mercoledì 16 maggio 2012


Atti 12 Preghiera e dinamite


1 In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa 2 e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. 3 Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. 4 Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. 5 Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui6 E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. 7 Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. 8 E l'angelo a lui: «Mettiti la cintura e legati i sandali». E così fece. L'angelo disse: «Avvolgiti il mantello, e seguimi!». 9 Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.
10 Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui. 11 Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei». 12 Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera.13 Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era.14 Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro. 15 «Tu vaneggi!» le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: «È l'angelo di Pietro». 16 Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti. 17 Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: «Riferite questo a Giacomo e ai fratelli». Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.
18 Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro?19 Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa.
20 Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re. 21 Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. 22 Il popolo acclamava: «Parola di un dio e non di un uomo!». 23 Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò. 24 Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. 25 Barnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco.

Ci si potrebbe chiedere perché Luca decide di inserire questo racconto nel libro degli Atti. Sta parlando della chiesa di Antiochia e dell’azione di Paolo e Barnaba e questo racconto in sé non contribuisce allo sviluppo dell’azione. Credo che, come tanti episodi straordinari di questo libro, sia un’ennesima prova della potenza di Dio, ma soprattutto della potenza della preghiera.
1. La dinamite di una chiesa riunita
Ci viene presentato un racconto che riguarda un nipote di Erode il Grande, Erode Antipa. Non meno violento di suo nonno, questo tiranno compra il favore dei suoi sudditi ebrei con ma moneta di un po’ di sangue cristiano. E come suo nonno ha sterminato senza scrupoli un’infinità di neonati, Erode Antipa decide di uccidere qualche, mirando in particolare ai capi: Giacomo (si tratta qui del fratello di Giovanni, figlio di Zebedeo), e prende poi di mira Pietro, che riesce ad imprigionare. Per questa prodezza coglie il momento opportuno, cioè la Pasqua, quindi il periodo in cui c’è festa, e sembra quasi voler fare un regalo ai giudei, una sorpresina per l’uovo di Pasqua, cioè uno dei cristiani più influenti da trucidare a coronamento dei festeggiamenti. Abbiamo già visto diversi episodi di violenza nel libro degli Atti: alle persecuzioni mirate, contro Pietro, Giovanni ed altri apostoli, è seguita la lapidazione di Stefano. Questo capitolo si apre con un secondo omicidio. I riflettori della penna di Luca, tuttavia, sembrano puntati su un gruppo di persone che stanno a parte rispetto alla scena di persecuzioni ed arresti: al v. 5 ci viene detto che una fervida preghiera saliva dalla chiesa per Pietro.
È significativo vedere con quale fiducia e con quale dedizione la chiesa si consacra alla preghiera, riuscendo a considerarla unica  vera arma contro le persecuzioni e la tirannide. Stefano pregò per Paolo, e Paolo si convertì, oltre alla conversino di tutti quelli che andarono in Samaria ed in Fenicia ed evangelizzarono. Erode uccide Giacomo ed imprigiona Pietro, e per tutta risposta la chiesa si riunisce in una preghiera potente, altrettanto violenta, ma di una violenza fatta di parole e di carica spirituale. È il primo aspetto su cui dobbiamo seriamente riflettere oggi, e tornare a chiederci quanto tempo, quanta energia e quanta concentrazione dedichiamo alla preghiera. Oppure, dovremmo porci una domanda che è a monte: quanto crediamo nella preghiera? Se la chiesa si riunisce con questo fervore è perché crede realmente nella potenza della preghiera e sa che pregare o non pregare fa la differenza sulla realtà. Noi dobbiamo recuperare questa forza. Facciamo delle riunioni di preghiera a cui spesso veniamo con scarsa convinzione, o raccattando qualche argomento per cui vogliamo pregare senza in fondo crederci fino in fondo. Limitiamo le nostre preghiere a qualche incontro, magari a qualche spazio speciale della giornata, con cui pensiamo di avere assolto ad un compito. Questa chiesa ci mostra quanto impegno e quanta forza richiedano la preghiera. Ho letto un libro di Rick Warren che raccontava di come, quando lui predica o fa qualche conferenza, ci sia uno staff di persone che è impegnato a sostenerlo in preghiera. Siamo chiari, la preghiera non è qualcosa di magico che permette alla parola di cambiare la realtà, quasi fosse un incantesimo: la preghiera è la prova emotiva ed intellettuale della convinzione su cui la fede poggia. La chiesa di Gerusalemme si riunisce e prega perché prende sul serio Dio come un interlocutore che ascolta, considerandolo come tale lo glorifica. Se la nostra preghiera è spesso blanda è perché manca questo riconoscimento forte manca. Ed è un primo punto su cui questo passo deve istruirci, perché come chiesa ricerchiamo una preghiera forte, che ha la forza e l’effetto di una dinamite, capace di spaccare tre porte di prigione, e di narcotizzare le guardie. A questa preghiera Dio risponde in un modo che va al di là delle aspettative stesse di chi prega: Pietro ci mette un po’ a capire che non sta vivendo una visione, ma che è realmente libero; i credenti della casa di Maria, prendono per pazza la serva che dice che c’è Pietro: si aspettavano al massimo che non venisse ucciso, ma non che un angelo lo liberasse... La scena potrebbe far pensare ad uno di quei film di paura, in cui uno vorrebbe rifugiarsi in una casa, ma tardano ad aprirgli, fintanto che si decidono e si rendono conto che Dio fa più di quel che chiediamo, e questo spiega anche perché non sempre le cose si realizzano come vorremmo noi.
