mercoledì 16 maggio 2012


Atti 4:1-31 Chiesa Evangelica Libera di Lucca
Censura e resistenza


1 Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei, 2 irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti. 3 Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.4 Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
5 Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi, 6 il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. 7 Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: «Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?». 8 Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, 9 visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, 10 la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo11 Questo Gesù è
la pietra che, scartata da voi,
costruttori,
è diventata testata d'angolo.
12 In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».
13 Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù; 14 quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere. 15 Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: 16 «Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. 17 Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui». 18 E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù. 19 Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; 20 noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». 21 Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto. 22 L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni.
23 Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani. 24 All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: «Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi25 tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:
Perché si agitarono le genti
e i popoli tramarono cose vane?
26 
Si sollevarono i re della terra
e i principi si radunarono insieme,
contro il Signore e contro il suo Cristo
;
27 davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, 28 per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. 29 Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola30 Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù».
31 Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.


Quando uno stato, o qualsiasi altro organismo che detiene una qualche forma di potere, si sente minacciato da forze interne, ha diversi modi per reagire: combatterle, nasconderle, oppure cercare dei minimizzarle, magari assorbendole in sé. Uno degli strumenti di cui ci si è abbondantemente serviti soprattutto in passato è quello della censura, che consiste nel mettere a tacere quelle voci che minacciano la solidità del sistema. Nel commentare il precedente capitolo abbiamo portato la nostra attenzione sulla disponibilità dei discepoli a finire in prigione per Cristo. Oggi porteremo l’attenzione, invece, sul loro modo di reagire al tentativo di censura scagliato dai detentori del potere politico-religioso di quel tempo.
            Che cosa hanno commesso di grave i discepoli per dover essere messi in prigione? Hanno guarito un uomo. Nel nome di Gesù. La cosa a noi pare molto strana, e forse potremmo pensare che è strano che invece che guardare il fatto in sé, che, gloria a Dio (!) un uomo è stato guarito, ci si attardi sulle modalità. Ma fatti simili, in modo piuttosto diverso capitano anche oggi: immaginate che qualcuno riesca a guarire dei malati con mezzi estremamente economici e semplici che minano gli interessi di grosse multinazionali della farmacia... Esiste un medico in Italia, un certo Tullio Simoncini, che è convinto che il cancro abbia origine fungina ed ha messo in piedi una terapia curativa contro il cancro a base di bicarbonato di sodio. Nonostante diverse prove di guarigione che egli stesso arreca per provare la sua teoria, molto discussa, è stato radiato dall’ordine dei medici e condannato per omicidio, salvo poi aver ricevuto una laurea honori causa in Bolivia... Non voglio assolutamente schierarmi a sua difesa o contro di lui, ma semplicemente considerare questo caso per dire che anche per noi oggi, in un certo senso è importante capire “in nome di chi”, o meglio di “cosa” qualcuno riesce a guarire un male. Anche senza voler pensare male, si può ipotizzare che i medici abbiamo paura di creare false aspettative di facile guarigione con un metodo che non è del tutto certo; ugualmente i sacerdoti ed il personale del tempio potevano aver paura di lasciar prosperare la fede in quel Gesù, poco prima messo a morte da loro stessi, cosa che avrebbe potuto creare disordine. Pensando male invece possiamo pensare che nel mondo medico ci sono interessi forti intorno alle cure chemioterapeutiche, e che i sacerdoti, ammettendo che il nome di Gesù può guarire, avrebbero dovuto ammettere la loro colpa e quindi perdere il loro potere sul popolo.
            Che sia per diffidenza naturale o per posizione presa, il dato di fatto è il seguente: le cose nuove, come la nuova fede che gli apostoli predicano generano opposizione. E la vera fede quando è predicata nella verità si va a scontrare contro qualche interesse: contro gli interessi dei poteri religiosi costituiti, contro l’interesse di uno stato che fa idolatria del suo imperatore, o più modestamente contro gli interessi di un “io” che schiavizza gli individui a rimanere come sono, senza voler cambiare in meglio la loro vita. L’altro giorno parlavo con un collega, e parlavamo appunto di Dio. Ma nel momento in cui il piano del discorso da informativo è diventato personale, è scattato un meccanismo di chiusura a riccio. Perché? Perché spesso il nostro Io, proprio come un gruppo di persone che detengono un potere politico, ha paura di rivedere il suo passato, l’equilibrio su cui ha pensato di fondare la propria vita, le convenzioni e le abitudini che ha assunto.
            Il passo di oggi ci fornisce una serie di armi di difesa contro gli attacchi di contrasto alla scoperta della fede. Stiamo studiando le caratteristiche della chiesa nascente. Abbiamo visto la sua tipologia di riunioni, il suo stile comunitario, la sua freschezza. Oggi vediamo quali sono le sue armi nel suo primo confronto pubblico, nel momento in cui per la prima volta vengono alla ribalta come chiesa. Per identificare queste armi non scorrerò il testo linearmente, ma raccoglierò alcune parole o alcune frasi sparse che mettono in evidenza l’uso di una o di un’altra arma.

