mercoledì 22 ottobre 2014

Dio in campeggio

Esodo 25
1 Il Signore disse a Mosè: 2 «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un'offerta. La raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. 3 Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e rame, 4 tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, 5 pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, 6 olio per il candelabro, balsami per unguenti e per l'incenso aromatico, 7 pietre di ònice e pietre da incastonare nell'efod e nel pettorale. 8 Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. 9 Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi.

I titoli, si sa, servono ad attirare i lettori, e sarà opportuno dire subito che Dio non va in campeggio, oppure che ci va ma non più che in altri luoghi. Quello che però ci colpisce nel libro dell’Esodo è che la parte relativa al “Tabernacolo” – e il tabernacolo è un specie di tenda da montare e smontare come quelle che si usano in campeggio – occupa circa un terzo del libro! I capitoli 25-31 e 35-40, cioè 13 capitoli su 40 parlano proprio di questa tenda mobile. Come lettori moderni che non hanno neppure mai visto un tabernacolo dobbiamo interrogarci su questa importanza, capirne il perché e scoprire se è tale anche per noi.

1. Offrire di cuore.
Quando il Signore parla a Mosè all’inizio di questo capitolo, prima ancora di pronunciare la parola “santuario” o “tabernacolo” parla di “offerta” (v.2). Dunque prima ancora di capire cosa sia il tabernacolo, e pensando semplicemente che è un qualcosa che riguarda la presenza di Dio, possiamo dire che è importante perché fa parte di un’offerta che Dio chiede al popolo di fare.
Ma tipo di offerta deve essere per essere accettata? Ha due caratteristiche: deve essere fatta con il cuore, e deve essere fatta di certi metalli, certe stoffe, certe pelli, certi tipi di olio e di pietre. Potrebbe sembrare una contraddizioni quella di chiedere la spontaneità ed il coinvolgimento e al contempo porre dei limiti sul tipo di offerta: chi offre col cuore, potrebbe pensare di offrire quello che gli pare a lui… In realtà le indicazioni servono per evitare che il donatore creda sia che il dare di per sé possa piacere a Dio, sia che faccia un’offerta priva di valore, ingannandosi. Chi dà con tutto il cuore, non dà oggetti di scarso valore.  E qui non siamo in un contesto in cui sono presenti classi sociali e poveri tra le persone del popolo, anzi, ricordiamo che uscendo dall’Egitto gli ebrei hanno preso agli egiziani i loro gioielli. La prima cosa che anche noi moderni possiamo imparare dal tabernacolo è che siamo chiamati a dare, anche materialmente a Dio, per il funzionamento di chiese, opere missioni. In questo dare Dio ci ricorda che dobbiamo metterci il cuore, sentire fino in fondo i progetti per cui diamo; al contempo ci esorta a non dare gli scarti o le cose di poco valore, ma cose preziose come i metalli elencati. Credo che l’apostolo Paolo, quando esortava i Corinzi a donare, seguisse proprio questo spirito: “Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo: non di forza, né di malavoglia, perché Dio ama un donatore gioioso”. (2 Cor 9,7)

