mercoledì 16 maggio 2012


Atti 2:37-48 Chiesa Evangelica Libera di Lucca
Cos’è una chiesa?


37 All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». 38 E Pietro disse: «Ravvedetevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.39 Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». 40 Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa». 41 Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.
42 Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44 Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; 45 chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.48 Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Breve riassunto delle puntate precedenti: Gesù è asceso in cielo ed ha detto ai discepoli di aspettare a Gerusalemme. Qui i discepoli, con un evento miracoloso, hanno ricevuto lo Spirito Santo, distribuito da Gesù stesso, ed il segno di questo spirito santo sparso è stato che la predicazione degli apostoli è stata capita nelle diverse lingue parlate a Gerusalemme. Molte persone stupite si sono chieste cosa stesse succedendo e Pietro ha spiegato che si è realizzata la profezia del profeta Gioele, secondo cui lo Spirito di Dio sarebbe stato sparso sul suo popolo. Pietro ha accusato i suoi connazionali e correligionari di aver ucciso quel Gesù che Dio ha costituito messia e che ha risuscitato. Nel passo da noi letto oggi, osserviamo i risultati della predicazione di Pietro.
            La predicazione di Pietro, ricordiamolo bene, un popolano senza istruzione, ha un impatto forte. Arriva a scuotere i suoi ascoltatori. Sicuramente Luca non ci ha riportato integralmente tutte le parole dette da Pietro, ma dal riassunto essenziale che ce ne fa capiamo bene sia quello che ha detto, sia quale sia stata la risposta.   E proprio questa risposta, da parte di persone che si sono sentite accusate, ci fa riflettere  e ci porta a chiederci oggi come reagiremmo.

1. Furono “compunti nel cuore” e chiesero: “Fratelli, cosa dobbiamo fare?”.

Pietro e le persone che ascoltano la sua predicazione sono persone che condividono alcuni riferimenti culturali molto importanti: la fiducia nelle Scrittura, l’attesa di un Messia, l’idea di un Dio benevolo che si preoccupa del suo popolo. Probabilmente molti di quelli che stanno ascoltando non hanno fatto niente per uccidere Gesù, ma non si sono neppure opposti, o comunque non hanno colto la gravità di quanto stava succedendo. Tuttavia le parole di Pietro non sono molto tenere, né diplomatiche: due volte ripete “voi lo uccideste”. Stranamente, queste persone non si sentono offese, né si inalberano per essere state apostrofate in un modo così diretto. Viene da chiedersi se un discorso simile oggi, nella nostra società occidentale, avrebbe la stessa presa, o se non susciterebbe piuttosto rabbia, offesa o ancora se non impedirebbe a priori di poter continuare un discorso su Dio e sul messia. Molti ritengono che oggi non siamo più disposti a sentire prediche, non vogliamo sentirci fare la morale e quindi un discorso simile non lo accetteremmo. Ma mi chiedo se realmente sia così... In fondo anche oggi ci sono argomenti rispetto a cui, almeno alcune fette della popolazione, sono sensibili. Prendiamo ad esempio l’ambiente: siamo tutti consapevoli che molte delle nostre abitudini di consumo o di trasporto rovinano l’ambiente; come siamo consapevoli che i nostri capi di vestiario sono costruiti in paesi in cui non si rispetta il diritto dei lavoratori. Ora, per quanto continuiamo ad avere abitudini di consumo sbagliate e continuiamo a comprare vestiti made in China, probabilmente saremmo disposti a sentire accuse nei nostri confronti in questo senso. Certo, non tutti, ma una buona parte della popolazione, sarebbe perfino pronta a cambiare comportamento. Questo perché ogni epoca è sensibile a certi problemi.
            Detto ciò, un fatto mi sembra piuttosto chiaro. La nostra epoca non è particolarmente predisposta ad avvertire un senso di colpa nei confronti di Dio. Perciò è difficile per la chiesa di oggi ripetere un discorso simile a quello di Pietro, perché nessuno si sentirà direttamente implicato. Al contempo questo discorso non può essere né edulcorato, né trasformato in sensibilità ecologica, terzomondista o umanitaria: l’idea che come uomini siamo colpevoli davanti a Dio, in quanto pur non avendolo direttamente ucciso, abbiamo considerato superficialmente questa morte, deve rimanere. Non è un opzione o un lato secondario del vangelo, è la sua essenza. Allora come chiesa dobbiamo imparare da Pietro. Da Pietro che pescando nella sua cultura e nella sua esperienza sapeva trovare parole per “scongiurare” i suoi correligionari per convincerli a salvarsi. Certo che possiamo partire dall’ambiente! Ma sottolineando che è il creato di Dio e che lo stiamo rovinando, forse perché non ci rendiamo conto che è l’opera di un Dio grande, di amore, che ci ha mandato suo figlio, senza che noi gli abbiamo dato importanza. Laddove i sensi di colpa vengono rimossi, ed in questo caso a livello culturale, la chiesa ha il dovere di esercitare la sua funzione di critica, facendoli riemergere – laddove è giusto che riemergano.
            Rispondendo allora alla domanda del titolo, possiamo cominciare col dire che la chiesa è un movimento che ha il dovere di richiamare la responsabilità di ogni uomo di fronte a Dio, cercando di spiegare che il semplice fatto di non mettere Dio al primo posto della propria vita, il fatto di non considerarlo come il principio da cui tutto discende, il fatto di pensare una sfera laica ed una spirituale, è già una grossa colpa che coinvolge antichi come moderni, palestinesi come italiani, cioè tutti gli uomini.

2. Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato. (38-41)

Non basta sentirsi in colpa e fare atti di contrizione. Pietro aggiunge due indicazioni di carattere pratico per rispondere alla bellissima domanda: “Cosa dobbiamo fare?” Prima bisogna ravvedersi. Bisogna “convertirsi”; bisogna fare una svolta a 180° riorientando la propria vita verso Dio. La fede non è un sistema di riti e di pratiche pie, ma un rapporto con Dio che comporta sentimenti forti e prese di coscienza importanti. Il primo passo da fare davanti a Dio è ravvedersi, pentirsi, revisionare la nostra vita alla luce della Scrittura (si notino le numerose citazioni usate da Pietro) per vedere in quanti punti è sbagliata e scoprire che l’incontro con Dio non è altro che la scoperta di una libertà vera, di una vita che non è costretta a seguire l’istinto, la moda, l’ambizione. Quelle persone dovevano rendersi conto di questo e battezzarsi.
            Anche riguardo a questo la chiesa di oggi, se vuole essere una chiesa cristiana, deve continuare a praticare questo atto nel modo in cui lo vediamo praticato qui. Venti secoli di storia, durante i quali non sono mancate numerosi distorsioni della semplicità della chiesa degli Atti che stiamo studiando, hanno molto modificato la nostra percezione di certi simboli cristiani. Il battesimo è l’azione simbolica che rappresenta la conversione a cui Pietro ha invitato i suoi fratelli, la sepoltura del vecchio e la rinascita, puliti, del nuovo nello Spirito. Non possiamo qui non ribadire che un vero battesimo, conforme alla Scrittura, può essere solo un battesimo a persone adulte e responsabili che si siano ravvedute prima, altrimenti diventa un rito propiziatorio, una messa in scena inutile che distorce l’atto importante che gli apostoli ci hanno tramandato. Il battesimo ai bambini è un errore e sulla base della scrittura va denunciato come tale. È invece capitale ricordare che ancora oggi, siamo chiamati a ravvederci e a praticare questo atto simbolico di obbedienza che notiamo essere sempre di grande impatto quando lo pratichiamo. Forse sconvolge qualcuno, ma ben venga, la parola di Dio parla anche attraverso i simboli!
            Se qui Pietro si sta rivolgendo a degli ebrei, suoi correligionari, ’invito alla conversione, al battesimo e al ricevere lo Spirito Santo è universale: riguarda anche le generazioni future (i figli), quelli che sono lontani, e Pietro intende con questo i non ebrei, ed infine quanti Dio ne vuole chiamare, espressione che sottolinea sia la sovranità di Dio nell’atto di salvezza e nella sua decisione di avvicinarsi agli uomini, sia la grande quantità di persone che saranno chiamate a ravvedersi e battezzarsi. Solo in quel giorno se ne battezzano tremila, e questo grande evento rimane per noi come un fine a cui correre. Poter avere predicazioni così efficaci che ogni volta tremila persone chiedano di essere battezzate! Certo, poi avremmo qualche problema di spazio, ma il Signore provvederebbe, come provvide al tempo.

