giovedì 23 luglio 2015

Vieni a pescare con me


Per leggere Luca 5, 1-11 clicca qui : http://www.laparola.net/testo.php?versioni[]=C.E.I.&riferimento=Luca5
Il lavoro di Gesù sulla terra comincia dal deserto. Segue un periodo di lavoro solitario in Galilea ed in Giudea, finché Gesù decide di formare una comunità, una squadra che lavorerà insieme per il regno di Dio. Non si tratta da parte sua semplicemente di alleggerire il carico lavorativo, o di fra crescere una ditta, ma di coinvolgere in un lavoro che mira alla trasformazione dell’umanità quegli stessi uomini che ne fanno parte. Nel passo letto vediamo che Gesù sceglie i suoi collaboratori. La nostra riflessione di oggi si soffermerà sul modo in cui lo fa, sull’effetto che questo comporta nelle loro vite, ed sul fine a cui li chiama.
  1. 1.      Dalla folla ai pescatori.
Se io dovessi fare un film sul passo descritto, immagino che farei una prima inquadratura a tutto campo sulla folla che cerca di ascoltare la parola di Gesù ed i futuri discepoli sullo sfondo ma in secondo piano; , una seconda inquadratura che mostra Pietro, Giacomo e Giovanni intenti a pulire le reti, ed infine una scena che rappresenta Gesù in barca con questi che si allontana. Non so come lo renderei nel film, ma c’è un fatto che mi fa riflettere in questa scena: c’è un’intera folla che desidera ascoltare la parola di Gesù, così grande che il maestro ha bisogno di spostarsi e di prendere un po’ di distanza per migliorare l’acustica e probabilmente per essere visto da tutti. Eppure Gesù non si interessa alle persone della folla che lo cercano e lo ascoltano, ma a persone che apparentemente sono intenti ad altro: a pulire i loro strumenti di lavoro. Li sceglie per migliorare la qualità della sua predicazione e si serve di loro, pur sapendo che si occupavano di altro.
            Dietro questo fatto piuttosto flagrante nel passo letto c’è un principio biblico ben importante. Nel rapporto tra Dio e l’uomo chi fa il primo passo non è l’uomo, ma Dio. Non siamo noi ad avere scelto Dio, ma Dio ad avere scelto noi. Quello stesso Dio che ci ha creati non ha smesso di interessarsi di noi anche nei momenti in cui eravamo più lontani, ma ci ha cercati e trovati nel momento in cui ha ritenuto opportuno. Questo non significa che Gesù non si interesserà anche della folla o che chiamerà a sé solo persone che pensano ad altro. Tuttavia è significativo che per scegliere i suoi primi collaboratori, che rimarranno lo zoccolo duro della diffusione del vangelo, scelga proprio persone che non sembravano andare spontaneamente verso di lui. L’affermarsi del vangelo non dipenderà dalla disponibilità degli uomini o dalle loro scelte, ma dalla volontà di Dio che chiamerà con forza sia chi lo cerca che chi non lo cerca incontrando le persone sul loro terreno, in questo caso quello della pesca. Non sto qui mettendo in discussione la nostra libertà di scegliere responsabilmente di seguire o meno Dio, ma sto solo sottolineando da chi parte l’iniziativa. Si può cercare di ascoltare la parola di Dio, oppure di non ascoltarla, come Pietro e gli altri che preferiscono lavorare. Indipendentemente dalle nostre scelte, Dio potrà scegliere di parlarci e di chiamarci a camminare con lui. E questo ci fa capire quanto sia grande la sua grazia che non dipende da quanto siamo caratterialmente portati verso il bene, o dal fatto che abbiamo ricevuto un’educazione che ci fa interessare a Dio. E’ lui a chiamarci a sé, anche quando non ce l’aspettiamo. C’è salvezza per chi tra la folla vorrà ascoltare la parola di Dio  e metterla in pratica; ma c’è salvezza anche per chi invece è distratto e che Dio chiamerà comunque a lavorare con lui, avendo anche ruoli molto importanti, come quello di questi quattro suoi primi collaboratori.
  1. 2.      Da maestro a Signore
