mercoledì 16 maggio 2012


 Atti 13:4-52 Il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba

4 Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro. 5 Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante. 6 Attraversata tutta l'isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus, 7 al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Barnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio. 8 Ma Elimas, il mago, - ciò infatti significa il suo nome - faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede. 9 Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse: 10 «O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore? 11 Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole». Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano. 12 Quando vide l'accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore.
13 Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. 14 Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero. 15 Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!».
16 Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: «Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. 17 Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. 18 Quindi, dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto, 19 distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità quelle terre, 20 per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele. 21 Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni. 22 E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri.
23 Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù. 24 Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele. 25 Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
26 Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza. 27 Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato; 28 e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso. 29 Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. 30 Ma Dio lo ha risuscitato dai morti 31 ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
32 E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, 33 poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.
34 E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla decompoizione, è quanto ha dichiarato:
Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle sicure.
35 Per questo anche in un altro luogo dice:
Non permetterai che il tuo santo subisca la decomposizione.
36 Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la decomposizione. 37 Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la decomposizione. 38 Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati 39 e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè. 40 Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
41 Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse raccontata!».
42 E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato. 43 Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
44 Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio. 45 Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando. 46 Allora Paolo e Barnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani. 47 Così infatti ci ha ordinato il Signore:
Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra».
48 Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna. 49 La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione. 50 Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li scacciarono dal loro territorio. 51 Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio, 52 mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Come ritorno dalle vacanze, cominciamo decisamente male: ci tocca tornare al lavoro e riprendere la normalità e ci troviamo davanti a due persone che, invece, partono per un viaggio! E che viaggio! A seguirlo tutto, calcolando anche il prossimo capitolo, viene quasi voglia di trarne spunto per una vacanza di chiesa sulle orme dell’apostolo più che per una predica domenicale all’inizio di un nuovo anno. Eppure, se lasciamo che questo passo ci faccia partire con gli apostoli in questo viaggio missionario, forse scopriremo di più che nuove spiagge, monumenti e luoghi da visitare. A me, i vari personaggi e istituzioni incontrati dai missionari hanno colpito soprattutto per le numerose frontiere che vengono attraversate. E non sto parlando di semplici frontiere geografiche, che pure nel passo in questione non mancano: le frontiere che questo viaggio oltrepassa sono soprattutto ideologiche e spirituali. Ci mostrano come il vangelo non sia semplicemente un messaggio che si possa aggiungere ad altri per completare la felicità umana, ma un messaggio radicale che oltrepassa quelle frontiere che spesso inquadrano il singolo individuo o il gruppo di persone appartenenti ad uno stato, ad un gruppo religioso o ad un’etnia. In questo è la ricchezza di questo viaggio, e per questo nei primi quattro versetti del capitolo, che abbiamo commentato recentemente, troviamo tanta illuminazione e lungimiranza da parte della chiesa di Antiochia: questa chiesa ha saputo porsi chiaramente la sfida della missione, lanciando le persone più preparate che aveva in un viaggio capace di portare il messaggio che aveva cambiato le loro vite ad altri.
1.    L’incontro con la sinagoga: superare la frontiera religiosa.
Vedremo che in tutti i suoi viaggi Paolo si dirige in primis alla sinagoga. Questo è naturale per diversi motivi: in primo luogo il cristianesimo nasce nell’ebraismo e si presenta come un naturale sbocco; pertanto ha senso annunciare il vangelo in primo luogo a coloro che fanno parte del ceppo da cui tutto parte. In secondo luogo è importante cercare una riconciliazione proprio con coloro che in Gerusalemme stanno perseguitando il neo-nato cristianesimo, per far capire che non si sono intenzioni di lite, ma desiderio di mostrare il completamento del messaggio in Cristo. Il punto però che ci colpisce è che Luca ci riporta che annunciarono nelle sinagoghe “La Parola di Dio”. Quelle sinagoghe erano state fondate nell’isola di Cipro 200 anni prima, da ebrei fuoriusciti dalla terra d’Israele. Erano nate come luoghi di ritrovo e di preghiera in luoghi in cui il tempio mancava. Dovrebbero avere quindi tutte le credenziali per essere dispensatrici di Parola di Dio. Perché è necessario proprio in queste annunciare la parola di Dio. Un punto fondamentale ogni volta che parliamo di cristianesimo è quello che ci porta a dire che questo non è una religione. Gli uomini possono fare tutti gli sforzi che vogliono per avvicinarsi a Dio: possono creare movimenti, istituzioni, chiese e in questo caso sinagoghe. Ma se manca l’annuncio del vangelo, la buona novella di Gesù morto e risorto, queste istituzioni restano confinate in una frontiera religiosa, in una serie di buone regole di condotta che però non incidono sulla sostanza della vita. Era necessario annunciare il vangelo nelle sinagoghe, perché l’ebraismo che vi veniva predicato era solo una religione, e mancava dell’elemento centrale dell’incontro con Dio nell’uomo Gesù Cristo.
