mercoledì 13 febbraio 2013


Galati 5, 16-25: La carne e lo spirito
16 Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; 17
 la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
18 Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. 19 Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, 20 idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21 invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. 22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23
 contro queste cose non c'è legge.
24 Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri.25 Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
Qualche settimana fa mi è stato chiesto di dare un'opinione in merito ad un opuscolo inventato dai grafici pubblicitari della mia scuola che aveva come titolo: "Peccati della carne" e che di fatto rappresentava una faccia con occhi, naso e bocca fatta di salsicce, hamburger, braciole ed altro. Era un volantino per pubblicizzare l'unione macellai di Lucca, e lo slogan era giocato proprio sul doppio senso di carne. Questo doppio senso non esisteva nel greco usato da Paolo, e con carne si intendeva semplicemente: condizione umana, fatto di essere un corpo costituito da razionalità e corpo terreni e sensibili. Prima di cominciare a commentare questo passo è opportuno fare questa precisazione, perché lo slogan che ho citato ed un certo uso del termine "carne", come dell'aggettivo "carnale" identificano genericamente questo termine con la sfera della sessualità. Questa non è esclusa certo dalla corporeità, ma sarebbe molto limitante identificarle. Paolo, parlando di carne ha quindi in mente qualcosa di più ampio: tutto l'uomo con la sua mente umana, limitata dalla sua cecità spirituale, e dalla sua razionalità potente ma anche limitante. L'uomo limitato dai suoi confini fisici e dalle sue pulsioni, che agiscono in lui in maniera fortissima. L'uomo quindi in quanto tale, fatto di una parte sensibile ed una immateriale, ma pur sempre limitate. La carne non è quindi una parte costitutiva dell'uomo, come potrebbe essere nel pensiero platonico, ma un orientamento umano della persona.
1. La lotta tra carne e spirito
Il passo si apre con un'esortazione: "camminate secondo lo Spirito". A cui segue la promessa che camminando per lo Spirito, cioè sotto la guida dello Spirito di Dio, non saremo portati a soddisfare quei desideri che hanno tutti gli umani e che caratterizzano la condizione umana, che verranno a breve elencati. Ora, un'esortazione, "camminate", implica che c'è una volontà da esercitare, una lotta da fare contro qualcosa che la volontà deve vincere. Il motivo per cui Paolo inizia con un'esortazione è spiegato di seguito: chi ha ascoltato l'evangelo ed ha creduto è entrato in una nuova vita, caratterizzata appunto dalla presenza dello Spirito. Convertirsi significa ricevere lo Spirito Santo nella propria vita e sperimentare un rinnovamento interiore che smorza i desideri della condizione umana. Questa tuttavia non è cancellata e l'uomo rimane continuamente conteso tra questi due poli: lo Spirito che lo porta verso la libertà e verso Dio, la carne che lo vorrebbe riportare in schiavitù, limitandolo ai confini ridotti della sensibilità. Il punto da capire è il seguente: che ruolo ha l'uomo in questa lotta tra carne e spirito? Ha delle responsabilità o è semplicemente in preda a due cavalli che lo tirano in direzioni opposte? Frasi come il v. 17 "la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda: sicché voi non fate quello che vorreste", farebbe quasi pensare ad una deresponsabilizzazione dell'uomo, preso quasi in una morsa. In Romani 7 lo stesso concetto è espresso, ed è quello della condizione di un uomo che fa quello che non vuole e quello che vuole non lo fa. Prima di dare una risposta guardiamoci intorno. Mi pare che la contraddittorietà dell'essere umano sia un dato di fatto. Anche nel nostro tempo in cui ci pare di essere molto liberi e di esserci affrancati da mille barriere ci rendiamo conto che in realtà pochissimi agiscono in modo veramente libero e che una serie di motivazioni "carnali" guidano le scelte delle masse: la paura, l'interesse, il desiderio di successo immediato, la soddisfazione, l'illusione di un po' di calma, l'obbedienza a certi riti... Ad esempio in questi giorni di festività natalizie vediamo milioni di persone riversarsi nelle strade a comprare compulsivamente regali per più gente possibile, salvo poi affermare che sono stressati e che avrebbero preferito non fare niente. Oppure, per fare un esempio ancora più banale, si può pensare a quante persone vorrebbero smettere di fumare e non ci riescono; o, sempre per fare un riferimento alle feste, a mangiare di meno, ma anche qui non riescono, perché la gola vince...
