venerdì 17 gennaio 2014


Come amministrare? Esodo 18,13-27 – Marco 3, 13-18

8 dicembre 2013 alle ore 20.51
Esodo 18,13 Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14 Allora Ietro, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos'è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». 15 Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16 Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l'uno e l'altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». 17 Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! 18 Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. 19 Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta' davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20 A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere.21 Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22 Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23 Se tu fai questa cosa e se Dio te la comanda, potrai resistere e anche questo popolo arriverà in pace alla sua mèta».
24 Mosè ascoltò la voce del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. 25 Mosè dunque scelse uomini capaci in tutto Israele e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26 Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27 Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò al suo paese.
Marco 3, 13-18
13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici che stessero con lui 15 e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.
16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; 17 poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo 19 e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

Stare all’ascolto dei consigli di un saggio appena integrato nella comunità di fede degli ebrei, è un privilegio che per il poco tempo che dura va sfruttato fino in fondo. Da quello che leggiamo pare di capire che Mosè sia rimasto insieme a suo suocero Ietro solo 2 giorni, ma viene da dire: “Che giorni intensi!” In quei due giorni si toccano punti cruciali tanto per la vita di Mosè e per la sua famiglia che per la vita del popolo di Israele. Abbiamo già visto che la famiglia naturale di Mosè viene integrata nella comunità di fede. In questo secondo giorno i consigli di Ietro riguardano l’intero popolo di Israele e la sua amministrazione. Proprio per questo è interessante leggerli in parallelo con il passo del vangelo che riguarda l’elezione dei dodici da parte di Gesù, momento breve che pure riveste tanta importanza. Questi due passi, pur nella loro diversità, hanno alcune caratteristiche che possono ancora ben ispirare la condotta dei un leaders di ogni tipo, e quella di chi invece è guidato. Ma nel leggere sia i leader che chi è guidato dovranno saper rispondere ad un triplice incoraggiamento ad imparare.
  1. 1.      Imparare a delegare
Ietro osserva Mosè ed il suo rapporto con il popolo e non ci mette molto a rendersi conto che la sua gestione del popolo non funziona. Genera malcontento perché il popolo passa il tempo ad aspettare, e genera stress in Mosè che si occupa a giornate intere di gestire delle liti tra le persone. In questo Mosè, seppure a fin di bene, commette certamente un errore. Si sopravvaluta pensando di poter gestire tutto, mentre sicuramente non riesce ad accontentare tutti e perde tempo per altri impegni importanti. Pecca inoltre di orgoglio, perché non sa fare a delegare e sottovaluta quindi le persone che sono intorno a lui. Ietro quindi consiglia di suddividere il lavoro: Mosè insegnerà le leggi a tutti – cosa che non poteva fare passando il tempo a giudicare – e interverrà solo nei casi più gravi. Questo implica due cose: riuscire ad umiliarsi e riuscire a fidarsi. Per quanto riguarda Gesù le cose vanno in modo un po’ diverso, perché non possiamo dire che gli sia mancata l’umiltà. Possiamo però dire che dà un esempio di umiltà ai discepoli e che ha in loro una grande fiducia, perché non è cosa da poco delegare a degli uomini la diffusione del regno di Dio.
Quanto osserviamo in questi due leader biblici lo possiamo prendere come esempio anche oggi. In ogni chiesa ci sono guide che le diverse denominazioni chiamano pastori, anziani, responsabili, vescovi o altro, e nel corso della storia le chiese cristiane hanno spesso camminato in una direzione contraria a quella della condivisione della responsabilità, creando strutture verticistiche ed autoritarie che collocano tutto il potere in una sola persona. È un rischio costante che si può prevenire con strutture adeguate, come consigli di chiesa che affiancano l’operato del leader, organi esterni di controllo, assemblee periodiche che esplicitano tutto quello che si fa. Queste tuttavia possono solo mitigare i danni laddove  manchino in chi giuda la fiducia e l’umiltà necessarie a guidare. Oltre a queste è importante che chi vuole guidare prenda sul serio il consiglio di Ietro misurando fino a che punto è disposto a fidarsi umilmente degli altri come Mosè dopo il consiglio di Ietro, e Gesù nella scelta dei 12 hanno fatto. Un rapido cenno all’attualità: la figura di Nelson Mandela recentemente scomparsa ha mostrato di saper agire in questo senso: eletto presidente ha rinunciato al potere, mostrando che a cuore aveva il servizio, non il potere.


