mercoledì 16 maggio 2012


Atti 5, 12-33 Chiesa Evangelica Libera di Lucca
Cos’è una chiesa II


12 Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; 13 degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava14 Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore 15 fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. 16 Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
17 Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18 e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.


19 Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20 «Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita». 21 Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.
Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. 22 Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire: 23 «Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno». 24 Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo, 25 quando arrivò un tale ad annunziare: «Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo».
26 Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo. 27 Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo: 28 «Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo». 29 Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.

30 Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. 31 Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. 32 E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui». 33 All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

Abbiamo già cercato di dare una risposta alla domanda: “Che cos’è una chiesa”, nelle domeniche precedenti, e il passo che abbiamo oggi davanti può essere interpretato come una seconda puntata che risponde a questa stessa domanda. Dal passo letto, abbiamo infatti davanti a noi uno spaccato della chiesa primitiva che aveva certe caratteristiche. Consapevoli di non poterle riprodurle tali e quali, le prendiamo come un modello, una guida, un ideale a cui tendere senza trascurare i limiti che anche la chiesa primitiva come istituzione aveva, e senza fingere che venti secoli di storia non ci separino da quelle esperienze. La testimonianza di una chiesa nata dall’incontro immediato e diretto con Gesù Risorto rimante tuttavia importante per noi e criterio valido anche per i nostri tempi.

Cosa succedere in questa chiesa che inizia a vivere?

1. Una chiesa che gode il favore del popolo. (12-18)
Non è la prima volta che Luca sottolinea questo aspetto (vedi Atti 2, 47): la chiesa primitiva, per quanto percepita da tanti come una specie di setta sorta in seno all’ebraismo, era caratterizzata da un buon rapporto con il popolo. È un dato evidente ed importante. Nel corso della storia la chiesa trasformatasi in struttura di potere è spesso diventata strumento di oppressione del popolo  più che di conforto, e di conseguenza si è molto allontanata da quel popolo che avrebbe dovuto curare. Non ha goduto del favore del popolo in modo spontaneo e si è spesso imposta al popolo. E’ un problema che ha riguardato un po’ tutte le chiese occidentali, che una volta libere dalle persecuzioni si sono affiancate alla corona perdendo molto della loro spiritualità e forza. Anche oggi si avverte spesso da parte di molte chiese un distacco dalle problematiche del popolo, l’uso di un linguaggio lontano dalla sensibilità e dai bisogni reali di una popolazione, cosa che ha la conseguenza di allontanare le masse da Dio. La settimana scorsa ho parlato della fede con una ragazza di 16 anni che mi ha detto candidamente, che “queste cose non sono per i giovani”. Probabilmente molte chiese hanno perso per strada le caratteristiche che aveva la chiesa primitiva, perdendo questo favore del popolo.
            Ma a cosa era dovuto questo favore?
 Questa chiesa invece è vicina al popolo per alcuni motivi piuttosto chiari:
a) È una chiesa che fa segni e prodigi, portando guarigione e quindi conforto. In un mondo in cui non si può andare in ospedale, né in farmacia per le più semplici malattie, Dio sceglie di presentarsi ed intervenire in un modo miracoloso. Queste guarigioni non si limitano al ristabilimento del fisico ma coinvolgono la totalità della persona, che non solo è guarito ma si aggiunge ad una comunità di persone che camminano con uno stesso scopo ed in una stessa direzione, cioè verso Dio.
Anche oggi vogliamo essere una chiesa che ha caratteristiche analoghe. Non vogliamo escludere la possibilità di miracoli, di guarigioni e di manifestazioni soprannaturali. Ma accanto a queste cose le chiese hanno il dovere di capire quali siano i bisogni reali del popolo. Il popolo non ha bisogno di riti, di regole astratte o di palliativi religiosi. Il popolo, cioè noi tutti, abbiamo bisogno di conoscere Dio. Abbiamo bisogno di conoscere un Dio che ha il coraggio di scendere sul piano dell’uomo e di incontrarlo nei suoi bisogni. Oggi tanti di noi hanno bisogno di amicizia, e la chiesa deve sapere essere amica. Hanno bisogno di famiglia (problema meno sentito al tempo di Gesù) e la chiesa deve sapere essere tale. Abbiamo bisogno di trovare un senso nella vita, pena ridurre tutto alla ricerca pura del divertimento, che finisce poi per frustrarci. Come chiesa vogliamo proporre un senso della comunità, un senso della presenza di Dio, ed un senso della vita che sappia incontrare questi bisogno, e quanti altri, che il nostro tempo reclama.
b) È una chiesa che ha il coraggio di sfidare l’ordine costituito. Quando si parla di sommo sacerdote, di sadducei si parla di un gruppo di persone potenti, che detengono il potere politico religioso nella società di Gesù, che forse potremmo equiparare a quel gruppo di privilegiati che oggi in Italia chiamiamo: “La casata”. Avere il coraggio di contrastare questa casta, non poteva non incontrare il favore di un popolo che, come ci è detto in altri punti del vangelo, non sapeva parlare di Dio con autorità. Se mi trovassi in un qualche paese dittatoriale, direi che la chiesa ha il dovere di distanziarsi dal potere costituito e di saper essere critica. Ammiro la testimonianza di alcune chiese dell’America Latina che si sono opposte alle dittature che le opprimevano, recuperando un reale favore del popolo. In Italia, mi sento invece di dire che una chiesa che voglia essere forgiata sul modello di quella degli atti, deve avere il coraggio e la vocazione di essere laica. Deve essere una chiesa che proclama la separazione rispetto alla stato in cui si trova, proprio per mantenere la sua capacità critica rispetto al potere. Durante il Risorgimento il contributo degli evangelici all’unificazione d’Italia ha avuto un peso. Hanno avuto peso le tesi di Alexandre Vinet sulla separazione chiesa-stato, teologo svizzero evangelico. La laicità della chiesa deve essere un punto centrale nella sua agenda.
Questo, credo, se la chiesa vuole il favore di un popolo che rifiuta le commistioni sospette di potere che snaturano lo stato da un lato e la chiesa dall’altro.

