mercoledì 16 maggio 2012


Atti 9:1-31 
La via di Damasco 22 -10 - 2011


1 Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2 e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della via di Cristo, che avesse trovati. 3 E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4 e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». 5 Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! 6 Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». 7 Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. 8 Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, 9 dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
10 Ora c'era a Damasco un discepolo di nome Anania e il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». 11 E il Signore a lui: «Su, va' sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, 12 e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista». 13 Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli (santi)  in Gerusalemme. 14 Inoltre ha l'autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». 15 Ma il Signore disse: «Va', perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; 16 e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». 17 Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratellomio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo». 18 E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, 19 poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, 20 e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio. 21 E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti?». 22 Saulo frattanto si rinfrancava sempre più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo. 23 Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei fecero un complotto per ucciderlo; 24 ma i loro piani vennero a conoscenza di Saulo. Essi facevano la guardia anche alle porte della città di giorno e di notte per sopprimerlo; 25 ma i suoi discepoli di notte lo presero e lo fecero discendere dalle mura, calandolo in una cesta.
26 Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo. 27 Allora Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28 Così egli potè stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore 29 e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo. 30 Venutolo però a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
31 La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo.


Ma è proprio vero che le persone possono cambiare? Il passo di oggi è accattivante e spettacolare, ma se non ci rendiamo conto di quanto potesse essere antipatico  e temuto dai cristiani Saulo di Tarso, difficilmente riusciremo a capire quello che leggiamo. Se coloro che hanno massacrato domenica scorsa 9 ottobre 24 cristiani Copti in Egitto si presentassero ai funerali chiedendo scusa ed annunciando che Cristo è il Signore e che bisogna convertirsi, riusciremmo a credergli? Diversi fatti della nostra attualità ci aiutano ad avvicinarci a questo passo fondamentale del libro degli Atti che ci parla del personaggio, forse più influente del nuovo testamento dopo Gesù stesso.


1. Conversione di Paolo opera di Dio, opera del popolo di Dio.
In questo libro stiamo ascoltando di diverse conversioni, ognuna a suo modo eccezionale e rapprentativa di un certo tipo umano o gruppo di persone. Dopo le prime conversioni avvenute a Gerusalemme, bbiamo visto quella dei samaritani il popolo “cugino”,ma considerato male, quella dell’eunuco, rappresentante di un mondo lontano e diverso, ed ora assistiamo a quella di un nemico della chiesa. Si era già parlato di Paolo nel libro degli atti, e precisamente quando era stato raccontato l’episodio di Stefano, martirizzato. Paolo è pericoloso avversario della chiesa che ottiene permessi speciali dalle sinagoghe per denunciare i cristiani e poterli imprigionare. Ci sono persone che ci vengono presentate alla ricerca di Dio, come il centurione Cornelio di cui si parla nel capitolo successivo, mentre con Paolo vediamo l’esatto contrario: un uomo che pensa di rendere un favore a Dio, uccidendo altri uomini. Un fanatico quindi, un integralista ebraico che nel nome di Dio perseguita ed uccide. Di fronte a vite così profondamente accecate è necessario che Dio intervenga in modo speciale, quasi come un oculista che con un’operazione riesce a levare delle cateratte dagli occhi di un paziente.
Proprio mentre si sta recando in una delle sue missioni persecutorie Paolo viene colpito da alcuni fenomeni soprannaturali: una voce, che sentono anche quelli che sono con lui ed una luce che lo acceca, quasi a voler portare all’estremo le conseguenze della sua cecità spirituale. Abbiamo visto persone venire a Dio in modo più semplice, più naturale, senza il bisogno di questi fatti straordinari. Qui vediamo Dio all’opera che con visioni, suoni e luci si manifesta, ed in questa potenza vediamo la grandezza della grazia di Dio che dispiega la sua potenza proporzionalmente alla durezza del cuore umano.
Questo passo ci insegna in primo luogo qualcosa di molto importante relativamente alla conversione: la conversione del cuore dell’uomo è opera di Dio, né più né meno di come un’operazione chirurgica è opera di un medico e non di un paziente. Paolo non aveva nessuna intenzione di convertirsi, se non quando scopre che “l’io sono” dell’antico testamento che lui credeva di servire è quella stessa voce che ora gli dice: “Io sono – Gesù”(6). A volte, per convertire un cuore, c’è bisogno di arrivare fino all’estremo, lasciando pure che faccia il male, ma il Signore conosce i tempi e le circostanze in cui intervenire, operando il miracolo della conversione. E sceglie, per fare strumenti. L’elezione è proprio questo: non è la scelta arbitraria di un Dio che prende alcuni e lascia altri, ma l’operazione con cui Dio sceglie al nostro posto ciò che non avremmo mai scelto come uomini.
Ma se la conversione è interamente opera di Dio, e lo è tanto per chi cerca da sé, quanto per chi non cerca, come Paolo, mi colpisce molto notare come sia importante il ruolo di tutto il popolo di Dio in questo racconto della conversione di Paolo. Innanzi tutto ricordiamo che quando Stefano fu lapidato invocò il perdono per i suoi uccisori. Ed ora uno degli uccisori, che osservava il martirio, si converte e diventa uno strumento eccezionale nelle mani di Dio. Le preghiere di Stefano hanno avuto una risposta, e questo non comporterà la resurrezione di Stefano, ma la crescita della chiesa. Ma non c’è solo Stefano: c’è Anania, che ha il semplice merito di esserci, di esistere in quanto discepolo pronto a servire la causa del regno senza esitazione, nonostante la paura che ha di Paolo. Ed una cosa che colpisce particolarmente è proprio il gran numero di nomi con cui vengono designati i membri del popolo di Dio in questo passo: discepoli del Signore, seguaci della via, i tuoi santi (13) quelli che invocano il tuo nome (14). Non è ancora apparso il nome di cristiani, ma questi modi di indicare danno tutti l’idea di un cammino, di un movimento, di una relazione o di sequela, o di invocazione verso il Dio. Ed ancora più sorprendente che Gesù dica: “Perchè mi persegiti”, quasi a dire che i discepoli sono il suo stesso corpo, visto che sta perseguitando loro. Anche il ruolo dei discepoli è determinante nel preparare e permettere la conversione di Paolo, non fosse che per l’essersi lasciati perseguitare senza rispondere con la violenza, ma offrendo una testimonianza che da sola parla.
Tutto ciò parla anche a noi: possiamo parlare di Dio quanto vogliamo, ma senza mai scordare che sarà Dio a convertire e non noi. Ma nel ricordare che è Dio che converte non scorderemo mai di avere un ruolo determinante, di discepoli attivi, che preparano la via, che seguono la via e che cooperano con Dio nel convertire i cuori.
2. L’uomo può veramente cambiare.
Il racconto che segue la descrizione della conversione ci fa vedere che questa è seguita da certo scetticismo, ed è normale. Anania inizialmente diffida, lo stesso i cristiani di Damasco e poi quelli di Gerusalemme, che vengono rassicurati da Barnaba. Quello che però colpisce in questi cristiani è come sono pronti ad accettare che questo personaggio temuto e che ha ucciso alcuni loro fratelli come Stefano, sia realmente cambiato. Qualche giorno fa abbiamo sentito il racconto della morte di Gheddafi. Immaginiamo che prima di morire Gheddafi si fosse convertito, o più semplicemente che si fosse riconosciuto colpevole di crimini e misfatti ed avesse chiesto scusa ai libici, chiedendo perdono: gli avrebbero creduto? È veramente difficile crederlo, e forse il paragono non è del tutto adeguato, perché in questo momento Gheddafi era lui ad essere cacciato. Ma rimane il
fatto che in fondo basta poco a questi credenti per credere in questo miracolo della conversione: Anania lo chiama subito “fratello mio”, e Paolo è battezzato subito, senza lunghe procedure e questo comporta che i credenti con lui abbiano creduto nella sua buona fede. Certo, è significativo quello che dice la voce di Dio: gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome: colui che ha fatto soffrire ora servirà soffrendo, ma per il nome di Dio. E’ interessante a questo riguardo notare le differenze tra le reazioni della sinagoga e quelle della chiesa: la chiesa accetta come un fratello colui che li ha precedentemente massacrati; la sinagoga si accanisce contro uno che mette in discussione la violenza usata contro i cristiani e scopre la veda fede, al punto di volerlo uccidere e doverlo fare fuggire.
Dobbiamo ricordare che la fede cristiana è in primo luogo pacifica. Accetta la persecuzione e crede ogni cosa. Dobbiamo chiederci in che misura saremmo pronti a tollerare la conversione di persone che ci sono ostili, magari di quei politici che detestiamo perché sappiamo essere ladri e usurpatori del bene pubblico, o di quei personaggi che ancora oggi perseguitano la chiesa. Io non so se sarei in grado di perdonare qualcuno che per motivi di fede ha ucciso un mio figlio, o un mio caro amico. Ma l’esempio che ci forniscono questi primi credenti è proprio questo: l’entrata nel regno di un nemico della fede, è più grande del nostro astio e dei nostri sentimenti di vendetta. La via che porta a Dio deve riuscire a passare sopra la bassezza umana, ed anche ai suoi giusti sentimenti di rivalsa. Ed anche questo è opera di Dio.