  1. 2.      Imparare a collaborare
Non ci sono però istruzioni solo per i leaders in questo passo. Anche chi è guidato da qualcuno che ha riconosciuto responsabilmente come guida ha la sua parola da dire ed il suo ruolo da imparare. Se il messaggio centrale del passo è che la gestione del popolo di Dio, ma anche più generalmente la gestione di un popolo umano, non sono mai affari di un solo, ma responsabilità collettive, allora chi non è un leader deve essere pronto ad offrire tutta la disponibilità possibile a collaborare per in bene comune. Se è vero che esistono problemi nelle chiese legati al dirigismo dei leader è anche vero che molti problemi vengono dal rifiuto di assumersi delle responsabilità e dal fatto che delegare, che è difficile per chi è tendenzialmente dispotico, è molto comodo per chi è pigro. Verissimo che Dio dice che le gli uomini non parlano parleranno le pietre, ma è anche vero che in assenza di uomini disponibili ad annunciare, a lavorare con Gesù, il vangelo non passa…
La responsabilità che Mosè ha dato, non a chiunque, ma a certe persone, e che ugualmente Gesù a dato ai 12, quindi non a chiunque è grande. Ognuno di noi ha il dovere di aprire il proprio cuore davanti a Dio per capire come può collaborare, come può sgravare il lavoro della conduzione di un gruppo, come può contribuire favorendo la gestione della cosa comune. Perché se è fondamentale per un leader avere fiducia, è anche fondamentale che una volta che l’ha data senta di avere dei collaboratori su cui può realmente contare. Siamo quindi chiamati ad essere guidati, ma ad esserlo collaborando a guidare per la gloria di Dio e non per quella di un leader.

  1. 3.      Imparare ad ascoltare tutti
E’ significativo osservare da chi sia venuto il consiglio. Ietro è un madianita e non è israelita. Nel passo precedente abbiamo assistito alla sua conversione che è consistita nel riconoscere che Javeh è il più grande degli dei. Resta che si tratta di un non israelita. La saggezza del suo consiglio da dove è venuta? Dalla sua esperienza umana, dal suo essere stato sacerdote madianita o da una rivelazione divina? Il testo non si pronuncia né in un senso né in un altro, benché Ietro dica esplicitamente al v. 23 “e così Dio ti ordina”. Essendosi convertito da appena un giorno, possiamo pensare che la sua intelligenza umana, le sue esperienze che in quel campo erano superiori a quelle di Mosè, che è un leader nascente, siano state in pieno accordo con la volontà di Dio, che avrà confermato quello che sentiva. Si tratta infatti di consigli piuttosto ordinari che non richiedono chissà quali rivelazioni, ma che nondimeno vanno dati nei momenti giusti. Possiamo quindi aggiungere che un messaggio di questo passo è che bisogna imparare ad ascoltare tutti, anche chi è appena entrato in un gruppo, come Ietro, perché può avere uno sguardo anche più distaccato e chiaro sulle dinamiche del gruppo. Gesù tra i suoi sceglie gente piuttosto diversa; pescatori per lo più, ma anche esattori di imposte come Matteo, attivisti politici come Simone lo zelota. Ognuno arriva con la sua esperienza e la sua diversità. Non sono queste a qualificarli come buoni credenti, ma tutti si inseriscono con i loro bagagli culturali ed umani in un gruppo in cui avranno delle responsabilità.
La grossa sfida della chiesa di oggi è di imparare ad ascoltare veramente tutti. Nella società multietnica e plurale si può rischiare di marginalizzare all’interno della chiesa chi non fa parte di una chiesa da tanto, chi è straniero ed ha una comprensione della realtà diversa da chi è sempre stato in uno stesso posto. Il messaggio di Ietro è anche questo: seppure madianita, ed adoratore di Jahveh da poco il suo consiglio è stato importante e cruciale per la vita del popolo.

Nessun commento:

Posta un commento