2. Le priorità di Pietro.
Se Pietro fosse nato nel XXI sec. non avrebbe avuto grossi problemi; avrebbe mandato un sms alla chiesa riunita in preghiera spiegando che stava bene e che potevano pregare per altri argomenti perché ormai lui era libero. È significativo che scelga di andare a trovare questo gruppo di persone, anziché fuggire più lontano possibile, visto che c’è sul suo collo il peso di una condanna a morte fatta dalla massima autorità. Eppure la potenza della preghiera è anche in questo: che unisce sempre di più il corpo che prega, e che chi è oggetto delle preghiere di altri si sente in dovere di informare chi prega di come la preghiera abbia effetto. Pietro va a raccontare il miracolo e specifica che questo miracolo va anche riportato a Giacomo (questa volta non più il fratello di Giovanni, ma Giacomo il fratello del Signore, che ritroveremo più avanti nel libro degli Atti). La chiesa che funziona in rete, come abbiamo visto nel capitolo precedente, scambiandosi formatori, dottori e soldi, si scambia anche preghiere e informazioni su come queste preghiere modificano la realtà.
Questo di nuovo ci incoraggia in due sensi: quando chiediamo di pregare per qualcosa che ci riguarda, pensiamo anche poi a far presente cosa succede, sia in positivo che in negativo. E quando preghiamo per qualcosa, torniamo ad informarci sistematicamente. Altrimenti la preghiera diventa un rosario inutile su mille fatti che non ci stanno a cuore. Dobbiamo rivalutare il potere della preghiera, e pensare a quante situazioni drastiche possono essere oggetto delle nostre preghiere, continuando poi ad interessarcene.
Faccio un piccolo esempio: quando i miei alunni passano ad un ordine di scuole successivo a quello in cui li ho avuti, ho sempre la curiosità di sapere come vanno, e in che misura conservano gli insegnamenti impartiti. E quando so che vanno bene, sono inevitabilmente contento, perché mi rendo conto che il mio insegnamento ha avuto un senso – seppure so bene che tutto non dipende da chi insegna. La preghiera dovrebbe essere un po’ così: in che misura ciò per cui abbiamo pregato è cambiato? In che misura la preghiera si è trasformata in azione? E quanto spesso mi ricordo di aggiornare chi ha pregato per me?
3. Cane d’Erode!
Conosco alcuni amici che usano questa imprecazione spesso e volentieri, e magari non sanno neppure chi era Erode – che non è probabilmente questo Erode qui ma suo nonno. All’apice della sua acclamazione Erode, che si fa dio ed oggetto di adorazione, viene punito. Anche lo storico Giuseppe Flavio racconta della sua morte nel 44.d.C. per una malattia improvvisa, che Luca attribuisce all’azione divina. È vero che Gesù ha esortato i discepoli ad amare i nemici, e difatti i discepoli non hanno organizzato una sommossa contro Erode ma si sono limitati a pregare. Ci possiamo chiedere se nelle loro preghiere non ci siano state anche invocazioni per la conversione di Erode, come c’era stata la conversione di Paolo, ma sono solo congetture. Erode di fatto non sembra aver cambiato e probabilmente Dio, dopo aver conceduto anche ai tiranni occasioni di convertirsi, mette fine alla loro vita per limitare ulteriori danni. Forse è una lettura che potremo dare alle numerose morti cruente cui sono soggetti diversi dittatori (Mussolini ed Hitler non da ultimi). Ed inevitabilmente si legge come un segno di giustizia divina il crollo di un dittatore. In questo breve spazio vediamo che Erode ha ucciso Giacomo, voleva uccidere Pietro, ha punito con la morte le guardie a cui Pietro è sfuggito, e sta per fare fuori anche i Tiri e i Sidoni, che lo rabboniscono trattandolo come un Dio. Talvolta si ha anche bisogno di vedere la giustizia ristabilita, anche se con mezzi cruenti.
Noi che viviamo in un’era in cui la passione rivoluzionaria ha legittimato l’insurrezione anche violenta contro i tiranni, talvolta anche da parte proprio di evangelici – si pensi a Cromwell – potremmo essere tentati di vedere in questo passo un’ulteriore legittimazione scritturale dell’uso della violenza. Senza entrare nel merito del dibattito, potremmo piuttosto dire, ancora una volta, che questo passo ci spinge a considerare la preghiera come un mezzo potente, che opera al di là di quello che possiamo aspettarci. Forse anche la liberazione da questo tiranno è frutto delle preghiere; forse in molti episodi storici, dietro la fine di grosse guerre, dietro, accordi internazionali importanti per la pace nel mondo, ci possono essere cause che al mondo mediatizzato sfuggono, e che riguardano gruppi apparentemente ininfluenti, che nel silenzio e nella forza della preghiera si danno da fare. Ultimamente abbiamo pregato per la Cina, e per la negazione di diritti cui molti cristiani vanno incontro. Abbiamo deciso di pregare ogni volta che incontriamo per un paese che non dà libertà ai cristiani. Prendiamo questo passo come testimonianza indietro negli anni della potenza della preghiera, anche per cambiare i regimi dittatoriali che impediscono il crescere del regno. Fino a 150 anni fa, la predicazione evangelica non era ammessa in Italia, ed ora lo è. Forse diventerà libera anche in Cina, in Iran, in Korea del Nord, ed in altrettanti posti in cui varie incarnazioni di Erode soggiogano i popoli. Ma la preghiera, l’abbiamo visto, vince!

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