3. Qual è il segno della conversione?

I discepoli accettano che Paolo si sia convertito: ma cosa lo prova? Quali sono i segni che rassicurano i discepoli e permettono di accettare Paolo come un fratello? Per Anania si tratta della visione stessa, mentre per gli altri discepoli ci sono alcuni fatti importanti: innanzi tutto il racconto stesso della conversione di Paolo, e la visione vengono riconosciuti come veri, e questo è significa che quei discepoli erano capaci di discernere spiritualmente se Paolo stesse raccontando delle
favole o stesse dicendo la verità. Ma soprattutto quello che convince è che Paolo, come prima reazione comincia a proclamare che Gesù è il figlio di Dio. Non perde un minuto per cominciare a visitare le sinagoghe a cui prima portava lettere, che si stanno sbagliando, che non bisogna uccidere che ha trovato la via di Dio, ma amare e proclamare con coraggio il nome di Dio, col risultato che alcuni giudei sono “confusi” non sanno bene come rispondere. In altre parole il vero segno che rende Paolo credibile è l’impulso evangelistico immediato che lo porta dalla voglia di perseguitare ed uccidere. a quella di annunciare il vangelo, portando libertà e luce.
Questo ci riguarda forse più da vicino, noi che non viviamo in un mondo in cui si perseguitano le persone per motivi religiosi: abbiamo tutta la libertà di evangelizzare e di annunciare. Ma in che misura lo facciamo? In che misura abbiamo voglia di dire ad amici, vicini, parenti, colleghi, compagni di sport o di viaggio che la cosa più importante sulla terra è proprio il nome di Gesù? In che misura affiniamo le nostre argomentazioni per presentare una fede credibile da ogni punto di vista, e schietta e diretta, come lo è una fede che sente di essere stata determinata solo da Dio? Questo è l’esempio di Paolo ed il risultato di una chiamata eccezionale, ma non di più di quanto lo sono le singole chiamate ed i singoli miracoli con cui Dio converte i cuori di ognuno di noi. AMEN

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