giovedì 23 luglio 2015

Guardare dall’alto

Piccolo esempio iniziale: immaginiamo di perderci in una città e di non trovare luoghi, strade o monumenti che stiamo cercando. Lo smarrimento deriva dal fatto che immersi nelle strade di una città non vediamo la sua totalità, e quindi potremmo essere vicinissimi al punto che cerchiamo ma non ce ne rendiamo conto. Se qualcuno ci portasse in alto con una mongolfiera in pochi secondi cambierebbe tutto, perché dall’alto riusciamo a vedere l’insieme, quindi il senso della città e capiremmo dove siamo in relazione al posto che cerchiamo. Le mappe ci aiutano in questo senso.
Ora, esperienze simili capitano anche nella vita spirituale o morale. Ci possono essere momenti di smarrimento, in cui abbiamo bisogno di cambiare prospettiva e poter osservare la nostra vita dall’alto, per capire dove essa si situi rispetto ai valori più alti, alle cose più profonde dell’esistenza, ed infine rispetto al valore massimo che è Dio.
Un testo come l’introduzione della lettera di Paolo agli Efesini ha proprio questa caratteristica: ci invita a guardare la realtà da una prospettiva diversa da quella comune, portando l’attenzione dei lettori su una serie di fatti, di realtà e di avvenimenti che vengono chiamati “celesti”, cioè accaduti in una sfera diversa da quella della “città della vita quotidiana” in cui siamo immersi, ma che invece di farci vivere nelle nuvole ci fanno riposizionare il senso della nostra vita. Paolo scrive a persone che hanno conosciuto Cristo e ricorda loro alcune verità celesti accadute a prescindere da loro stessi che nondimeno faranno da cardine alla loro esistenza terrena.

1. Benedetti di ogni benedizione spirituale. (3)
Il primo grande messaggio è che i luoghi celesti - che non vanno capiti come dei luoghi fisici, ma piuttosto come dimensione spirituale della vita – sono un serbatoio di benedizioni inesauribili e già date. E’ importante insistere sul tempo di questo semplice verbo: “ci ha benedetti”, quindi è già successo, non è una promessa vaga o data in speranza; Dio è benedetto da Paolo per aver già benedetto in Cristo coloro che vorranno diventare suoi discepoli. Riprendendo la metafora iniziale, quella del guardare dall’alto, dobbiamo affermare che la bellezza della vita sta in questo: la vita non si ferma alla materialità, e rivolgere lo sguardo verso i luoghi celesti garantisce una benedizione infinita che dà alla vita un nuovo senso, grazie al quale la vita acquista una pienezza e una bellezza che senza la dimensione spirituale restano nascoste. Piccolo esempio: la nostra città, Lucca, è senza dubbio una bellissima città; chi nel visitarla volesse salire sulla Torre Guinigi, la osserva dall’alto e ne scopre una bellezza ulteriore, inattesa e sorprendente. Guardare la vita nella sua dimensione spirituale, come premessa per una vita nuova, è un po’ come salire sulla torre Guinigi e capire non solo il senso della città, ma vederne accresciuta la bellezza.
Questa è la premessa. Passiamo a vedere i contenuti di questo sguardo dall’alto.

2. Eletti perché fossimo santi. (4-6)

Una prima benedizione è il fatto di essere “eletti”. Termine complicato, che significa scelti. L'idea di essere scelti in quanto persone, ha suscitato nella storia numerosi dibattiti. Se si viene scelti si potrebbe avere l'impressione di non avere più una volontà propria, ed il v. 5 che parla di “predestinati”, e di “disegno benevolo della sua volontà”, rinforza l'idea di una volontà esteriore che potrebbe farci sentire semplici marionette. Questa idea di una scelta che non dipende dai singoli viene usata sia come scusa per non avere fede (“che ci posso fare io se non credo, non sono stato scelto...), che come motivo di orgoglio per chi ha fede (“Noi siamo eletti, altri no...”). Entrambe le idee mancano l'idea centrale del passo, che ci fa capire perché essere eletti è una benedizione. Mentre in molte religioni c'è l'idea che la spiritualità, la vita immateriale sia un qualcosa a cui tutti tutti esercitando la propria saggezza possono arrivare, nel cristianesimo c'è un'idea completamente diversa: siamo incapaci di cercare Dio, ed è lui, che indipendentemente da ciò che vogliamo cerca noi. I credenti sono quindi scelti per andare a loro volta a portare un messaggio che permette ad altri di essere scelti. Qui non viene affatto detto che alcuni sono scelti ed altri no, ma semplicemente che indipendentemente dalle nostre capacità veniamo scelti per un preciso compito: essere santi, irreprensibili ed adottati. E' molto facile pensare di essere scelti da Dio per qualche merito particolare; ben più difficile invece è maturare la consapevolezza di dover ricercare la santità per il semplice motivo che siamo stati adottati come figli da Dio stesso. Siamo nati come orfani spirituali e Dio ci ha adottato. In ringraziamento di questa adozione si ricerca un comportamento santo e irreprensibile, cioè conforme ai suoi comandamenti. E' l'esatto contrario della logica della saggezza di molte religioni, per cui sforzandosi di essere saggi e santi si ottiene il premio. In Cristo le cose vanno al contrario: Cristo, tramite la chiamata di qualcuno che a sua volta è chiamato, ti sceglie e ti chiama a diventare suo fratello, e figlio del Padre; ne deriva una gratitudine che fa cambiare la vita, nei suoi stili e nei suoi comportamenti. Ed anche nei suoi fini, perché il nuovo fine della vita è la gloria di Dio. Ecco perché essere eletti è una benedizione!

