mercoledì 13 febbraio 2013


La Bibbia e l'economia

Luca 16,19-31

Il ricco e il mendicante Lazzaro
19 «Or vi era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e bisso, e ogni giorno banchettava copiosamente.20 Vi era anche un mendicante chiamato Lazzaro, che giaceva alla sua porta tutto coperto di piaghe ulcerose, 21 e desiderava saziarsi delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Or avvenne che il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abrahamo; morì anche il ricco e fu sepolto. 23 E, essendo tra i tormenti nell'inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno. 24 Allora, gridando, disse: "Padre Abrahamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito per rinfrescarmi la lingua, perché soffroterribilmente in questa fiamma". 25 Ma Abrahamo disse: "Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la tua vita e Lazzaro similmente i mali; ora invece egli è consolato e tu soffri. 26 Oltre a tutto ciò, fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi". 27 Ma quello disse: "Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e così non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". 29 Abrahamo rispose: "Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli". 30 Quello disse: "No, padre Abrahamo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno".31 Allora egli gli disse: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti"».

Qualcuno potrà forse pensare che la Bibbia sia un testo che si occupa di spiritualità, di fede, di rapporto con Dio e che di una materia come l'economia, così attuale oggi in tempi di crisi e di scandali finanziari, resti lontana dalle Sacre Scritture. Niente di più falso. L'economia è nel cuore dell'attenzione delle parole di Gesù, perché riguarda la gestione dei beni della vita di ogni uomo, e la ridistribuzione dei beni tra gli uomini, permettendo una vita dignitosa o meno. Questa parabola, che si inserisce in un contesto in cui Gesù parla proprio di ricchezza e povertà riguarda proprio l'economia, senza ovviamente scollegarla dalla spiritualità. Ma esiste forse una spiritualità che possa trascurare la concretezza della vita?

1. I contrasti

La parabola inizia descrivendo due situazioni diametralmente opposte: il ricco, che non ha nome e viene indicato solo per la sua opulenza, sta materialmente bene. Si veste con stoffe care come la porpora, particolarmente costosa da produrre ed il bisso, una specie di seta marina prodotta da un mollusco ed usato per i vestiti di persone importanti. Mangia a volontà e al di sopra dei suoi bisogni, in tipico stile romano, magari vomitando quello che era di troppo. E poi ha una casa con una bella tavola con una porta, elemento di separazione tra lui e Lazzaro, il povero che a questa porta siede in attesa che qualcosa caschi. Lazzaro quindi non ha casa, ma giace davanti alla casa di un altro; non ha cibo ed elemosina quel che cade dalla tavola del ricco; non si sa se abbia vestiti o meno, ma come il ricco è coperto di vestiti lui è coperto di piaghe. Quindi è sporco e malato. Mentre si presume che il ricco inviti amici ai suoi banchetti, Lazzaro ha come persone che lo circondano dei cani. E questo atto di leccare le ferite non ha niente di romantico, al contrario indica che questi cani, considerati in Israele animali impuri e pericolosi, cercavano di mangiarlo ed abbassavano ulteriormente la sua situazione di povero.

E' un'immagine attuale, paradigmatica di quel che capita oggi? Direi che non potremmo trovare di meglio nella Bibbia: in una rapida rassegna su internet trovo che buttiamo via oggi circa la metà del cibo commestibile che produciamo: circa 2 miliardi di tonnellate l'anno. Questo mentre alcuni paesi in via di sviluppo hanno ancora situazioni di fame; parlavo con un amico che è un dirigente del Carrefour a Lucca e mi diceva che solo nel Carrefour di Lucca si buttano via 100.000 euro di cibo l'anno - lui cercava di impegnarsi per scendere alla metà. Oppure vogliamo pensare a quelle immagini di bambini che rovistano nelle discariche in cerca di materiali da riciclare e vendere, rischiando continuamente di ammalarsi per la tossicità dell'ambiente? Personalmente ho letto e visto filmati su discariche in Kenia, in Cambogia, ma non ne mancano certo nel resto del mondo. A me, sempre per esperienza personale, hanno sempre fatto molto pensare le macchine vecchie che vengono dismesse qui in Europa perché non conformi alle norme anti-inquinamento e spedite in Africa. Ne ho viste tante in Togo, tutte vecchi Toyota, Mitsubischi e altro, che inquinano altri ambienti in cui non ci sono normative. Viviamo in un mondo che la parabola del ricco e di Lazzaro descrive alla perfezione, di cui siamo tutti un po' complici senza sentirci responsabili in prima persona.

