giovedì 23 luglio 2015

Luca 5, 12ss Guarire esteriore, guarigione interiore

Gesù che le malattie erano in qualche modo conseguenze di peccati commessi da una persona o da qualcuno dei suoi familiari e vedremo che Gesù in queste parabole non sembra negare questo: piuttosto si serve di questo pregiudizio per annunciare il vangelo. Vediamo come nei due casi.

Il lebbroso.

Il lebbroso è affetto da una malattia che, seppure non è sicuro sia la stessa che va oggi sotto il nome di lebbra, creava esclusione sociale ed emarginazione. Il lebbroso del passo sembra condividere questo concetto, e probabilmente si sente in colpa. Lo vediamo dalle sue parole che dicono: se vuoi puoi purificarmi. Il termine usato presuppone quindi l'idea di peccato, o impurità. La risposta di Gesù ha diverse caratteristiche:
  • Gesù non lo esclude e non lo emargina, anzi arriva a toccarlo stendendo la mano. E' un incoraggiamento ed una provocazione verso di noi, che ci chiede in che misura siamo pronti a stare vicino a chi ha una malattia infettiva.
  • Gesù lo dichiara puro, quindi sembra accettare l'idea che ci sia impurità, peccato nello stato del malato. Ma decreta la purificazione, affermando indirettamente che egli può perdonare i peccati.
  • Gesù si rivolge implicitamente alle autorità, cioè al sacerdote, facendo passare un messaggio: è possibile guarire dalla lebbra, ma c'è di più. Ci tiene a non passare per un semplice guaritore, e vuole far notare che la posta in gioco è più alta di quanto crediamo: se la lebbra rappresenta il peccato è possibile risolvere il problema del peccato, che è maggiore di quello della lebbra.
Per attualizzare questa parabola oggi potremmo passare molto tempo a chiederci se ed in quale misura oggi esistano ancora miracoli di guarigione. Credo che il termine “purificazione” contenga in parte la risposta, ricordandoci che il cuore del problema non è tanto la malattia fisica, ma quella spirituale, che la Bibbia chiama peccato. Non credo che Gesù condivida l'idea dei suoi contemporanei secondo cui una malattia è frutto di uno specifico peccato commesso. Penso invece che ritenga che tutte le malattie sono in assoluta la conseguenza di un'alienazione tra noi e Dio, che è matrice di tutti mali del mondo. Ma la forza di questo episodio ancora oggi sta nel dirci: chi, con l'umiltà di questo lebbroso dice “se vuoi puoi guarirmi” si inginocchia ed invoca Dio, troverà la soluzione di quei problemi dell'anima più gravi della lebbra. Chi di noi pensa di essere a posto perché è sano, si sbaglia: è affetto da una lebbra spirituale da cui non guarirà se non si ravvederà.

Degli uomini trasportano un paralitico perché Gesù lo guarisca.
Mentre nella parabola precedente chi parla e si umilia è il lebbroso, in questa guarigione il protagonista apparente sta quasi sempre zitto, se non alla fine che glorifica Dio. In questo racconto notiamo che:

  • Gesù non guarda solo la fede del singolo, ma anche quella di chi lo accompagna. Ci esorta quindi ad un ministero di accompagnamento dei malati perché trovino come soluzione Gesù, mettendo a repentaglio la loro incolumità.
  • Nuovamente Gesù collega, e qui in modo più esplicito, la malattia con il peccato, ma qui per rovesciare i presupposti della sua epoca. Dire: alzati e cammina è molto più facile che perdonare i peccati. Perché un medico può guarire il fisico, ma come giustamente sanno gli scribi e i farisei, solo Dio può perdonare i peccati. Guarire il fisico è difficile, ma sanare il cuore è impossibile. I farisei devono sapere che è giunto il tempo in cui c'è il figlio dell'uomo sulla terra, che ha facoltà di rimettere i peccati. Ma siccome sono increduli, allora Gesù dice al paralitico la cosa più bella, e cioè che i suoi peccati sono perdonati; e agli scribi e farisei quella più semplice, in modo che non possano accusarlo di arrogarsi l'autorità di rimettere i peccati. In altre parole li accontenta per colpa della loro incredulità, pur avendo fatto passare un messaggio che mette in crisi le loro credenze.

La malattia di tutti.
L'errore grave di scribi e farisei sta nel giudicare e nel sentirsi a posto. Se essere malati significa aver commesso peccati, ne consegue che essere sani significa essere più o meno in regola. Queste due guarigioni, a differenza di altre nelle quali l'accento è chiaramente posto sul fatto di guarire, ci aiutano a capire che la guarigione fisica non è la destinazione e la speranza ultima della nostra vita. Non la vogliono certo banalizzare e difatti Gesù interviene anche e proprio nel fisico, per levare la lebbra e l'infermità dalle gambe. Tuttavia, la sottolineatura sta nel fatto che sia l'una che l'altra malattia rappresentano lo stato spirituale di chi, illusoriamente ed erroneamente, si sente sano.

Ci spronano quindi in due sensi: ci fanno capire che siamo affetti da una lebbra da cui solo Cristo ci può guarire, e ci invitano a rivolgerci a lui perché ci guarisca spiritualmente, ristabilendo un rapporto di amicizia tra noi e Dio che altrimenti è mutilato.
Ci esortano a lavorare, come i quattro amici del paralitico, perché ci mettiamo al servizio degli altri, per annunciar loro un vangelo che trasformi e migliori la loro condizione spirituale. Se pensiamo di essere incapaci di portare guarigioni fisiche, sforziamoci di capire che Dio ci chiama a portare guarigioni interiori profonde, che se non guariranno il fisico, aiuteranno a sopportare le malattie.

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