Il pensiero di Paolo quindi è molto attuale e incontra pienamente quella grossa massa di persone che si sentono e sono deboli, che vorrebbero cambiare, ma non ci riescono, che si sentono schiacciati dal peso della loro stessa umanità. Paolo ci invita oggi a non sentirci dei mostri se non riusciamo ad avere una vita perfetta e santa come vorremmo! Ma non sta affermando che l'uomo non abbia responsabilità nella lotta carne/spirito, al contrario! Comincia con l'esortazione di camminare per lo Spirito, ma poi sottolinea che la potenza della carne è enorme! La psicanalisi freudiana ha parlato di pulsioni inconsce, e forse in questo ha dato un utile contributo alla comprensione del fatto umano: l'uomo è abitato da forse che lo sorpassano e lo sovrastano, e spesso soccombe... Ma questa illustrazione della potenza della condizione umana, della corporeità e dei suoi limiti è incorniciata da queste due esortazioni: camminate secondo lo Spirito e: 18 Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge". C'è quindi molto spazio per la responsabilità che ha ogni credente nello sfuggire alle pulsioni, alla potenza della carne che tende a schiacciarlo e ad imprigionarlo, ed è costituita da questi due atti:
  • camminare secondo lo Spirito per vincere il desiderio
  • Lasciarsi guidare dallo Spirito per vincere la condanna della Legge.
Paolo non invita a fare sforzi, ma a cambiare prospettiva. Gesù disse che i mali di questo mondo non vengono da quello che entra nel corpo, ma da quello che esce dal cuore. E quello che esce dal cuore, non esce dal corpo. Tutto parte dai pensieri che facciamo, o da come assecondiamo e lasciamo crescere pulsioni di vario tipo: di vendetta, di collera, di sessualità, di invidia... Prima ancora di fare un lungo elenco Paolo ci rassicura: vincere tutto quello che descriverà è possibile: camminando secondo lo Spirito e lasciandosi guidare dallo Spirito. Facendo quindi prevenzione spirituale sulle nostre vite, e ricercando l'incontro con lo Spirito di Dio in ogni istante della vita.
2. Un po' di concretezza.
Per evitare di essere fraintesi la cosa migliore è dare degli esempi. E Paolo ne fornisce una lista che lui stesso definisce non completa, ma che è comunque chiara. Più che descrivere ogni singola opera della carne, credo sia interessante raggrupparle per vedere quali ambiti riguardano:
  1. Fornicazione, impurità, libertinaggio. Queste opere riguardano il sesso, ed il suo uso scollegato dall'amore: relazioni che non rientrano nel matrimonio, plurime o individuali, e comunque sia un uso del sesso che prende in considerazione solo il mero dato corporeo senza inserirlo in un percorso relazionale tra chi lo pratica. E' una perversione dell'amore e rende schiavi, non liberi di amare veramente.
  2. Idolatria, stregoneria (o magia). E' il regno dell'occulto e della falsa divinità, e perverte il corretto rapporto con Dio. Cerca la potenza e la forza del cambiamento della realtà, sia come invocazione, che come pratica, non nel Dio onnipotente e creatore ma in altre entità, che ugualmente rendono schiavi e chiedono qualcosa in cambio.
  3. inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie. Riguarda la vita in società, e pervertono i rapporti tra uomini. Queste opere della carne sono quelle che rendono la nostra società quello che è, povera di valori, poco solidale e guidata dall'interesse.