3. Ed erano perseveranti...

Ci viene descritto nel concreto cos’è una chiesa, o meglio cosa fa una chiesa. La chiesa primitiva aveva quattro attività fondamentali: momenti di ascolto della parola apostolica, quindi di studio e insegnamento, possiamo immaginare anche di dibattito. Momenti di comunione fraterna, cioè di condivisione che può andare dal condividere la gioia della nuova realtà spirituale, al mettere le cose in comune, come viene descritto in seguito. Koinonia, è il termine greco che indica questa comunione e dà l’idea di un comune possesso. Sembra che in questa chiesa vivessero una vita comunitaria reale, in cui vendevano tutto e mettevano in comune. Nel corso della storia ci sono state alcune esperienze cristiane simili, ma dalla lettura del Nuovo Testamento vediamo che non tutte le chiese di quell’epoca adottavano questo stile, che rimane comunque un esempio interessante. Altro tipo di riunione importante consiste nel rompere il pane insieme. Si tratta qui molto probabilmente di quel pasto rituale che noi chiamiamo Santa Cena, attraverso la quale commemoriamo la morte del Signore. Infine ci sono riunioni di preghiera, in cui la comunità si relazione, insieme con il Signore. I versi che seguono il 42 sembrano illustrare meglio ognuno di questi punti, aggiungendo che gli apostoli facevano segni e miracoli, che le cose erano vendute, che la frazione del pane era accompagnata da riunioni conviviali in cui si mangiava insieme, fatto fondamentale per una vera comunità, e infine che nelle preghiere si esprimeva la lode.
Su questi quattro momenti fondanti della chiesa primitiva si è scritto molto e credo siano quattro pilastri essenziali, che in una chiesa che voglia definirsi sanamente cristiana non devono mancare. Se ne possono aggiungere altri, come l’aiuto rivolto all’esterno della chiesa, la presenza di servizi speciali a persone con bisogni particolari, la presenza di missioni per raggiungere posti che necessitano la predicazione e tante altre cose. Ma i quattro momenti di insegnamento, comunione, rottura del pane, e preghiera non devono mai mancare in una chiesa, pena il suo crescere un po’ storta. Credo che questa dimensione comunitaria sia veramente il tratto più importante che va rilevato oggi. La vera sfida che la chiesa deve lanciare alla modernità risiede proprio in queste pratiche comunitarie che danno senso e pienezza alla vita del singolo. La società moderna ha la caratteristica nel bene e nel male di essere individualista, e questo individualismo se in certi casi è frutto di affermazione dei diritti della persona e di crescita personale del singolo, è spesso portatrice di solitudine. Le città moderne, piene di persone sono anche piene di solitudine ammassata in condomini di più piani, in cui centinaia di persone vivono insieme senza incontrarsi e senza conoscersi. La vera sfida che la chiesa lancia a questa modernità è quella della costituzione di una comunità di persone a cui Dio ogni giorno aggiunge altre persone che vivono comunitariamente, pur avendo ognuno la loro casa, ma con un sentimento forte di appartenenza comunitaria e di identità che si riceve nel nome di Gesù.
            Vogliamo oggi rilevare questa sfida ed essere una chiesa come quella di cui abbiamo letto qui.

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