lunedì 21 maggio 2012


Atti 28
La fine

1 Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta. 2 Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. 3 Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. 4 Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: «Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». 5 Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. 6 Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio.
7 Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al «primo» dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. 8 Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. 9 Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati; 10 ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.
11 Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri. 12 Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni 13 e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli.14 Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Partimmo quindi alla volta di Roma. 15 I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.
16 Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.
17 Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani. 18 Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. 19 Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo. 20 Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena». 21 Essi gli risposero: «Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te. 22 Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione».
23 E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti. 24 Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere 25 e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:
26 
Va' da questo popolo e di' loro:
Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.
27 
Perché il cuore di questo popolo si è indurito:
e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi;
hanno chiuso i loro occhi
per non vedere con gli occhi,
non ascoltare con gli orecchi,
non comprendere nel loro cuore e non convertirsi,
perché io li risani
.
28 Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!». 29 .
30 Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, 31 annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.
Il viaggio di Paolo volge al termine. Dopo la tempesta Paolo ed i naufraghi trovano rifugio a Malta per poi proseguire verso Roma secondo una rotta consueta per quei tempi. Così Paolo arriva finalmente a Roma, la città che Dio gli aveva indicato di raggiungere e dove avrebbe dovuto testimoniare davanti a Cesare. Va detto con onestà che chi ama le storie e si aspetta quindi un lieto fine, o comunque un finale che presenta il ristabilimento di una situazione, o la conclusione di tutte le aspettative create resterà deluso. Per molti versi questo finale appare tronco, e ciò che capita potrebbe deluderci in molti sensi. Alla fine di un libro che parla di evangelizzazione e di missione molti si potrebbero aspettare miracolosi risvegli, conversioni massicce di gentili della capitale e grandi successi ovunque. Invece, benché il libro non finisca male, sembra che i grandi successi del vangelo sia molto più moderati. Ma forse proprio questo ci farà riflettere sul senso della predicazione del vangelo e sulla portata di ogni iniziativa a cui Dio ci chiama.

1. Paolo a Malta: miracoli e provvidenza.

Un primo fatto che potrebbe deludere riguarda ciò che capita all’isola di Malta. Due segni miracolosi accompagnano l’arrivo di Paolo e l’incontro con la popolazione. La protezione da un serpente velenoso e la guarigione del padre di Publio. Nonostante la grandezza i questi segni ed il tentativo di divinizzazione di Paolo da parte degli abitanti di Malta, nessuno sembra ricondurre questi segni all’azione diretta di Dio. Proprio come sulla nave, con il naufragio, nessuno si converte nonostante sia stato salvato e abbia visto segni miracolosi. Viene tuttavia sottolineata la grande affabilità degli abitanti e la loro benevolenza. Se per molti questa può sembrare una delusione, per Paolo non sembra tale. La dimensione umana dell’incontro con questi indigeni è altrettanto importante e sono convinto che Luca vuole qui mettere in evidenza la provvidenza di Dio che per tutto il libro degli Atti non ha mai smesso di accompagnare Paolo. Paolo ha potuto fare qualcosa di buono per il padre di Publio e dopo di lui per gli altri abitanti dell’isola. Se non seguono racconti di conversione, viene sottolineato il lato umano della premura degli indigeni che provvedono al necessario dopo che il gruppo salpa dall’isola. Il Dio che ha ordinato a Paolo di andare a Roma non smentisce le sue promesse e se ci sono evidenti ostacoli lungo il cammino, ci sono insieme a questi i segni di una provvidenza che accompagna continuamente Paolo, sia nelle circostanze che nelle persone. Noi oggi siamo poco abituati a vedere grosse conversioni in massa, almeno qui in Italia. Questo breve episodio può farci pensare che il semplice far del bene curando dei malati, con miracoli o in altri modi, ha un grande valore, e che la testimonianza lasciata dalle buone opere, porterà poi frutti a suo tempo.