Non è diverso da quello che viviamo oggi nel XXI secolo. Vediamo molta religione, ma poca fede. Statistiche su quanti appartengono ad una certa chiesa, ma non sappiamo quanti di questi ascoltino realmente la Parola di Dio. La prima frontiera che quindi il viaggio di Paolo e Barnaba abbatte è quella che ci invita a superare le nostre tradizioni religiose per ascoltare direttamente e personalmente la Parola di Dio. A superare il Natale con le sue tradizioni per cogliere il senso profondo dell’incarnazione, giusto per restare in attualità.
2.    L’incontro con Bar-Gesù: superamento della superstizione
Nell’Antico Testamento troviamo più volte richiami contro i maghi, contro la divinazione o la magia, e ancora contro la falsa profezia, che promette cose che non si realizzano. Anche nel libro degli Atti abbiamo già incontrato un altro mago, quel Simon Mago che sembrava essersi convertito in Samaria. Questo mago, probabilmente portatore di un misto di ebraismo e magia, sembra anche essere piuttosto influente, visto che affianca il proconsole romano Sergio Paolo. Ieri come oggi la magia e la profezia affascina molte persone, e questo indipendentemente dalla razionalità e dalla modernità di una società. E’ curioso vedere che ridiamo di molte credenze che troviamo in culture meno influenzate dal pensiero razionalista della nostra, come quella africana ad esempio,quanto al contempo nella nostra società vivono maghi, fattucchieri, profeti di futuro e quant’altro. Probabilmente la possibilità di incidere sulla realtà in modo da manipolarla, o ancora pensare di prevedere quello che succederà in futuro toccano alcuni bisogni di onnipotenza, o di insicurezza, tipici di ognuno di noi. Ma anche questa è una frontiera che il vangelo invita a superare. Probabilmente a questo Bar-Gesù dà fastidio sentire delle persone che invitano ad abbandonarsi totalmente nella mani di Dio, lasciando che sia lui a determinare la realtà, piuttosto che invece pensare di essere dei piccoli dei che la manipolano a loro piacimento con la magia. Ma il vangelo denuncia queste pretese, per il semplice motivo che sono false. Sono illusioni spesso utili a far guadagnare qualche furbo, che in realtà non cambiano nessuna realtà e non predicono nessun futuro. E’ emblematico che la punizione che lo colpisce è proprio la cecità, simbolo dell’incapacità di vedere la luce e della volontà di lasciare all’oscuro anche altri, come il console in questo caso. Le parole di Paolo possono sembrare dure, ma è opportuno che anche dalle chiese ogni tanto qualche voce si levi a condanna di tanta ciarlataneria che inganna le persone in modo subdolo, rendendole schiave di cartomanti, fattucchieri e altri ciarlatani che spesso creano dei vincoli pesanti nelle persone che li seguono. Superiamo dunque la frontiera della superstizione, della falsa credenza, per entrare nella luce del vangelo che annuncia l’incontro con il vero creatore della realtà e del futuro.
3.    L’incontro con Sergio: il superamento delle culture e dei ceti sociali
Abbiamo già visto come la traiettoria dell’intero libro degli Atti sia quella di andare da Gerusalemme a Roma, intendendo con questo la massima universalizzazione del vangelo: Cornelio è stato il primo romano che ha aperto il cuore al regno di Dio, aprendo la strada per tanti altri. E’ curioso che le sinagoghe che avrebbero dovuto essere più direttamente interessate dal messaggio sono spesso più restie, mentre personaggi dell’amministrazione romana, come questo, presentano un’apertura maggiore. Ma quello che riteniamo da questo episodio, è proprio il superamento di una frontiera culturale, e nazionale. Il vangelo non è appannaggio degli ebrei. Parte dall’ebraismo, ma muove verso l’uomo, concepito universalmente come creatura di Dio. Nel tempo molti missionari hanno confuso il vangelo con la loro propria cultura, diffondendo di fatto un insieme di valori occidentali non necessariamente coincidenti con quelli cristiani. In questo incontro Sergio rimarrà romano, e arricchirà il vangelo di quei valori che la sua cultura gli ha trasmesso. E Paolo annuncia un messaggio che ha avuto una parte dottrinale, di contenuto, ed una parte di dimostrazione potente, con l’accecamento temporaneo del mago. E’ bello vedere che il rappresentate della cultura più potente di quel tempo, posto in una carica di assoluta priorità, accetta facilmente la parola di un uomo che viene da un’altra cultura e che fa parte di una classe sociale ben inferiore, ma che è in grado di dare un messaggio non culturale o sociale, ma spirituale.
