venerdì 17 gennaio 2014


Esodo 17, 8-16: stare un'ora con le mani in alto e provare cosa si sente.

Può sembrare un modo strano di leggere la Bibbia, eppure proprio questo esercizio può portarci a capire diverse cose relative al passo che leggiamo oggi.

1. Gli amalechiti: perché tanto accanimento contro di loro?
I problemi di un viaggio nel deserto non sono solo la fame e la sete, ma sono anche dovuti alla presenza di nemici umani. Per altro quelli che incontriamo qui non sono propriamente degli estranei. Visto che Amalec viene nominato come qualcuno di noto, si sta sicuramente parlando di quell'Amalec figlio di Elifaz e nipote di Esaù, che vive nel deserto del Neguev e che è a capo di una popolazione di nomadi. Non viene spiegato perché attaccano, ma il messaggio è chiaro: Israele non deve illudersi che una volta uscito dall'Egitto i problemi di rapporto con altre popolazioni siano finiti. Amalec è una nuova incarnazione delle forze egiziane. Perché verrà maledetto con un verdetto così forte al punto che si deve scrivere quanto è successo? Perché se l'Egitto ha tentato di sterminare Israele come neonato, Amalec prova a farlo come adolescente, in un momento molto delicato del suo viaggio nel deserto. E' un episodio di guerra unico tra i racconti del deserto, eppure molto significativo.
Nella vita della fede si incontrano ugualmente nemici ed ostacoli proprio nei momenti di maggiore debolezza. Spesso nemici umani e spessissimo proprio all'interno delle stesse comunità di fede: persone di chiesa che vivono una fede falsa, autorità o lontane conoscenze che invece che incoraggiare la scoperta della vita la distruggono e la insidiano, scoraggiandola. E' una cosa gravissima frustrare la speranza di chi si avvicina a Dio, e per questo il peccato di Amalec è tanto grave. Mai come in questi momenti è necessario combattere, oggi ovviamente solo in senso spirituale, ma allora anche militarmente con le armi unite ad una presenza di Dio particolare.

2. La fede in Dio
Apparentemente Dio è assente dai momenti della battaglia. Non è lui che ha detto a Mosè di ingaggiare il combattimento e non è lui a suggerirgli la modalità di combattere con questa strana cerimonia per cui Mosè si tiene in cima ad un monte con le mani alzate. C'è sempre il solito bastone, operante nei diversi miracoli, ma soprattutto c'è una certa posizione di Mosè. Escludendo interpretazioni magiche tanto della posizione di Mosè quanto del suo bastone, credo che lo slanciarsi verso il cielo con le mani e con il bastone stesso di Dio sia un modo molto chiaro per dire che anche se l'impresa è partita da iniziativa umana, non andrà avanti senza una fiducia ed un riferimento costante a Dio. Non è la forza in sé dell'esercito che vince, ma il fatto di vedere Mosè con le mani alzate verso il cielo che permette di vincere. La lingua ebraica ci aiuta in qualche modo a capire questo forte rapporto tra mani alzate e fede: l'aggettivo "ferme", "solide" che nel v.13 è riferito alle mani di Mosè sostenute (emunah), viene una radice che indcia solidità, affidabilità, ma che è è usato anche per costruire il verbo "credere"; è anche la stessa da cui deriva la parolina "amen" che diciamo alla fine delle preghiere per indicare l'assenso. Insomma, questa posizione delle mani levate e la loro fermezza sono sono un simbolo di quella che deve essere la fede, del popolo di ieri come di quello di oggi. Non vinciamo le nostre vittorie e le nostre battaglie per la nostra forza propria, ma se riusciamo a visualizzare questa vittoria come un uomo che leva le mani al cielo. Se riusciamo ad avere una fede, certa, solida, ferma come le mani di Mosè che intercede per il popolo.
A questo si aggiunge che oggi, come credenti, abbiamo più di Mosè che intercede per noi: Cristo, quindi Dio stesso, non più a mani levate, ma levando se stesso come offerta a Dio intercede per noi presso Dio per ogni nostra lotta.

3. L'aiuto degli altri
Non è trascurabile in questo l'aiuto degli altri. Il passo comincia con Amalec, l'avversario, colui che si oppone al rogetto di Dio, ma questo non si traduce in una sfiducia complessiva sul genere umano. Oltre ad Amalec nel passo ci sono due importanti personaggi: Aronne, il fratello e Cur. Questi due personaggi svolgono una funzione importante, sostengono le braccia di Mosè, e portano una pietra su cui si possa poggiare. Questa azione prelude in modo importante a quello che succederà nel capitolo successivo, con una suddivisione di compiti. La fede ed il cammino del popolo di Dio non è mai opera di un unico supereroe e per quanto Mosè abbia un ruolo preminente e centrale, non è mai solo nella conduzione. Questi due amici, fratelli vengono in aiuto alla sua debolezza e potremmo dire che se l'azione rappresenta la preghiera e l'intercessione allora questi pregano con lui, e lottano con lui.
Chiediamoci oggi in che modo possiamo aiutare il compito di chi nelle chiese fa da guida, da pastore, da anziano, da dottore, da responsabile. Come favorire chi guida, come aiutarlo, come sostenerlo. Cominciare a stare sotto le braccia di chi prega, pregando con lui e pensando a delle pietre perché possa sedersi è già molto. Che ognuno pensi ad un modo per farlo.

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