2. Paolo e i cristiani di Roma
Un secondo elemento che potrebbe deludere è dato dall’incontro di Paolo con i cristiani della capitale. A dire il vero il primo incontro sembra incoraggiante, visto che i discepoli di Pozzuoli accolgono Paolo (13) e probabilmente avvisano i fratelli di Roma che vengono incontro a Paolo a Foro Appio e a Tre Taverne. Tuttavia rimaniamo stupiti da quanto poco si dica dell’incontro con la chiesa di Roma: non dimentichiamo che l’epistola ai Romani è già stata scritta e ci si aspetterebbe che Paolo sia ansioso di incontrare i romani. Ma di questi rapporti non si dice quasi niente e anzi, Paolo preferisce prima parlare con gli ebrei di Roma. Questo da un lato ci può far capire quanto importante fosse per Paolo il suo popolo e quanto tenesse a predicare prima ai giudei e poi ai gentili, come aveva fatto in tutte le città per cui è passato. Anche qui a Roma alcuni giudei si convertono ed altri no, ma per lo meno non ci sono aggressioni o lotte. Dall’altro ci può far pensare che questo sia in parte legato alle circostanze: Paolo in fondo è in prigione, quindi non è detto che i membri della Nuova Via possano vederlo tranquillamente senza sentirsi minacciati. Ma al di là di queste ipotesi che lasciano il tempo che trovano possiamo semplicemente osservare che il Signore non ha bisogno neppure delle chiese. Certamente la chiesa dovrà crescere e sarà uno strumento nelle mani di Dio per annunciare il suo nome: ma in questo caso il protagonista non è la chiesa, ma un uomo. E forse il suggerimento che dobbiamo cogliere è che anche un semplice uomo può fare tantissimo, indipendentemente da una chiesa che lo appoggia. Può sembrare dissacrante quel che dico, e non intendo affatto sminuire il valore della chiesa, che anzi è fondamentale. Ma possiamo pensare che non sempre questa funziona, e che in questo caso, non sappiamo perché, si vede Paolo che in fondo lavora da solo. Certamente in seguito sarà la chiesa di Roma a beneficiare delle persone che hanno sentito il vangelo da Paolo, ma per ora si parla di lui. Dobbiamo avere fiducia anche oggi che nonostante la chiesa non sia sempre unita e non sempre si vedano esperienze di collaborazione il vangelo è predicato comunque ed i frutti si coglieranno col tempo.

3. Paolo e il processo.

Un’ultima possibile delusione per i lettori è quella per cui non sappiamo niente dell’esito del processo di Paolo. Da alcune lettere di Paolo, sappiamo che egli uscirà di prigione, quindi probabilmente sarà processato e dichiarato innocente, e che poi farà altri viaggi per essere una seconda volta imprigionato. Ma perché Luca non lo racconta? Anche su questo rimane un che di inspiegabile, e forse lo sapremo solo in cielo. Provo a dare una mia spiegazione, che poggia sull’importanza dell’immagine finale: Paolo in casa, agli arresti domiciliari che predica il regno di Dio con franchezza e senza impedimento. Forse queste due semplici parole dicono molto di più di quanto avrebbe potuto dire la vicenda giuridica. Se Luca ha tanto parlato di Paolo non è per dare gloria ad un uomo. Nel Nuovo Testamento non troviamo storie di santi, ma la storia del Regno di Dio. Vedere questo prigioniero che evangelizza e annuncia, e che da una prigione emana una voce di libertà senza impedimenti, vale più che raccontare di come giuridicamente Paolo sia stato dichiarato innocente. Paolo non è andato a Roma per difendere la causa dei perseguitati ingiustamente, né per avere la garanzia della sua assoluzione. Ci è andato per annunciare. E questo forse ci insegna molto: una voce che annuncia il vangelo di Gesù Cristo che ci dice che la massima libertà sta nel conoscere Dio, nell’essere ravveduti davanti a Lui, e nell’avere la certezza della resurrezione futura grazie a Lui, per mezzo di Cristo, è più grande di ogni altra causa. Poco importa dei tribunali, quello che conta è la predicazione del vangelo. Certo, non che questa non abbia luogo di essere anche nei tribunali, come abbiamo visto nei capitoli precedenti. Ma chissà... forse è stato un semplice processo in cui i romani hanno detto che non trovavano colpe in Paolo, senza dargli modo di annunciare... Chissà. Quello che conta è che da questa prigione sono uscite parole di verità, parole di vita, ed anche le tre epistole ai Filippesi, agli Efesini e ai Colossesi, che tutto trasmettono tranne un’atmosfera di prigionia. Gli Atti degli apostoli sono finiti: dalla loro parola continuano i nostri atti.

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