3. In lui abbiamo la redenzione. (7-10)

Questa benedizione è centrale non solo per la sua posizione ma anche per la sua importanza: la fede cristiana è critica rispetto all'esistenza umana. C'è qualcosa che non va tra uomo e Dio, una tensione che va risolta. Perdono o redenzione dei peccati, sono termini sinonimici. Paolo, e molti altri passi della Bibbia, chiamano questa rottura tra uomo e Dio “peccato”, e le sue manifestazioni concrete “peccati”. Non sono altro che la volontà umana di essere autonomi, cioè di decidere il bene ed il male indipendentemente da Dio. Questo porta ad una stortura del mondo creato da Dio fatto di brutture, i peccati, e la necessità di una redenzione. Non sono però gli uomini a risolvere il problema del peccato con riti espiatori o con sforzi miglioratori. Il problema del male si risolve con il sangue versato sulla croce da Gesù, e con il riversamento della sua grazia su di noi. Una vittima innocente e giusta prende su di sé le colpe di molti colpevoli ed ingiusti e Dio perdona.
Tuttavia questa redenzione non si limita a riguardare i singoli individui da cui è composta l'umanità. Abbiamo spesso nelle nostre chiese una comprensione molto individualistica della redenzione e del perdono, nel senso che lo capiamo come il perdono di una specifica persona, di un singolo peccatore. Qui ci viene detto che fa parte di questa redenzione il ricevere un'intelligenza ed una sapienza che permettono di intravedere un grande disegno divino: raccogliere sotto Cristo tutte le cose: tanto quelle che sono in cielo, quanto quelle che sono sulla terra. Che significa? Prima ancora di rispondere faccio notare che questo non significa salvare delle anime. Significa che una volta perdonati si conosce un incremento dell'intelligenza e della saggezza che permettono di vedere un progetto divino consistente nel sottomettere tutta la realtà a Cristo: anche la realtà oggettiva, non umana, materiale... Probabilmente si tratta di una benedizione che richiede meditazione e riflessione per essere pienamente recepita, ma credo di capire che Paolo intenda dire che la realtà che abbiamo davanti, composta di tante cose diverse (arte, tradizioni, scienza, fenomeni atmosferici, politica, ecc.) per quanto possa sembrare arbitraria o fatta di cose separate tra di loro, in realtà verrà assorbita sotto un principio unico ed unificante. Le cose belle, buone e giuste prodotte dalla cultura umana, le scoperte scientifiche reali, le intuizioni filosofiche vere, non saranno buttate via: verranno ricondotte alle realtà celesti da cui dipendono, e si dimostrerà la profonda unità che sotto il capo di Cristo assumono. Questo ci propone quindi una fede che non è solo semplice esaltazione individuale per la propria salvezza, ma è una fede che ci benedice facendoci scoprire la grande ricchezza del mondo che sarà riassunto, ricapitolato, sottoposto all'unico principio fondante di Cristo che ne darà l'unità. Niente verrà perso, né gli esseri umani né le cose del mondo create da Dio o dagli uomini che danno gloria a Dio.