Sforziamoci di annunciare un cristianesimo che sia universale. Che sappia cogliere le massime autorità, i politici come gli operai, le donne come gli uomini, gli occidentali come gli orientali. Laddove il mondo separa con una serie di linee che attraversano la nostra società, abbiamo il dovere di proporre un messaggio che, nella conversione e nell’universalità, sia in grado di unire.
4.    L’incontro con la sinagoga di Antiochia di Pisidia: il superamento delle leggi naturali.
Si tratta qui dell’incontro con una seconda sinagoga, e vale certamente quanto detto della prima: la preoccupazione di Paolo e Barnaba è quella di annunciare quanto successo in seno all’ebraismo, e di raccontare l’adempimento delle promesse dei profeti. Così Paolo e Barnaba prima ascoltano il normale culto sinagogale che prevedeva la lettura delle varie parti della Bibbia ebraica, che prevede passi dalla Legge (la Torah) e dai profeti e poi, dopo un breve excursus di storia di Israele, non diverso da quelli che abbiamo già letto fatti da Pietro, annuncia il vangelo. Cerchiamo di capire a fondo quanto le parole di Paolo potevano colpire quegli ebrei: le parole ormai millenarie, lette sabato dopo sabato nelle sinagoghe e a Gerusalemme nel tempio, trovavano un punto di arrivo, e quindi anche di cambiamento. Qui ugualmente devono superare delle barriere religiose, perché s tratta di accettare un cambiamento nella percezione di Dio: il Dio Altissimo ed invisibile si è reso visibile in un uomo! Questo comporta un grosso cambiamento nella propria mentalità, ma anche una promessa che porta a superare altre barriere. Paolo, nel suo discorso riportato da Luca, insiste molto sull’idea dell’ingiustizia della condanna di Gesù e, nonostante questa, sulla resurrezione; o meglio ancora del fatto che non ha conosciuto la “decomposizione”. Il cadavere decomposto veniva considerato dagli ebrei come qualcosa di impuro, di “corrotto”, come alcune traduzioni riportano. Il miracolo operato da Dio consiste nel sorpassare quest’ultima frontiera naturale, a cui sono invece soggetti tutti i corpi umani, cioè la morte e la decomposizione. Il carattere sconvolgente del vangelo sia per gli ebrei di quel tempo che per ogni uomo è proprio questo: è adempi messo delle promesse di un discorso profetico fatto indietro negli anni, e la sua forza sta che supera le frontiere naturali: in Cristo non si muore più! In Cristo si ha la certezza che la morte non ha l’ultima parola su di noi e sulla nostra vita. Certamente si continua a morire, e la morte rimane un fatto triste ed atroce. Ma è spogliata di quel carattere di determinatezza che ha in un’ottica umana. La morte è un addormentamento temporaneo, perché la resurrezione di Cristo è vita per chiunque crede. Ed è vita in quanto perdono dei peccati, e giustificazione. A salvare, non sono i riti religiosi, le pratiche raccomandate dalla legge, le sane abitudini che ieri come oggi possiamo adottare: a salvare è l’abbracciare Cristo, comprendendo la potenza della sua resurrezione.
Questo discorso divide: ma non divide più in modo etnico. Alcuni dei gentili accettano, altri no. Alcuni ebrei accettano, altri vogliono ascoltare ancora, altri sobillano la folla contro Paolo e Barnaba, a conferma che questo viaggio non è un piacevole viaggio di piacere. Ma attraversare delle frontiere può essere anche molto doloroso, come potrebbero insegnarci molti immigrati o profughi che per venire in Italia hanno attraversato difficoltà enormi. Paolo e Barnaba viaggiano per il Signore e questo comporta gioie e pericoli. Il mio augurio per questo 2012 che comincia e che possiamo viverlo un po’ come questo viaggio, avendo a cuore l’annuncio del vangelo alle diverse categorie di cui è composta la nostra società.

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