Lo sguardo del Signore rivolto verso Pietro comporta diverse conseguenze nella sua vita, alcune molto semplici ed immediate, altre capitali. In primo luogo, accetta di smettere di pulire e di ricominciare a pescare. Non è un qualcosa di scontato, visto che chi si confronta sono un “maestro” che pare avesse fatto il falegname, ed un pescatore. Forse Pietro era anche un po’ seccato, o ironico nel momento in cui ha fatto presente a Gesù di aver pescato tutta la notta. E’ lui l’esperto, non Gesù. E’ lui che ha faticato di notte, non Gesù. Gesù, dalla sua fama, sarà bravo a guarire, a predicare, ad esorcizzare, ma non a pescare. Tuttavia Pietro accondiscende, probabilmente per la stima che comunque ha rispetto ad un maestro di cui si dice del bene e che una folla intera sta cercando di ascoltare. Quando Pietro si rende conto della potenza di Gesù e di ciò che succede seguendo il suo consiglio che probabilmente va contro la sua esperienza di pescatore, il suo atteggiamento cambia. Stupore, probabilmente gioia, ma anche spavento e consapevolezza dei propri limiti. Due cose cambiano nel cuore di Pietro: la percezione che ha di sé ed il nome che dà a Gesù. Pietro da esperto si sente un mancante, ed un mancante in quanto ha dubitato della potenza di Gesù. Al contempo però Gesù non è più semplicemente un maestro che dà buoni insegnamenti, ma un Signore che guida la vita a cui sottomettersi e che si teme di offendere con la propria mancanza.
E’ importante capire che l’esperienza di chiunque si avvicina a Dio deve avere alcuni elementi comuni a quelli dell’esperienza di Pietro. Capiamo veramente chi è Dio quanto capiamo quanto siamo limitati, piccoli e mancanti verso di lui. Se ci sentiamo a posto, e pensiamo che la nostra vita non abbia problemi, né mancanze né difetti, siamo nella fase del Pietro esperto, che accondiscende a portare Gesù a spasso sul lago, ma non crede in fondo che pescherà qualcosa. E’ bastato però quel briciolo di accondiscendenza (fede?) che ha permesso a Pietro di vedere cose straordinarie. Ma anche di sentirsi mancante verso Dio. Capire questo significa sentire il bisogno di chiamare Gesù non più solo maestro, ma anche Signore. Dobbiamo prima sentirci dei peccatori per poter dire di aver bisogno di un Signore che guidi la nostra vita. E’ sano il fatto che Pietro chieda a Gesù di allontanarsi, perché significa che ha veramente capito la sua pochezza. Certamente il cammino della fede non si ferma a questo stadio, ma dobbiamo affermare con chiarezza che da questo stadio inizia. Probabilmente sarà mista alla gioia di aver visto la potenza, quindi i tanti pesci. Ma non potrà mancare una chiara consapevolezza della nostra condizione umana: limitata, peccaminosa, presuntuosa e convinta di essere esperta di tutto, mentre non lo è di niente.
  1. 3.      Da pescatori di pesci a pescatori di uomini
Il cammino di fede continua allora con una rassicurazione, a dire il vero un po’ strana. “Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini”! Credo che Gesù intenda dire a Pietro che lui non ha problemi a scegliere dei peccatori come collaboratori. Pietro probabilmente teme perché ha dubitato di Gesù, e si sente immeritevole del dono ricevuto. Lui che invece di ascoltare Gesù si occupava di pulire le reti.  Gesù lo riconforta rendendolo partecipe di un lavoro simile a quello che faceva prima, ma ancora più importante, quello di far vivere ad altri uomini quella stessa esperienza. L’esortazione a non temere è quindi un’esortazione a non lasciarsi condizionare da quella necessaria consapevolezza dei propri limiti. Pietro, con tutti i suoi difetti, non solo è accolto da Gesù, ma è chiamato ad essere uno dei suoi più stretti collaboratori. Non c’è allora da temere. Perché Gesù mostra la sua potenza nella bontà: forse venendo sul nostro terreno e mostrandoci i limiti delle nostre capacità, ma aprendosi comunque in un abbraccio che accoglie chi riconosce questi limiti. Non c’è da temere perché quel Signore che ci mostra la nostra incapacità è quello stesso che ci risolleva e ci chiede lavorare con lui per l’umanità.
Questi quattro allora lasciano tutto e lo seguono, ed a quel tempo era l’unico modo per poter ricevere una vera formazione a contatto con lo Gesù. Gesù oggi non è più sulla terra, ma ha lasciato il suo spirito. Lasciare tutto e seguirlo oggi non significa lasciare materialmente case, famiglie ed oggetti per andare da qualche parte dove magari ci faremo offrire case, oggetti o altro senza esserceli guadagnati. Lasciare tutto oggi significa non riporre la nostra fiducia in quelle sicurezze lavorative, affettive o sociali che abbiamo (tali erano le barche e le reti per i discepoli), ma riporla unicamente in Gesù ed i questo lavoro di pesca di uomini a cui ci invita. Lasciare tutto significa allora trovare tutto, ma ricevendo i doni che Gesù offre in abbondanza, proprio come abbondanti sono stati i pesci pescati dopo il suo consiglio.

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