2. Una chiesa che non teme il soprannaturale.

Nel racconto che abbiamo letto, sia nella descrizione generale, sia nella fattispecie della liberazione dalla prigione, vediamo quanto sia preponderante l’elemento soprannaturale. Ci sono miracoli al punto che solo l’ombra di Pietro comporta delle guarigioni. Gli apostoli vengono imprigionati e di notte un angelo apre la loro prigione.
La prima reazione che abbiamo nel nostro mondo occidentale, razionalista e materialista è di cercare di relativizzare questo racconto. Diciamo che forse è una leggenda, che forse si tratta di un errore umano scambiato per miracolo, o ancora cerchiamo significati allegorici, come l’idea che da un carcere spirituali un angelo libera gli apostoli. Credo siano edulcorazioni indebite di un fatto che forse oggi non vedremo per questo nostro scetticismo, ma che ci viene descritto proprio in quei termini.
Sembra contraddittorio dire che la chiesa teme il soprannaturale, eppure la pressione intellettuale che tanti di noi avvertono per rendere il messaggio credibile, finisce per mettere in discussione proprio questo elemento. Una chiesa deve sapere che queste cose possono avvenire. Che non è detto che avvengano, ma che possono avvenire. E soprattutto che il Signore pur di permettere che i suoi figli possano annunciare al popolo parole di vita (v. 20) è pronto ad intervenire. Troppo spesso come chiesa abbiamo timore di pronunciarci. Ho appena parlato di laicità, sottolineando che una chiesa deve essere laica. Ma spesso dalla laicità si scivola nella presentazione di una fede che perde il suo elemento soprannaturale. Non stiamo certo a cercare il miracolo fine a se stesso o l’aspetto magico della questione, ma dobbiamo sottolineare e dire che una chiesa è tale, se sa presentare Dio in quanto “altro”, in quanto trascendente, cioè al di là di questo nostro mondo. Certamente umano e al di qua, in quanto capace di incontrare i nostri bisogni, ma proprio perché è al di là, al di sopra, in un mondo dello Spirito in cui capitano molte cose che non sono inquadrabili razionalmente. La chiesa non deve rinunciare a questo suo elemento incalcolabile, non falsificabile, che per molti sembrerà follia. Perché questo è costitutivo del suo messaggio. O ancora meglio: una chiesa non cerca il soprannaturale in sé, ma ha la preoccupazione costante di annunciare parole di libertà al popolo. E sa che per annunciare queste parole di libertà può contare sull’appoggio valido di un Dio soprannaturale, che può operare miracolosamente.

3.  Una chiesa che annuncia in Cristo la vera risposta.

Quanto detto potrebbe essere riassunto dalle parole di Pietro: bisogna obbedire a Dio anziché agli uomini. Questa obbedienza a Dio ci fa recuperare il soprannaturale. Questa obbedienza a Dio ci fa fuggire da imposizioni ridicole di “uomini”. Il discorso di Pietro con le autorità si conclude con un leit motiv che abbiamo già sentito altre volte nel corso della lettura dei primi capitoli: “Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce” (v.30) Pietro conclude ogni sua disputa pubblica con un’accusa molto chiara e decisa a cui subito segue una proclamazione di perdono.
Mi vorrei soffermare sulla frase: “Per dare ad Israele la grazia della conversione ed il perdono dei peccati”, perché credo sia realmente in centro del messaggio cristiano non solo dei primi secoli, ma di tutto il tempo durante cui il mondo durerà.
Non c’è messaggio cristiano reale se manca la proclamazione di una verità tanto ostica quanto necessaria: noi uomini non siamo innocenti davanti a Dio. Non siamo un’umanità abbastanza buone, che non fa troppo male agli altri, che in fondo non ha ucciso nessuno e che potrà cavarsela davanti a Dio. No, dobbiamo riconoscere di essere un’umanità che ha bisogno di conversione e di perdono. Le chiese non devono organizzare la vita dei loro membri progettando per loro un cammino formativo che li trasformi automaticamente, a colpi di riti, in dei cristiani. Le chiese devono annunciare quale sia la nostra condizione di esseri peccatori, colpevoli davanti al Dio della grazia. Non si tratta di inculcare in ogni uomo dei sensi di colpa gravosi e insensati per farlo stare male, a Dio non interessa questo. Si tratta semplicemente di mettere ogni uomo davanti alle sue responsabilità, domandandogli di confrontarsi davanti al suo creatore, davanti alle sue responsabilità in ogni campo, davanti alla santità di Dio. Per sapere che per chi accetta Gesù come maestro e salvatore non c’è condanna, ma perdono!
Questo deve annunciare una chiesa. Quando la chiesa diventa un laboratorio di idee politiche, una ONG che si occupa solo dei problemi, un’università di sane idee sull’etica perde la sua missione. Perché la sua prima missione è quella di annunciare ad ogni uomo la sua verità davanti a Dio. Cioè che Cristo è la risposta, in quanto morto sulla croce per colpa nostra. Questo è il vangelo, ed in questo sta la libertà.

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