mercoledì 16 maggio 2012


Atti 17, 16-34
Religioni in dialogo?

 16 Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.17 Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava. 18 Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: «Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?». E altri: «Sembra essere un annunziatore di divinità straniere»; poiché annunziava Gesù e la risurrezione. 19 Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: «Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te? 20 Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta». 21 Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare.
22 Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse:
«Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. 23 Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. 24 Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo 25 né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. 26 Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, 27 perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28 In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto:
Poiché di lui stirpe noi siamo.
29 Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana. 30 Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, 31 poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti».
32 Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: «Ti sentiremo su questo un'altra volta». 33 Così Paolo uscì da quella riunione. 34 Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.

Chi ha letto il giornale di ieri? Su tutte le prime pagine delle testate più importanti si è parlato di religione. Precisamente di violenza religiosa. Alcuni americani in Afghanistan hanno bruciato alcune copie del Corano e non si sa ancora bene se per sbaglio o volontariamente. Sta di fatto che questo ha scatenato una reazione durissima da parte degli integralisti islamici, che ha comportato l’uccisione di alcuni militari USA e tuttora suscita rabbia, rivolte e altro. Toccare la religione di un popolo significa toccare un tasto delicato. A vedere i vari tipi di incontri-scontri che sono avvenuti nella storia e che ancora oggi avvengo si potrebbe pensare che ci sono solo due possibili modalità di relazione: o lo scontro armato, come è stato il caso delle persecuzioni religiose, delle crociate, delle guerre di religione, del divieto di esercitare il proprio culto, o dello scontro di civiltà oppure, dall’altro lato il sincretismo totale, l’appiattimento, fino ad arrivare alla rinuncia della fede. In questo passo Paolo ci fa vedere una possibile modalità di dialogo tra religioni che credo dovrebbe guidare anche la riflessione dei cristiani di oggi.