4. Eredi... a lode della sua gloria (11-12)
Un'ulteriore benedizione è quella di essere stati fatti eredi, proprio come i figli di un padre con dei possedimenti ereditano quello che egli ha accumulato nella vita. Gesù Cristo non ha accumulato per noi case, soldi o terreni; ci ha lasciato in eredità qualcosa di più: il suo regno eterno, ed il compito di amministrarlo e farlo crescere. Ma cos'è il suo regno? E' l'affermarsi nei cuori della gente e nelle realtà spirituali del mondo (quelle che altrove nelle epistole di Paolo vengono chiamati principati, potestà, autorità) della sovranità di Dio. Mano a mano che i cuori delle persone si convertono a Dio il regno cresce; in tutte le situazioni di conquistata giustizia, di male sconfitto, di guerre sedate, di litigi calmati, o di parola di Dio proclamata per dire che la parola ultima su tutto è di Dio, il regno cresce. Questa benedizione ci fa capire che la salvezza non finisce con la nostra conversione: inizia lì, perché dal momento in cui capiamo le benedizioni precedenti e cominciamo allora a guardare la vita dall'alto, capiamo che la nostra salvezza continua a farsi e a realizzarsi nell'amministrazione di questo regno che ha per scopo ultimo la gloria di Dio. Inoltre questo regno non finisce. E' un regno eterno, che con la fine del secolo presente vedrà il giudizio dell'umanità e del mondo e continuerà ad esistere come regno.
Se mi chiedono che lavoro faccio, rispondo che insegno francese; se mi chiedono chi sono dico il mio nome, il posto dove abito. Ma oltre a queste risposte aggiungo che sono un cittadino del regno di Dio, erede del suo regno, che lavora per la sua gloria. E' una grande benedizione, che sottrae la mia vita da una vita priva di senso, e le dà il senso eccezionale di lavorare, adoperarsi, studiare, muoversi, viaggiare per la gloria di Dio. Anche questa è il frutto di una predestinazione, di una decisione su ciò che sarebbe accaduto a chi crede, presa nei luoghi celesti anche prima che noi esistessimo, che Paolo attribuisce ai primi che hanno creduto (noi che per primi), ma che riguarda ogni credente, come viene poi detto nel verso successivo.
Chi non ha sognato almeno una volta di ricevere un'eredità da un qualche zio d'America sconosciuto che potrebbe aver lasciato qualche casa, qualche mucchio di dollari o altro che ci dia una mano a sostenere le nostre spese? Gesù Cristo ci ha lasciato molto di più nei luoghi celesti, facendoci cittadini di un regno eterno, che ci insegna a relativizzare ogni bene terreno ed ogni mancanza alla luce della più grande impegno di contribuire alla sua gloria. Siamo eredi, ed eredi ricchi!

5. In lui avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo, pegno della nostra eredità. (13-14)

Un'ultima benedizione le riassume tutte. Paolo si rivolge a persone che hanno conosciuto Dio da poco, che non sono nate nell'ascolto del vangelo. C'è un “noi” fatto da Paolo e dagli apostoli che hanno annunciato e c'è un “voi”, fatto dai credenti di Efeso che hanno sperimentato queste benedizioni in un secondo momento. Ma il modo in cui le hanno ricevute è tale per cui non c'è differenza tra chi le ha avute prima e chi dopo ed è per altro l'unico modo per accedere alle benedizioni stesse, che non ha caso Paolo mette alla fine della sua lista di benedizioni, quasi a ricordare che è la condizione di tutte: il ricevere lo Spirito Santo. Finora Paolo ha parlato di Dio padre, di Gesù Cristo, ed ora introduce la terza persona della trinità, Dio che agisce ed abita in noi. Tutte queste benedizioni si hanno se si è ricevuto lo Spirito Santo, cioè se Dio è venuto ad abitare dentro il nostro spirito diventandone la guida.
Ma come si riceve? Nella nostra cultura cattolica c'è la convinzione che questo si riceva con il battesimo, ma non è così; lo Spirito Santo si riceve ascoltando la Parola della Verità ed il vangelo della salvezza, ancora una volta sinonimi, ed in seguito credendo in lui. E' importantissimo capire che lo Spirito Santo non può essere il risultato di un rito o di una sorta di operazione magica; è uno spirito che opera nella nostra mente e che ascoltando il vangelo, cioè ciò che Dio ha fatto per noi e ricevendolo nel cuore con convinzione dicendo sì al Dio che ci chiama, si riceve. Chi lo riceve sente la propria vita cambiare, tanto interiormente quanto esteriormente. Ecco perché è un sigillo, un segno posto sopra chi crede. Perché se una vita cambia, si vede.
Ugualmente è pegno dell'eredità che abbiamo, qui compresa come il regno ultimo, quello dell'eternità. Un pegno è un qualcosa che viene dato a garanzia; lo Spirito Santo è un pegno per il tempo presente che rassicura e garantisce ad ogni credente che la sua salvezza è certa, fintanto che Dio non avrà finito di redimere quelli che si è acquistati. Quest'ultima benedizione le riassume tutte, perché guardare dall'alto significa proprio guardare con gli occhi dello Spirito Santo.

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