1.      L’evidenza dei fatti.
Un primo punto, apparentemente molto banale, è dato dall’evidenza dei fatti. Il miracolato parla da solo e non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. O meglio, contro la censura l’evidenza ha una tale forza che non c’è bisogno di grosse discussioni per giustificarla. Quando si parla della fede, che sia riguardo a guarigioni, o ancora più in generale riguardo ad opinioni sul mondo, a visioni della vita diverse, ci si può facilmente lanciare in discorsi molto lontani dalla realtà, puramente speculativi che finiscono per dire poco di Dio. Non sono certo contrario alla teoria, alla teologia, alla riflessione che accompagnano la fede e spesso la nutrono dandole completezza e rigore. Ma non si può prescindere da dati certi dell’esperienza: l’annuncio vero della fede opera miracoli, fisici e spirituali. La vera esperienza di fede è un’esperienza che deve partire da un elemento di certezza. E se dico questo è perché il mio personale incontro con Dio, la mia conversione, o ancora la mia guarigione da me stesso, è avvenuta per me con lo stesso grado di certezza con cui quello storpio poteva dire di camminare. Posso dire di essere stato guarito da un egoismo naturale, in un modo miracoloso. Altri potranno raccontare altre esperienze, ma ciò che è importante è che la fede di chi si dice credente, senza per questo portare al fanatismo o al sentirsi perfetti, deve essere una fede testimoniata da segni evidenti di guarigione. Come ero prima? E come sono ora? Quali frutti oppongo alla censura che o le persone che mi circondano o il mio stesso io lanciano contro la mia fede?
2.      Solus Cristus.
Un secondo elemento di resistenza lo ritroviamo nell’insistenza di Pietro sulla sua accusa chiara contro il personale del tempio. Voi avete ucciso Gesù, nel nome di cui il miracolo è stato fatto. Eppure “non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. Per contrastare una censura, oltre a fatti chiari, ci vogliono anche idee chiare. Non si tratta infatti di opporre pratica e teoria, ma di avere una buona teoria per inquadrare fatti certi, e di avere fatti certi che comprovino la giustezza di una teoria. Ed ecco la teoria cristiana: la centralità completa e totale di Cristo. Quando i primi cristiani dicevano che: “Cristo è il Signore”, prendevano un termine importante del greco, il kurios, colui che comanda, che guida, che è a capo di tutto. I discepoli hanno capito che la salvezza non solo di quel paralitico, ma di tutto il mondo viene da Cristo. Noi oggi dobbiamo tornare a confessare, come lo fecero i nostri fratelli durante la Riforma protestante, che c’è Solus Christus¸ cioè solo Cristo. Il che significa che la vita non è guidata da una serie di altri signori – lavoro, famiglia, mercato, divertimenti, televisioni, opinionisti – e poi eventualmente Cristo, ma che al contrario tutto passa al vaglio dell’unico Cristo. Anche i miracoli! Perché se questo paralitico non fosse stato guarito nel nome di Cristo, ma in quello della magia nera, di padre Pio, di qualche madonna (falsificazioni che al tempo, ovviamente, non esistevano) o di qualche altro principio sostitutivo di Cristo, non sarebbero stati lì ad esaltarlo. Alla censura si resiste affermando che non è giusto obbedire agli uomini, ad altri Signore, ma all’unico Dio, rivelatosi in Cristo.