  4. Ubriachezze e orge. Queste riguardano infine il cibo, ed un rapporto degradato con un qualcosa che serve come sostentamento, volendo anche come contributo alla convivialità e alla gioia comune, ma che rischia di pervertirsi per degradare l'uomo, riducendolo alla sua pancia o a fargli perdere il controllo.
Colpisce che ognuna di queste opere della carne ha la caratteristica di degradare e pervertire un rapporto che potrebbe invece essere ricco, umanizzante ed edificante. E colpisce anche il monito duro di Paolo: persistere in queste opere, praticarle nella continuità (rileviamo che in greco il "fanno" è un participio presente, che ha un valore di duratività) significa non ereditare il regno di Dio! I credenti che si dicono tali ma non vogliono deliberatamente abbandonare queste opere non si illudano! Non parliamo di quei credenti che sbagliano, cadono, vorrebbero ma non riescono, ma comunque lottano e si sforzano di liberarsi dalla schiavitù in cui queste opere li relegano. Parliamo di chi, dicendosi credente, vive piacevolmente secondo questo stile carnale.
A queste si oppongono i frutti dello Spirito che potrebbero essere riassunti nell'unico frutto: l'amore, di cui ugualmente vediamo una serie di sotto-frutti: è forse possibile anche qui vedere l'amore come una serie di caratteristiche che vanno verso l'altro: gioia, benevolenza, bontà, fedeltà, sommate ad un'altra serie che invece accoglie l'altro: pace, pazienza, mitezza, dominio di sé, anche in risposta ad eventuali attacchi, provocazioni o torti. Ed in fondo l'amore si potrebbe proprio riassumere in questo: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, per quel che riguarda il primo gruppo; e porgi l'altra guancia per il secondo. Non c'è legge che regga contro queste cose, nel senso che tornando al problema della giustificazione, chi agisce in nome dell'amore, con quella fede operante per mezzo dell'amore di cui abbiamo detto, sta mostrando di avere dentro di sé la vera fede, e di essersi sottratto dal giudizio della legge.
3. Crocifissione e cammino.
La frase finale è un efficace riassunto con due immagini molto belle di quanto detto. La vita cristiana si riassume in due azioni molto semplici, ma estremamente profonde e dense: capire fino in fondo la portata della crocifissione. Dire che Cristo è morto per noi significa dire che quella serie di opere che abbiamo descritto, che spesso avvinghiano anche i credenti, non hanno l'ultima parola, perché sulla croce hanno perso. Sulla croce sono inchiodate, nel senso che la gioia del perdono che chi le ha commesse riceve, è più grande della voglia di continuare a praticarle.
Parallelamente la vita è cammino: non è solo sosta di riflessione per lavare le proprie sporcizie, ma cammino, slancio verso la vita grazie allo Spirito per prodigare quei frutti dello Spirito che abbiamo visto. Alziamoci la mattina rileggendoci la lista in cui si declina l'amore: prendiamoci il proposito di camminare ogni giorno secondo uno di quei frutti specifici. Stiamo attenti perché non si tratta di virtù naturali che fanno o non fanno parte del carattere. Si tratta di frutti dello Spirito che sono pronti e a disposizione di chi accetta di viverli e di riceverli dalla guida dello Spirito. La gioia è un frutto e va coltivato, non è l'euforia; la pace non è la passività, o l'assenza di guerra, ma è l'impegno per la pace e il diffondere pace; la pazienza non è la sopportazione, ma il sapere vedere Cristo in chi non si sopporta; la benevolenza non è il soldo dato per pulirsi la coscienza, ma il mettere l'altro prima di noi; la fedeltà non è l'attaccamento motivato da paura o da abitudine, ma una scelta che prescinde dalle circostanze; la mitezza, non è la dabbenaggine, ma la calma che viene dalla fiducia nell'assoluta sovranità di Dio sulla realtà; l'autocontrollo non è il frutto di pratiche zen, o di ginnastiche autoconvincenti, ma il frutto del lavoro dello spirito nei caratteri collerici.
Camminiamo e viviamo nello Spirito.

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