2. La punizione

Sbaglierebbe che volesse leggere in questa parabola solo un messaggio di salvezza per chi è povero. Certo, il concetto di povertà tanto nell'Antico che nel Nuovo Testamento indica una condizione particolare, spesso una dimensione di vicinanza con Dio, ma non in modo così immediato e diretto. Mi spiego: nell'Antico Testamento si parla spesso degli "anawim" termine ebraico che non indica semplicemente la mancanza di mezzi di sostentamento, la povertà materiale; indica una conduzione di persecuzione, può essere tradotto con misero, oppresso, umile, povero ed indica una categoria di persone che vive in una dimensione spirituale ed umana per cui, priva di ogni appoggio e perseguitata dal potere, trova solo in Jhavéh la forza di andare avanti. Lo stesso possiamo dire del Nuovo Testamento, di cui ricordiamo il sermone sulla montagna: in Matteo di dice che i poveri in Spirito erediteranno il regno di Dio, in Luca semplicemente i poveri: ma si fa riferimento appunto a questa categoria e non si esalta la povertà in quanto tale, come se la mancanza di mezzi di sostentamento potesse di per sé essere motivo di salvezza.
Il punto centrale della parabola tuttavia è un altro. Non ci viene proposta per dirci che Lazzaro è stato salvato o come lo è stato: questa parabola è un avvertimento sull l'uso della ricchezza di cui disponiamo e sulla nostra capacità di indignarci rispetto alle ingiustizie che vediamo nel mondo. Al cuore della parabola c'è il ricco che dopo aver goduto viene punito, e quel che si sottolinea è l'ineluttabilità della punizione.

3. Le parole di Lazzaro.

In una scena che è veramente "parabolica", nel senso di esemplare ma non reale assistiamo ad un dialogo tra morti, che mai altrove troviamo nelle sacre scritture e che ci indica la natura iperbolica del racconto. Non ci serve a sapere quali siano le dinamiche della comunicazione tra inferno e paradiso, ma a capire quanto è grave trascurare il problema della povertà se si ha il potere di far qualcosa per ridurla.
a. La prima parola che dice Lazzaro è un'invocazione di aiuto ad Abramo. Ma non pare aver capito molto dei motivi della sua situazione. Considera ancora Lazzaro come una specie di suo servitore che, anche dopo la morte, dovrebbe muoversi per dargli sollievo - senza ricordare che quando era in vita lui non gli aveva dato neppure da mangiare, se non i resti. Il ricco non ha capito che il principio secondo cui si raccoglie quello che si è seminato è veramente reale: se ci si è sollazzati nel cibo e nella ricchezza trascurando chi sta male, non si deve poi sperare di poter avere sollievo: l'inferno è una cosa seria e non ci si sta bene... Ed è il frutto delle scelte fatte in vita. E d il ricco le ha fatto, come noi oggi abbiamo fatto le nostre.
b. La chiarezza della scrittura. La seconda parola del ricco potrebbe indicare un cambiamento nel suo cuore, ma a ben guardare sembra che il suo interesse principale stia nel salvare qualcuno della sua famiglia... Comunque si è reso conto che trascurare la povertà è sbagliato, quindi pensa che almeno i suoi fratelli possano salvarsi. Ma la risposta di Abrhamo è chiara: hanno Mosé ed i profeti. E' una risposta estremamente pertinente. Ricordiamo il giubileo nel libro del Levitico di Mosé o le numerosissime esortazioni dei profeti contro la ricchezza malvagiamente acquistata? (Isaia 58, Amos e Michea per intero sono solo esempi). L'antico testamento rigurgita di avvertimenti e parole che avvertono: non si può celebrare culti, dirsi figli di Dio, popolo eletto o altro e trascurare le ingiustizie prodotte dall'ineguale distribuzione dei beni.
C'è quindi un avvertimento chiaro per ogni lettore di Bibbia, per ogni frequentatore di chiesa: quale percentuale delle nostre entrate va ad ad aiutare i poveri? Quale fetta del nostro bilancio di famiglia è destinato a chi ha bisogno? E come chiesa: quale quota diamo a persone in difficoltà? Attenzione perché se prendiamo sul serio questa parabola rischiamo di avere una fede finta, mutilata.
c. La cecità della ricchezza. L'ultimo tentativo del ricco e di dire che un morto risuscitato può essere un argomento convincente per cambiare, per rendersi conto che lasciare i poveri nella loro condizione continuando a sollazzarsi è sbagliato. L'idea dei morti che ritornano viene spesso usata nell'antichità come elemento convincente. Ma Gesù, parlando per bocca di Abrahamo la esclude, ed è categorico. Eppure sembrerebbe fare allusione alla sua stessa resurrezione ed al fatto che da tanti non sarà creduta. Credo che ci sia un'idea importante nelle parole di Abrahamo: lo stile di vita scelto dal ricco e dai suoi rende ciechi e duri. E quando si è assuefatti da un mondo di agi e di comodità è difficile vedere la condizione di chi soffre. Quando puliti e profumati sentiamo avvicinarsi un barbone che puzza, è inutile che ce lo nascondiamo: ci fa schifo! Ci dà noia e ci viene voglia di allontanarlo, non di andare verso di lui e di aiutarlo. C'è il rischio che l'assuefazione provocata da un certo sistema in cui si è immersi ci renda insensibili anche rispetto a fatti sconvolgenti come la resurrezione di un morto. Questo messaggio allora è proprio per noi che viviamo in un mondo ricco. In questo mondo i poveri non mancano, anzi ultimamente aumentano e vivono male, ma proprio perché siamo abituati a pensarci come il mondo industrializzato, li vediamo di meno, nascosti dal manto di ricchezza che sembra ricoprire tutto.
L'impegno dei credenti deve allora essere a 360 gradi: cominciare dalle proprie tasche, continuare con il proprio stile di vita, che deve essere sobrio e non dispendioso; andare avanti con iniziative concrete di aiuto; e finire anche con scelte politiche chiare, per chi - nei limiti della furbizia umana - si propone quantomeno di favorire la ridistribuzione della ricchezza. Perché in gioco è la salvezza.

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