Luca 8, 40-56
Chi ha la precedenza?
Un miracolo interrotto: perché?
Luca 8, 40-56. Per leggere il testo clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php
Il vangelo di Luca ci presenta in questo passo due casi di malattia nei quali è piuttosto facile identificarsi oggi. Il primo riguarda un padre che ha una figlia malata, e chi ha dei figli sa bene quanto ci si senta male quando stanno male i nostri figli. Il secondo presenta il caso di una donna che ha una continua perdita di sangue, sicuramente mestruale, che oltre a debilitarla la rende impura agli occhi del suo popolo, quindi da non toccare e da tenere a distanza, un po’ come oggi un malato di AIDS, che pur non essendo direttamente infettivo viene tenuto a distanza.
Entrambe le persone che si rivolgono a Gesù per questi mali hanno il coraggio di staccarsi dalla folla, di farsi avanti verso di lui che torna da una missione e dall’aver calmato una tempesta convinti che possa fare qualcosa per loro.
Gesù soddisferà entrambe le richieste, però l’ordine con cui fa le guarigioni presenta qualcosa di singolare: prima di soddisfare la richiesta di Iairo, si ferma a parlare con la donna che aveva il flusso di sangue. Tutta la tensione e la forza di questo passo sta proprio in questo ritardo: perché Gesù si ferma a parlare con questa donna? Avrebbe numerosi motivi per dare la precedenza alla figlia di Iairo. Primo è il primo caso che si è presentato. Secondo, la figlia di Iairo è un’emergenza, la donna dal flusso di sangue è malata da 12 anni e potrebbe aspettare ancora qualche ora. Terzo, la donna dal flusso di sangue viene guarita all’istante, e non c’è bisogno che Gesù si fermi a parlarci, o comunque potrebbe tornare dopo. Quarto, Iairo è una persona importante ed influente, mentre la donna una sconosciuta ed un’anonima; uno come Gesù che rischia al persecuzione da parte le autorità religiose, avrebbe tutto l’interesse a tenersi buono un personaggio influente come Iairo, scattando sull’attenti al suo richiamo. Perché allora questo ritardo?
Forse tra di noi c’è qualcuno che non ha il coraggio di andare davanti a Gesù per guardarlo negli occhi e che per timore, vergogna del giudizio di altri, o eccesso di riservatezza, se ne sta alle sue spalle, sperando di toccarlo. Gesù ci chiama ora a fare come questa donna, a venire allo scoperto confessando pubblicamente la nostra fede anche in un Dio che non conosciamo bene, per entrare in una relazione profonda di fede con un Dio che ci vuole conoscere guardarci negli occhi.
C’è però di più. Guardiamo le due donne, entrambe indigenti e sofferenti. La prima è tutto sommato una privilegiata, figlia di un importante personaggio che detiene una carica abbastanza importante e influente. Dell’altra poco si sa, se non che è malata e che adesso è senza soldi, avendoli spesi tutti invano. Forse era ricca, forse no, comunque è più svantaggiata. Inoltre il male che ha le crea esclusione sociale, impurità rituale protratta che la mette al bando. Gesù scegliendo di darle la precedenza, nonostante l’urgenza del suo male, le mette sullo stesso piano, mostrando che non ci sono favoritismi e che il Signore è buono ugualmente, verso i figli dei potenti come verso le persone comuni, ridotte male da malattie.
E’ un insegnamento per noi che ci spinge a considerare bene il nostro modo di rivolgerci all’esterno come chiesa, rispetto alle persone che vorremmo si aggiungessero a noi, e che invitiamo alle riunioni o a casa nostra. Ogni cultura inventa i suoi impuri: malati di AIDS, persone senza casa magari maleodoranti, mendicanti… Gesù mette i figli dei ricchi sullo stesso piano degli impuri, e questo dal punto di vista dell’accoglienza è una sfida per ogni tempo.
