mercoledì 13 febbraio 2013


Galati 6, 6-10. Si raccoglie quello che si semina

6 Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce. 7 Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. 8 Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. 9 E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. 10 Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

La lettera di Paolo ai Galati volge al termine ed il linguaggio ricco e fitto di costruzioni complicate, lascia spazio a brevi punti con principi generali che riassumono i vari argomenti trattati. In questo ultimo passo, prima della vera e propria conclusione, Paolo enuncia un principio generale che declina in tre importanti ambiti della vita. Il principio è che l'uomo raccoglie quello che semina. I tre ambiti, potrei anticiparli con tre semplici termini: parola, spirito e azione.
Quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Un principio che senza bisogno di grosse argomentazioni si impone per la forza della sua evidenza nell'esperienza sia di una civiltà contadina, che di una civiltà industriale: i contadini sanno bene che se seminano grano raccoglieranno grano; che se lo seminano di buona qualità lo raccoglieranno di buona qualità e viceversa. Noi, per cambiare contesto, sappiamo bene che se mettiamo nel motore una benzina sporca e di scarsa qualità lo roviniamo; come sappiamo che se mangiamo male, se seminiamo nel nostro corpo alimenti di bassa qualità, raccoglieremo malattie e debolezza. Questo è vero anche nello spirito: se seminiamo attorno a noi rabbia, litigi, ironia, malignità saremo ripagati con quelle. E che se seminiamo amore, gioia e pace, raccoglieremo amore gioia e pace. E' un fatto piuttosto evidente che non contrasta con la grazia di Dio, che ha la capacità di fertilizzare semine molto scadenti trasformandole in raccolti pessimi ed alberi marci in ottimi raccolti di frutta. Il fatto che Dio per grazia possa intervenire, e debba farlo, non cambia la ferrea necessità del principio, che vale comunque. Ed è un principio che vale in molti ambiti dei quali il nostro passo ne evidenzia tre.

1. Seminare nella parola.
Un primo punto su cui Paolo insiste è che chi è istruito nella parola deve fare parte di tutti i suoi beni a chi lo istruisce. Curioso che il verbo usato (koinoneito) è lessicalmente imparentato con il concetto di "comunione", a cui siamo soliti dare un valore spirituale molto pregnate. Paolo ci suggerisce dunque che un primo modo di "seminare" bene per raccogliere bene domani è quello di incoraggiare e sostenere la predicazione, l'insegnamento, quindi coloro che lo portano avanti. Non è un principio nuovo, né inderogabile e Paolo altrove precisa che lui stesso si è mantenuto ed ha lavorato per non essere di peso a nessuno (I Cor). Ma qui sottolinea l'importanza di contribuire all'insegnamento con i propri beni, che non sono necessariamente i soldi.
Per quanto questo principio non mi riguardi personalmente, perché non sono un predicatore pagato e mantenuto dalla mia comunità, ma ho il mio lavoro e gratuitamente svolgo il ministero di insegnamento nella mia chiesa, credo sia importante ribadire che l'insegnamento è una cosa molto importante e che perché vada avanti ci vuole la disponibilità da parte di chi riceve qualcosa a partecipare. Questo valorizza molto l'aspetto intellettuale, spirituale e concettuale della fede cristiana. Se è vero che questa non può esistere senza operare, senza agire e darsi da fare nel concreto, è vero anche che la fede è fatta anche di concetti, di parole, che strutturano la nostra visione del mondo, la nostra intelligenza ed il nostro modo di valutare la realtà. La fede cristiana non è un ortoprassi, cioè un credo in cui conta solo se si agisce male o bene, ma è un' misto di parole ed azioni che cooperano per il cambiamento radicale della vita umana e del mondo. Paolo invita i credenti a non sottovalutare l'importanza della parola contribuendo per come si può. Certo, Paolo lo dice all'inizio dell'era cristiana in un periodo in cui c'era bisogno di costruire, di formare un'intera chiesa che al tempo era fatta di poche persone molto deboli. Oggi, dopo venti secoli di storia cristiana durante i quali sono abbondati abusi di ogni tipo e durante i quali i rappresentanti della religione, il clero, le gerarchie, o anche brillanti predicatori televisivi hanno setacciato le tasche di tanti poveri fedeli, quando sentiamo dire una cosa del genere storciamo il naso... Ma il vero cristianesimo continua a seminare per la parola. Non va a sperperare in cose inutili, ma va a cercare canali in cui la parola viene predicata correttamente con un impatto forte sulla realtà circostante. E allora se seminiamo perché venga piantata la sana parola, raccoglieremo intorno a noi persone rinnovate da questa parola.