2. Una nuova concezione della presenza di Dio
Il tabernacolo è quindi il risultato di un comandamento e di un’offerta, ma dobbiamo ancora capire perché è così importante. Potremmo dire che segna un vero e proprio cambiamento della presenza di Dio in mezzo al popolo. Nel corso degli anni Dio ha scelto di fare avvertire la sua presenza in modi diversi, ed oggi è sicuramente diverso da come era al tempo di quel tabernacolo; nondimeno il tabernacolo rappresenta una tappa importante che va in una direzione a cui siamo arrivati, forse, solo oggi.
Innanzi tutto la presenza di Dio non è più occasionale, ma diventa costante. Finora abbiamo visto Dio che parla o con angeli, o con apparizioni, o ancora dal monte in momenti precisi e solo con Mosè. Da adesso invece il tabernacolo rappresenterà il luogo in cui si incontra Dio, e sarà costantemente presente con il popolo. Sarà inoltre più vicino e non più osservabile a distanza sulla vetta della montagna. Inoltre sarà mobile, cioè si sposterà assieme al popolo camminando con lui. Tornerà a diventare fissa quando il popolo si stabilirà nella terra promessa, e quindi si fermerà, ma per ora segue il popolo nel suo cammino.
Possiamo dire che il tabernacolo, pur essendo un’istituzione transitoria, tra le altre cose ricca di valore simbolico, va in quella direzione per cui Dio si manifesta come sempre più vicino agli uomini, chiamandoli ad un incontro che avviene nell’interiore del loro cuore. Questo però avviene per tappe: il fatto di essere ora costante, vicino ed in cammino con Dio, è un passo avanti, che prefigura le tappe successive. La prossima sarà il santuario, che è molto simile solo che è stabile. La successiva è Gesù stesso che dice di essere il tempio (disfate questo tempio in tre giorni e lo rifarò), seguita da quella tappa in cui Dio invia il suo spirito in noi, rendendoci tempio dello Spirito Santo:
“Ho ancora molte cose da dirvi ma non sono ancora a portata vostra. Quando sarà venuto lui però, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito e vi annuncerà le cose a venire” (Giov 16,12-14).
“ Non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo” (I Cor 6,19).
Tutto ciò fa parte della storia della rivelazione di Dio, del mondo in cui lui sceglie di farsi percepire dagli uomini. Noi guardando a distanza il tabernacolo che rappresenta la presenza del Signore, possiamo solo dire grazie ad un Dio che si è progressivamente avvicinato a noi, fino ad essere in chi lo riconosce come Signore, rendendo inutile la presenza di santuari e templi, che pure sono stati una tappa importante di questo cammino di interiorizzazione del divino nell’uomo.

3. Un modello conforme.
Nella parte conclusiva del passo leggiamo che il tabernacolo deve essere conferme ad un certo modello. La descrizione è in effetti molto lunga, come anche nella parte finale del libro è molto lunga la descrizione della costruzione. Ci si potrebbe chiedere perché tanti dettagli ed istruzioni su questa tenda che invece potrebbe lasciare uno spazio più ampio alla creatività umana… Forse però proprio l’osservazione della creatività umana nei vari templi costruiti in altre religioni ci fa vedere che facilmente l’uomo tende all’antropomorfismo, cioè a farsi un dio a propria immagine e somiglianza, con statue, immagini ed altro, che finisce per sminuire Dio ed esaltare l’uomo. Probabilmente dunque tanta precisione ed abbondanza di dettagli viene dal fatto che Dio vuole mettere alla prova la fedeltà del popolo, chiamato a costruire con molta attenzione, secondo un modello preciso, e non arbitrariamente dando luogo a delle mostruosità, come accadrà con il vitello d’oro che infatti è frutto della libera iniziativa e creatività del popolo.
Questo però mi fa pensare ancora una volta che la presenza di Dio è qualcosa di prezioso, di accurato, e che forse è bene che sottostia ad alcune regole. Gesù non ci ha lasciato regole molto precise, se non quelle dell’umiltà, della segretezza del nostro incontro con Dio, della sua interiorità. Credo che siamo liberi di scegliere come ritagliare il nostro tempo con Dio, purché cerchiamo di essere precisi e minuziosi: cerchiamo ogni giorno, proprio come se seguissimo un modello con delle precise regole, di passare del tempo con Dio, magari da darci anche delle scadenze precise, come la lettura di un certo numero di passi, o una lettura panoramica della Bibbia – che non può che sottostare a regole – o ancora di libri. Non credo sia una forzatura paragonare il santuario e la sua precisione, all’attenzione che dobbiamo mettere anche noi oggi a costruire il nostro rapporto con Dio. Perché se viviamo in quella tappa in cui percepiamo Dio in modo più interiore, non possiamo negare che la vita svia, ha le sue pretese e sovrasta facilmente le parole che Dio ci vorrebbe dire. Allora, senza costruire noi tabernacoli concreti, ripensiamo ad un tabernacolo personale, fatto di tempo, o azioni dedicate alla presenza di Dio che ci consenta di crescere di continuo nella fede, secondo il modello perfetto di Gesù Cristo.

Nessun commento:

Posta un commento