La pazienza di Iairo ci insegna molto. Ci insegna ad aspettare, tutte quelle volte che non vediamo il realizzarsi immediato di ciò che vorremmo, della guarigioni che aspettiamo, e che riteniamo legittime e prioritarie, perché vicine a noi. La sua fede è esemplare, perché crede nonostante la morte. Ci insegna dunque che la fede può vedere al di là dei dati oggettivi, al di là della testimonianza di un servitore. In questo senso è l’esempio di ogni fede vera che crede che Gesù abbia vinto la morte non solo di quella bambina, ma di ogni uomo che, come Iairo, si affida pienamente in noi. Di questi tempi vorremmo dire: siamo tutti la figlia di Iairo! Siamo tutti fragili creature, simili a bambini esposti alla morte più di quanto non sembri. La fede a cui Gesù ci chiama è una fede che promette una vita eterna, più importante ancora di quella restituita alla bambina, che si ottiene credendo.
Conclusione: la folla.
Questi due miracoli fanno risaltare alcuni personaggi, ognuno dei quali ha la sua importanza. I riflettori sono puntati sui miracolati, su Gesù che opera, su Iairo che chiede e su sua moglie. Un po’ in penombra personaggi come Giacomo e Giovanni che Gesù vuole accanto a sé con i genitori della bambina, o ancora il messaggero che viene ad annunciare la morte della bambina. Se però andiamo a contare le parole, viene ripetuta più volte la parola “folla”, con poi alcune variazioni, come tutti, tutto il popolo, essi… In effetti anche la folla è un protagonista di questo racconto, che preme Gesù, ascolta le dichiarazioni della donna, piange per la bambina. Alla fine proprio questa folla, che aveva anche schernito Gesù per la promessa di resurrezione della bambina, viene lasciata fuori all’ultimo momento dal maestro e, almeno nelle intenzioni di Gesù, preclusa dal vedere il miracolo.
Questo passo ci mette davanti ad una scelta: chi siamo noi rispetto a Gesù? Una folla anonima che gli gira intorno, ma non ha il coraggio di identificarsi, o delle persone che si esprimono? Il maestro ci invita ad incontrarlo per fare a noi quanto a fatto a questi. AMEN
Luca 8, 40-56. Per leggere il testo clicca qui: http://www.laparola.net/testo.php
Il vangelo di Luca ci presenta in questo passo due casi di malattia nei quali è piuttosto facile identificarsi oggi. Il primo riguarda un padre che ha una figlia malata, e chi ha dei figli sa bene quanto ci si senta male quando stanno male i nostri figli. Il secondo presenta il caso di una donna che ha una continua perdita di sangue, sicuramente mestruale, che oltre a debilitarla la rende impura agli occhi del suo popolo, quindi da non toccare e da tenere a distanza, un po’ come oggi un malato di AIDS, che pur non essendo direttamente infettivo viene tenuto a distanza.
Entrambe le persone che si rivolgono a Gesù per questi mali hanno il coraggio di staccarsi dalla folla, di farsi avanti verso di lui che torna da una missione e dall’aver calmato una tempesta convinti che possa fare qualcosa per loro.
Gesù soddisferà entrambe le richieste, però l’ordine con cui fa le guarigioni presenta qualcosa di singolare: prima di soddisfare la richiesta di Iairo, si ferma a parlare con la donna che aveva il flusso di sangue. Tutta la tensione e la forza di questo passo sta proprio in questo ritardo: perché Gesù si ferma a parlare con questa donna? Avrebbe numerosi motivi per dare la precedenza alla figlia di Iairo. Primo è il primo caso che si è presentato. Secondo, la figlia di Iairo è un’emergenza, la donna dal flusso di sangue è malata da 12 anni e potrebbe aspettare ancora qualche ora. Terzo, la donna dal flusso di sangue viene guarita all’istante, e non c’è bisogno che Gesù si fermi a parlarci, o comunque potrebbe tornare dopo. Quarto, Iairo è una persona importante ed influente, mentre la donna una sconosciuta ed un’anonima; uno come Gesù che rischia al persecuzione da parte le autorità religiose, avrebbe tutto l’interesse a tenersi buono un personaggio influente come Iairo, scattando sull’attenti al suo richiamo. Perché allora questo ritardo?