3.      La franchezza, invece dell’occultamento
Mi colpisce il fatto che la parola franchezza ricorre 3 volte: la franchezza di Pietro e Giovanni colpisce le autorità. In preghiera i discepoli chiedono a Dio di poter annunciare la sua parola in tutta franchezza, e poi ci viene detto che la annunciarono. Potremmo cercare di capire meglio il termine traducendolo con: “sincerità”, “convinzione”, “schiettezza”, “autenticità”. L’idea comunque è che Pietro e Giovanni credevano profondamente in quello che dicevano e questa totale convinzione doveva trasparire dai loro occhi, dall’espressione del volto, dal timbro della voce. Forse questa idea della franchezza passa proprio attraverso quello strumento di comunicazione, inconsapevole, che oggi viene definito linguaggio non verbale. Alla censura si oppone la trasparenza, la convinzione dettata dall’autenticità dell’esperienza vissuta. Credo che sia molto importante nel momento in cui si annuncia la fede, interrogarsi sull’autenticità della propria esperienza di fede e sulla misura in cui si credono certe cose. Ci sono verità della fede che non abbiamo ancora capito. Meglio allora confessare la propria ignoranza, la propria perplessità. Ci sono verità di fondo che invece vanno capite, come la centralità ed unicità di Cristo di cui sopra, senza cui la fede cristiana viene meno. La fede va vissuta intensamente e profondamente, accompagnando fatti a riflessioni e riflessioni ad azioni, altrimenti la franchezza necessaria all’annuncio verrà meno. E la censura avrà la meglio. Ma all’occultamento della censura la fede vuole rispondere con la trasparenza della franchezza.  
4.      La preghiera , invece della violenza
Dopo la liberazione dal carcere Pietro e Giovanni, avrebbero potuto fare molte cose. Avrebbero potuto inventare una giornata celebrativa da festeggiare ogni anno, avrebbero potuto fare una gran festa, oppure, visto che godevano del favore del popolo, avrebbero potuto sollevare la folla contro i capi religiosi innescando una guerra civile. Confessiamolo, è quello che vorremmo fare tutti se oggi, che si vota per i referendum, percepissimo qualche ingiustizia, qualche ingerenza, o anche se solo in quorum non venisse raggiunto!
I discepoli agiscono diversamente, si riuniscono in preghiera, invocano Dio, lo lodano e lo ringraziano e chiedono di poter annunciare la parola con franchezza. Dobbiamo ribadire l’importanza della preghiera, per il semplice motivo che il libro degli Atti ce la ripropone in ogni capitolo: la chiesa primitiva è una chiesa che spontaneamente si mette a pregare. E noi vogliamo una chiesa che non si stanca di pregare.
5.      La pienezza dello spirito, invece della pienezza dell’io.
L’intero episodio è incorniciato da un dato: la pienezza dello Spirito Santo. Il passo si apre con Pietro che è pieno di Spirito Santo, e si conclude con un luogo che trema e con tutti i discepoli che sono pieni di Spirito Santo. La fede ha i suoi tempi, o meglio ha i tempi di Dio. Nel momento in cui incontriamo Dio, e lo riconosciamo come nostro personale Signore, riceviamo lo Spirito Santo. E’ un’esperienza forte, che trasforma l’individuo in modo radicale ed è un primo inizio. Lo Spirito continua a vivere in chi crede, animando la vita e guidando la persona. Ma ci sono momenti speciali, in cui davanti ad una difficoltà, come la presente persecuzione c’è bisogno di una specie di surplus di Spirito Santo, di scossa che dall’alto rinfranca lo spirito umano disorientato o spaventato da qualche circostanza avversa. In questo momento iniziale la chiesa aveva bisogno di una pienezza speciale. La nostra chiesa, ugualmente ha bisogno di essere ripiena di spirito Santo, ed è nostro dovere cercare questa pienezza. Vogliamo evangelizzare la nostra città? Vogliamo annunciare la fede con franchezza contro le censure di ogni tipo e di ogni tempo? Dobbiamo cercare di essere ripieni di Spirito Santo, per fare quei passi che poi ci consentiranno di andare avanti. AMEN

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