1. Indignazione e creatività
Le premesse sembrerebbero preoccupanti. Paolo è indignato e freme interiormente. Lui, abituato al più puro monoteismo ebraico, assiste ad uno spettacolo plurimo di mille divinità antropomorfe e si indigna. È quello che capita a chi crede nell’unico Dio, incarnato in Gesù, quando entra in un santuario mariano, o in una chiesa cattolica sovraccarica di idoli di mille tipi che spostano l’attenzione da Dio, alle diverse creature.
Ma due fatti giocano a favore di Paolo: il primo è che i greci del I sec. non erano come gli integralisti islamici: amano parlare e sentire parlare, quindi sono aperti a discorsi nuovi e lo lasciano dire; il secondo, che è forse anche un buon esempio per noi, è che Paolo ha una grande creatività: indignato dalla sovrabbondanza di divinità greche, sa cogliere la scoperta dell’altare al Dio sconosciuto come occasione per aprire un dialogo.
Mi basta per dire che questa creatività oggi ci manca. Facilmente, davanti alla diversità religiosa optiamo per il disprezzo o per l’aggressività, limitandoci alla fase dell’indignazione che pure Paolo attraversò, senza passare alla fase costruttiva, oppure ci limitiamo ad un’indifferenza mascherata di rispetto. Non discuto con te della tua religione, del suo senso ultimo, della sua forza, della sua profonda essenza, perché in fondo me ne frega molto poco... Abbiamo bisogno della creatività di paolo che davanti ad un fatto bizzarro, come quello di un altare creato quasi per mettere le mani avanti, come in effetti facevano i greci nel I sec., non si ferma all’indignazione, ma coglie il senso profondo di questo fatto per annunciare il vangelo. Ciò che manca alle nostre chiese è il saper cogliere queste occasioni, proponendo il vangelo laddove ogni cultura propone i suoi idoli. Cosa diciamo alla nostra cultura che adora il consumo, la crescita economica, l’apparenza ed il successo? Sappiamo cogliere l’essenza di questi idoli moderni e rovesciargliela contro come fece Paolo per annunciare il vero vangelo?
2. Il Dio ignoto.
Paolo coglie l’elemento positivo di quella religiosità e comincia con l’elogiare gli ateniesi perché sono “timorati degli dei”. Non parte dal disprezzo o dalla denuncia, ma da un punto comune, il fatto che sia giusto rispettare e temere la divinità. Ha colto però l’essenza di quell’altare al Dio ignoto, e forse ha intuito che questa incarna proprio il principio fondamentale di ogni religiosità: ogni sforzo religioso, inteso come prodotto umano per andare verso Dio, per cercare la divinità ha lasciato una traccia nel cuore umano e tormenta e ricorda ad ogni uomo che qualcosa di infinito esiste, è inutile: porta al massimo ad un dio sconosciuto. Molti approcci razionalisti alla vita e alla fede hanno tentato di salvare Dio, sottraendolo dalla rivelazione e definendolo al massimo come un essere superiore universalmente valido: ma questo Dio che non si rivela e che la ragione stessa ci suggerisce che esiste, non è conoscibile... Rimane un’idea nella nostra mente, che produciamo noi stessi a nostro piacimento, ma che non ci porta a nessun Dio.
Oggi si parla molto di far dialogare le religioni tra di loro. Il minimo che si possa dire è che in contesti di guerra o di forte ostilità e tensione fare appello ad elementi comuni alle diversi religioni, per garantire un minimo di pace o di intesa è il minimo che si possa fare. Anzi, sul banco di prova delle diverse religioni ci dovrebbe proprio essere la questione di domandarsi chi decide più pace. Ma compiuto questo passo, nel momento in cui si volessero fare dialogare tra di loro le religioni bisogna chiedersi: quale cammino non è una semplice raccolta di regole e mi permette veramente di conoscere Dio? Il vero problema dell’uomo non è quello di far convivere insieme delle religioni diverse o di far quadrare il cerchio trovando quel che c’è di buono in ognuna di essere. Il vero problema è conoscere Dio ed evitare di erigere altri templi al Dio sconosciuto. Ecco quindi che Paolo senza aggressività né arroganza annuncia quel che egli stesso ha ricevuto: Dio si può conoscere.
3. Come è il Dio di Paolo?
Dio si può conoscere. Dal discorso di Paolo cerchiamo di tirare fuori alcuni tratti semplici e caratteristici di questo Dio.
  • Indipendente dagli uomini: il Dio di Paolo non è il frutto degli sforzi umani, delle loro costruzioni di templi. Non ha bisogno di essere servito, ed anzi, non ha bisogno di niente. Ecco perché gli sforzi umani per raggiungerlo sono inutili: l’unico sforzo consentito è quello di aprire il cuore per lasciare che venga ad abitarlo trasformandolo in un tempio.
  • È un Dio creatore, fatto che può essere comune a tante altre religioni, e che fonda l’unità sostanziale del genere umano. Non ci sono differenze di razza, cultura, ceto sociale e genere, perché Dio ha veramente fatto tutti.
  • È un Dio che non si può rappresentare, proprio perché è creatore. Rappresentarlo significa renderlo una nostra creazione, riducendolo inevitabilmente.
  • È un Dio vicino, perché se abbiamo la vita, un’energia che ci permette di muoverci, di pensare di esistere è perché siamo in Lui, indipendentemente dal fatto che lo crediamo o meno. Conoscere se stessi, porta a conoscere Dio e reciprocamente conoscere Dio porta a conoscere meglio se stessi.
  • È un Dio personale che chiama al ravvedimento, perché il fatto stesso di rappresentarlo con pietre, oro o altro, oppure di disconoscerlo comporta ignoranza. E questo ravvedimento è inevitabilmente legato ad una conversione del cuore in vista di un giudizio.
  • Infine è il Dio che si è manifestato in Gesù Cristo che è al contempo dimostrazione della possibilità della resurrezione e giudice per chi non riceve l’invito di questo Dio.
Questi punti sembreranno troppi ad alcuni e troppo pochi ad altri, ed il meno che si possa dire è che  hanno il pregio di raccogliere in poche parole le caratteristiche più salienti di Dio. Ci sono certamente altre cose da dire su Dio e questi punti ma torniamo al nostro problema centrale: rispetto al dialogo tra religioni cosa ha detto Paolo? Paolo ha fuggito la critica aggressiva ed il disprezzo degli altri, come anche il sincretismo che porta all’appiattimento ed il relativismo delle fedi: ha avuto la forza e l’amore di annunciare con chiarezza il suo Dio, mostrando come è aperto universalmente a tutti, forse anche a trovabile da alcuni in modo ignoto (a tastoni...), senza tuttavia rinunciare a parlare della conversione, del giudizio e dell’incarnazione nell’uomo Gesù.
Questo discorso, in un mondo globalizzato e multiculturale, non smette di fornirci un modello di dialogo e di evangelizzazione che dopo duemila anni ha retto all’usura del tempo. Preghiamo che altre Damaris ed altri Dionigi accettino la parola del vangelo!

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