- Ritardare per relazionare.
Forse tra di noi c’è qualcuno che non ha il coraggio di andare davanti a Gesù per guardarlo negli occhi e che per timore, vergogna del giudizio di altri, o eccesso di riservatezza, se ne sta alle sue spalle, sperando di toccarlo. Gesù ci chiama ora a fare come questa donna, a venire allo scoperto confessando pubblicamente la nostra fede anche in un Dio che non conosciamo bene, per entrare in una relazione profonda di fede con un Dio che ci vuole conoscere guardarci negli occhi.
- Ritardare per imparare l’eguaglianza.
C’è però di più. Guardiamo le due donne, entrambe indigenti e sofferenti. La prima è tutto sommato una privilegiata, figlia di un importante personaggio che detiene una carica abbastanza importante e influente. Dell’altra poco si sa, se non che è malata e che adesso è senza soldi, avendoli spesi tutti invano. Forse era ricca, forse no, comunque è più svantaggiata. Inoltre il male che ha le crea esclusione sociale, impurità rituale protratta che la mette al bando. Gesù scegliendo di darle la precedenza, nonostante l’urgenza del suo male, le mette sullo stesso piano, mostrando che non ci sono favoritismi e che il Signore è buono ugualmente, verso i figli dei potenti come verso le persone comuni, ridotte male da malattie.
E’ un insegnamento per noi che ci spinge a considerare bene il nostro modo di rivolgerci all’esterno come chiesa, rispetto alle persone che vorremmo si aggiungessero a noi, e che invitiamo alle riunioni o a casa nostra. Ogni cultura inventa i suoi impuri: malati di AIDS, persone senza casa magari maleodoranti, mendicanti… Gesù mette i figli dei ricchi sullo stesso piano degli impuri, e questo dal punto di vista dell’accoglienza è una sfida per ogni tempo.
- Ritardare per la gloria di Dio.
La pazienza di Iairo ci insegna molto. Ci insegna ad aspettare, tutte quelle volte che non vediamo il realizzarsi immediato di ciò che vorremmo, della guarigioni che aspettiamo, e che riteniamo legittime e prioritarie, perché vicine a noi. La sua fede è esemplare, perché crede nonostante la morte. Ci insegna dunque che la fede può vedere al di là dei dati oggettivi, al di là della testimonianza di un servitore. In questo senso è l’esempio di ogni fede vera che crede che Gesù abbia vinto la morte non solo di quella bambina, ma di ogni uomo che, come Iairo, si affida pienamente in noi. Di questi tempi vorremmo dire: siamo tutti la figlia di Iairo! Siamo tutti fragili creature, simili a bambini esposti alla morte più di quanto non sembri. La fede a cui Gesù ci chiama è una fede che promette una vita eterna, più importante ancora di quella restituita alla bambina, che si ottiene credendo.
Conclusione: la folla.
Questi due miracoli fanno risaltare alcuni personaggi, ognuno dei quali ha la sua importanza. I riflettori sono puntati sui miracolati, su Gesù che opera, su Iairo che chiede e su sua moglie. Un po’ in penombra personaggi come Giacomo e Giovanni che Gesù vuole accanto a sé con i genitori della bambina, o ancora il messaggero che viene ad annunciare la morte della bambina. Se però andiamo a contare le parole, viene ripetuta più volte la parola “folla”, con poi alcune variazioni, come tutti, tutto il popolo, essi… In effetti anche la folla è un protagonista di questo racconto, che preme Gesù, ascolta le dichiarazioni della donna, piange per la bambina. Alla fine proprio questa folla, che aveva anche schernito Gesù per la promessa di resurrezione della bambina, viene lasciata fuori all’ultimo momento dal maestro e, almeno nelle intenzioni di Gesù, preclusa dal vedere il miracolo.
Questo passo ci mette davanti ad una scelta: chi siamo noi rispetto a Gesù? Una folla anonima che gli gira intorno, ma non ha il coraggio di identificarsi, o delle persone che si esprimono? Il maestro ci invita ad incontrarlo per fare a noi quanto a fatto a questi. AMEN
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