giovedì 23 luglio 2015

Per leggere il vangelo di Luca 7, 1-16  clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php?versioni%5B%5D=C.E.I.&riferimento=Luca7

1. Due personaggi molto diversi: la fede non dipende dalle persone
e (la centuria), che è un una persona di successo. E’ straniero, quindi cittadino romano ed in posizione di dominio rispetto agli ebrei, ed è un militare, quindi incarnazione di un certo potere; è una persona con molte responsabilità e uomini che dipendono da lui, e che probabilmente sono contenti di dipenderne perché fa del bene sia al popolo che al suo servitore malato. Il ritratto perfetto di uno straniero arrivato a conquistare che finisce per servire…
La vedova è il contrario. Non ha nessun tratto degno di nota e di lei non si sa niente, se non che ha subìto un primo lutto, quello del marito di cui non sappiamo niente, ed ora un secondo ancora più atroce, perché ha perso il suo unico figlio. Sappiamo inoltre che è un’ebrea, di una cittadina della Galilea. Cosa c’è in comunque tra queste due persone? Perché il vangelo di Luca le pone l’una accanto all’altra, o meglio ancora, perché Gesù scegli di operare questi due miracoli, simili nella sostanza, l’uno dopo l’altro?
            Un primo dato che abbiamo è che questi personaggi nonostante questa loro enorme diversità sono entrambi oggetto della grazia di Dio. Gesù ascolta con amore i delegati del centurione, e con lo stesso amore si avvicina alla vedova. Gesù non esclude il primo per il troppo successo, né la seconda per il poco. Vede la fede di entrambi. Questo semplice accostamento ci mostra che la fede non dipende da nessuna circostanza umana, dal fatto di trovarsi in una situazione di sofferenza o agio, ma dal passo che Dio fa, o che accetta di fare se glielo si chiede, verso gli uomini.
            Molti personaggi ci sembrano irraggiungibili dal vangelo, dalla nostra predicazione. O perché ci pare stiano troppo bene o perché li vediamo troppo depressi e sofferenti per pensare che possano alzare gli occhi verso Dio. Questo passo ci mostra che il vangelo si rivolge proprio a tutti.

2. Il valore degli intermediari.
Un'altra caratteristica accomuna questi due passi: l’attenzione di chi legge non è attratta dai miracolati, cioè dal servitore e dal figlio della vedova ma dagli intermediari: il centurione e la vedova. Il primo dimostra una grande fede. Eppure non è ebreo, e non ci viene specificato che sia stato un proselito, cioè uno di quei romani che volevano convertirsi – anche se è verosimile che lo sia stato. Ma ha capito chi è Gesù e che qualsiasi cosa succeda o possa succedere al mondo dipende da Lui. La seconda è ebrea e della sua fede non si sa proprio niente. E’ talmente sobria, modesta ed intima che non ci viene neppure detto se c’era… Ma Gesù l’ha vista, ed accanto alla fede ha visto la sofferenza di una madre segnata da una duplice tragedia. Ed ha salvato suo figlio.
            Già al capitolo 4 del vangelo di Luca avevamo visto un paralitico essere salvato dalla fede di 4 persone che lo hanno calato in una stanza in cui c’era Gesù. Capiamo quindi che Gesù non guarisce solo persone che dimostrano di avere fede in lui, ma anche persone vicine ad altre che hanno fede, come questo servitore e questo figlio. E’ vero che la fede è responsabilità personale e rapporto individuale tra ogni uomo e Dio, ma può diventare anche strumento di amore verso gli altri.
            C’è per noi un incoraggiamento a pensare che la potenza della nostra fede non riguarda solo le nostre vite, e le nostre personali salvezze, ma anche quelle di altri. La fede è individuale, ma si inserisce nella nostra vita che è fatta di relazioni con gli altri e come ha cambiato noi miracolosamente può cambiare anche gli altri. Il fatto che esistano le chiese o che ci si senta parte di una chiesa ha senso nella misura in cui queste vogliono sentirsi proprio come questo centurione o questa vedova, che salvano se stessi, ma che sono benedizione e salvezza anche per altri.
3. Il riconoscere qualcuno al di sopra. Sottomissione. La gloria a Dio.
C’è un ultimo elemento che accomuna i due personaggi. Entrambi, in funzione delle loro condizioni umane potrebbero sentirsi autosufficienti. Il centurione è un uomo integrato, amato dal popolo che ha aiutato e dai suoi servitori di cui mostra di aver cura. Potrebbe bastare a se stesso. La vedova potrebbe chiudersi nel suo dolore e crogiolarsi nella sofferenza senza vie d’uscita. Invece l’uno e l’altra nella sofferenza scoprono che esiste qualcuno infinitamente al di sopra di loro che può vincere la loro sofferenza, e davanti a lui si umiliano. Il centurione dicendo a Gesù di non venire a casa sua perché egli stesso non ne è degno; la vedova con il silenzio. L’aver capito questo porta non solo alla guarigione del servitore e del figlio, ma ad un riconoscimento pubblico della grandezza di Dio. Il Centurione capisce che le parole di Gesù sono più potenti dei suoi ordini ai soldati. Le persone che assistono la vedova riconoscono pubblicamente che “un grande profeta è sorto tra noi” e che “Dio ha visitato il suo popolo”.
Il vangelo è ancora oggi un messaggio di guarigione esteriore ed interiore e sicuramente è un messaggio di vittoria della morte. Resurrezioni come quelle viste in questo episodio sono eccezionali, ed il dolore che alleviano è temporaneo, nel senso che prima o poi questo fanciullo morirà comunque. Certo, morirà dopo aver aiutato sua madre, quindi in circostanze ben diverse, ma morirà. La resurrezione di Gesù, e la sua vittoria della morte sulla croce, sono per ognuno di noi oggi una promessa di resurrezione eterna, da fare propria ed annunciare pubblicamente. Il Signore ci invita a fare nostre le parole del centurione che dice: non sono degno, ed il silenzio della vedova che si trova smarrita davanti alla morte. Davanti a questo confessarsi peccatori o limitati Dio ci regala una vita nuova, acquistata a prezzo della sua morte sulla croce che ha perdonato la nostra indegnità e la nostra incapacità di fede.

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