2. Seminare nello Spirito o nella carne.

Nel capitolo 5 di questa lettera Paolo ha dedicato una lunga sezione alla carne e allo Spirito, identificando nella prima l'egoismo umano con i suoi diversi peccati e nel secondo l'incontro con Dio e la liberazione dall'egoismo umano per rivolgersi a Dio e al prossimo. Alla conclusione dell'epistola Paolo non può non riprendere un tema tanto fecondo che deve far riflettere chiunque legge. L'immagine della semina è molto bella e ci aiuta a pensare la nostra vita secondo un'immagine, quella della semina, che non è scontata. Pensiamo un po' che veramente ogni cosa che facciamo è un seminare che avrà frutto. Pensiamo ai nostri figli: ogni parola che diciamo loro, un domani rispunterà, nel bene come nel male. Ogni critica che facciamo ad un amico, ad un fratello, condizionerà il raccolto della nostra amicizia, nel bene e nel male. Ogni azione che commettiamo, condizionerà il nostro rapporto con Dio, nel bene come nel male. Se siamo un po' realisti ci rendiamo tutti conto che i nostri raccolti non dovrebbero essere un gran ché... eppure il Signore spesso si dà delle grandi benedizioni! Stiamo attenti a non confondere i semi con i frutti: seminare nello spirito significa vivere nello Spirito. Se non conosciamo Dio e non lo abbiamo ancora incontrato, significa convertirsi e dare a Lui la propria vita. Se invece l'abbiamo incontrato e magari lo stiamo trascurando o mettendo da parte, significa tornare a Lui. E se lo serviamo fedelmente significa continuare a servirlo! Questo è seminare nello spirito e porterà i frutti di pace, di gioia, di benignità di cui la lettera parla al capitolo 5. Seminare nella carne significa invece voler vivere la propria vita autonomamente, come se Dio non ci fosse, a prescindere da quell'impronta che ha la sua forma che è dentro di ognuno di noi, e che quando manca lascia un vuoto terribile. Possiamo non sentirlo e rimuoverlo, ma c'è!
Seminare nello Spirito significa quindi raccogliere la vita eterna! Significa relativizzare la finitezza di questa vita, che Paolo chiama corruttibile, cioè che si corrompe, che non dura, per ereditare una vita che dura in eterno e che è vissuta in un'armonia perfetta con il Dio che ci ha creati. Seminare nella carne significa invece raccogliere la morte: significa avere qualche gioia fatta di alcool, di droga, di sesso, di divertimento, di violenza, di megalomania, di autonomia qui ed ora, ma niente dopo. Perché quindi non cogliere il meglio?

3. Seminare il bene.
Infine l'azione concreta: la fede, si diceva, è fatta di parole che danno un senso alla realtà. Se questo però non orientano anche un agire rimangono prive di senso e prive anche di realtà. L'incoraggiamento di Paolo è molto generale: "non stancatevi di fare il bene"... Di una generalità tuttavia che non ha niente di generico e che può essere facilmente precisata: fare il bene significa fare bene il proprio lavoro, non sfuggire al volto degli altri ma andargli incontro, aiutare chi ha bisogno, soccorrere chi sta male, dare da mangiare a chi ha fame, vestiti a chi ha freddo, istruzione cultura e mezzi di comunicazione a chi non ne ha, appoggio psicologico a chi è depresso... e potremmo aggiungerne tanti. Ma come vediamo Paolo non si concentra tanto sul dettagliare le diverse forse di "fare il bene", probabilmente perché in fondo c'è un qualcosa di intuitivo in questo bene. Il suo monito riguarda il non stancarsi di farne, perché è qui che vengono le difficoltà. Vuoi perché si comincia con grande entusiasmo, ma quando si si rende conto quanto faticoso e difficile sia fare veramente il bene, si lascia perdere. Vuoi perché spesso ci si dà un gran da fare, ma poi ci si annoia... sempre le stesse cose, oppure pochi frutti... Incoraggiamo persone che rimangono tristi; aiutiamo persone che spendono male i soldi e che continuano a spenderli male... Stiamo accanto a malati che poi magari vengono meno. Paolo ci incoraggi a vedere tutto dal punto di vista della raccolta! Non stanchiamoci perché prima o poi raccoglieremo. Potremmo anche applicarlo alla nostra ridotta realtà di chiesa: non stanchiamoci di incontrarci, di costruire, anche se ci conosciamo fin troppo bene e spesso non vediamo frutti, perché questi arriveranno! Il tempo di Dio non è il nostro, e neppure quello dell'agricoltura con stagioni fisse. Può essere più lungo o più corto. Ma ci sarà una raccolta.
Infine una coda: perché soprattutto verso i credenti? Sono forse privilegiati, o bisogna fare distinzioni tra uomini? Certo che no. Semplicemente Paolo suggerisce di cominciare da quelli che sono immediatamente vicini, cioè quelli che "abitano la casa della fede " (trad. letterale per indicare i credenti). Non ha senso andare a cercare di fare il bene a mille chilometri di distanza se in casa nostra c'è qualcuno che ne ha bisogno: si cominci da quello e poi si continui. E forse anche per un motivo pratico: se la casa di Dio funziona bene, è anche in grado di aiutare di più.

Siamo in campagna elettorale, e noi come credenti non abbiamo alcun partito prediletto. Tutti inventano degli slogan, ed io ne voglio creare uno perché dopo il voto politico si scelga per Gesù!
Partito Seminiamo parole, seminiamo nello Spirito, seminiamo il bene!

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