dall’apostolo Paolo in funzione apparentemente negativa: “La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne.” (II Cor 3, 2-3). Non credo che Paolo volesse sminuire il valore della pietra: piuttosto voleva dire che quelle leggi scritte nella pietra si devono vedere nella vita, quindi essere impresse in cuori di carne che le rendono vive.
Mosè che rimane in presenza di Dio 40 giorni e 40 notti, e Paolo che ci ricorda il modo in cui la legge di pietra deve essere assimilata dai cuori, ci portano a fare una considerazione fondamentale sulla legge: la legge può essere bella, duratura, profondamente morale, umanamente ineccepibile: ma non serve a niente finché rimane sulle tavole. Mosè è rimasto lì 40 giorni e 40 notti per parlare con Dio e penetrare a fondo i principi della legge; Paolo ci esorta a viverli per diventare delle specie di lettere da cui il fine della legge traspare. Quello di renderci sempre più simili a Dio, e a farcelo adorare di continuo. AMEN
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