giovedì 23 luglio 2015

L’anti-discepolato

Da dal vangelo di Luca 9, 37 ss. Clicca qui per leggerlohttp://www.laparola.net/testo.php

Il capitolo 9 di Luca è veramente ricco di fatti e di insegnamenti che potrebbero sembrare tra di loro slegati. Certamente ogni episodio ha la sua particolarità che lo rende significativo anche se preso isolatamente dal contesto, ma uno sguardo d'insieme su tutto il capitolo rivela un fatto interessante: nella prima parte del capitolo, fino alla trasfigurazione, il ruolo dei discepoli, coloro che seguono Gesù è piuttosto positivo: vengono mandati in missione, sembra che abbiano un certo successo con le guarigioni e l'evangelizzazione, benché perplessi partecipano alla distribuzione dei pani per i 5000 uomini, e rispetto alla domanda sull'identità di Gesù sanno rispondere: Pietro confessa che Gesù è il figlio di Dio! Tre di loro, hanno inoltre il privilegio di assistere alla trasfigurazione gustando l'anticipazione di realtà future ed importanti. Certamente commettono degli errori e non capiscono tutto, si pensi alla proposta di costruire le tende durante la trasfigurazione, ma non vengono messi in una luce troppo oscura. Sono esempi di un discepolato riuscito.

Nella seconda parte del capitolo invece i discepoli sembrano concatenare una serie di fallimenti sia di azione che di comprensione che dimostrano chiaramente quanta strada ci sia ancora da fare perché capiscano qualcosa di quel regno di cui sono già nunzi ed ambasciatori.
Questa serie di errori dei discepoli mi spinge allora a dare a questa parte di capitolo il titolo di “antidiscepolato”: se Gesù spiega come si fa ad essere discepoli, qui possiamo trovare una serie di avvertimenti che ci fanno capire cosa non si deve fare quando si è discepoli.
1. Primo fallimento: Non riescono a guarire. Non dare niente per scontato.

I discepoli sono posti davanti ad un caso difficile di un ragazzo indemoniato e non riescono a fare niente per liberarlo. Gesù, interpellato dal padre del ragazzo, si arrabbia con loro per non essere riusciti e li tratta di " increduli e malvagi", quindi di mancanti di fede e di cattivi. Nel vangelo di Matteo è più preciso e dice che non hanno fede e che quel tipo di demoni si guarisce solo con la preghiera e con il digiuno. Ne deduciamo che i discepoli che già prima avevano operato delle guarigioni, probabilmente nei confronti di questo ragazzo si erano posti male, con superficialità e probabilmente con vanagloria. Avendo ormai acquisito una certa esperienza pensavano di avvicinarsi al mondo difficile della possessione demoniaca con leggerezza e forse, con l'idea nascosta di ottenere qualche applauso e qualche gloria da parte degli uomini intorno. Proprio per questo falliscono: la lotta con i demoni chiede sacrificio, preghiera e digiuno. E soprattutto chiede che chi vince sappia farsi da parte e sparire per fare gloria solo a Dio.
Satana può possedere le persone in modo diretto come nel caso di questo ragazzo, che con delle influenze a distanza, distogliendo da Dio la gloria che spetta solo a lui. Quando oggi evangelizziamo, preghiamo e ci avviciniamo a persone visibilmente condizionate dalla forza dei demoni o quando vogliamo parlare alla nostra società vittima del consumismo, del materialismo e delle idolatrie spirituali ed umane più spinte, dobbiamo sapere che non possiamo farlo se siamo superficiali e sprovveduti. Non possiamo farlo se non siamo disposti ad inginocchiarci pregando o digiunando o ancora se pensiamo di ricavare qualche vantaggio per noi, qualche merito che ci renda belli agli occhi del mondo in cui siamo.

2. Secondo fallimento. Non riescono a vedere: vedere alla luce delle scritture
Subito dopo la guarigione Gesù prende da parte i discepoli per parlare loro della sua futura morte, e nuovamente essi non capiscono quello che sta dicendo. Gesù cerca di fare capire ai discepoli che la sua missione non si esaurisce in un servizio di guarigione per l'umanità. Questo servizio comporta un prezzo e questo prezzo sarà quello di finire nelle mani degli uomini, che lo uccideranno. Ma questo discorso i discepoli non lo capiscono, vuoi perché sono più interessati al problema della guarigione, vuoi perché la loro comprensione delle Scritture è frammentaria. Il testo ci dice che queste parole erano  velate. Gesù dopo la sua resurrezione dirà ai discepoli che avrebbero dovuto capire quanto le scritture dicevano di lui, quindi per quanto ci sia rivelazione, i discepoli avrebbero potuto e dovuto capire. Anche qui non capiscono e questo probabilmente perché la loro comprensione delle scritture è parziale, superficiale. Volevano la liberazione politica o fisica da malattie, ma volevano evitare la croce.
Potremmo pensare oggi che siccome abbiamo visto la croce e la realizzazione delle profezie, tutto sia chiaro. Eppure, anche oggi possiamo avere una comprensione delle Scritture puramente egoistica, miope e rivolta alla cura dei nostri soli bisogni. Questo passo ci fa capire che per essere discepoli bisogna avere una comprensione delle Scritture profonda, che tenga conto della loro totalità e che cerchi di esplorare ogni passo in profondità. Perché i discepoli non avevano colto il senso di Isaia 53 o di altri passi che annunciano la morte del messia? Forse spiritualizzavano, forse pensavano ad un linguaggio simbolico... Invece il messia è proprio stato trafitto ed ucciso. Anche oggi davanti ai molti passi che parlano di salvezza, di soprannaturale, di una vita dopo la morte, molti "discepoli" hanno tendenza  aspiritualizzare. I discepoli veri invece credono fino in fondo alle promesse del Signore, leggendo simbolicamente ciò che è simbolico e letteralmente quello che è letterale, senza privilegiare un solo aspetto della Scrittura. C'è la guarigione materiale e spirituale, ma c'è anche la croce che non si può evitare e che ognuno deve prendere.

3. Terzo fallimento. Non riuscire a capire la vera grandezza
La serie dei fallimenti continua, con due episodi diversi che rimandano allo stesso tipo di mancanza: quella di una vera umiltà. Una umiltà che viene proposta prima sul piano individuale e poi su quello comunitario. A prima vista la discussione dei discepoli sembra molto infantile e capricciosa: chi è il più grande? E' possibile che la discussione sia stata più sottile e, avendo Gesù appena parlato della sua consegna nella mani degli uomini, possa aver trattato di chi avrebbe potuto guidare il gruppo dei discepoli. Quella della guida è una questione che viene posta in tutti i gruppi e che viene risolta con votazioni o estrazioni a sorte o altro ancora. E' però probabile che i discepoli abbiamo cominciato a ricercare criteri di anzianità, di maturità, di miracoli riusciti ecc. Stessi criteri usati probabilmente nella valutazione dell'operato di quell'uomo che scaccia demoni nel nome di Gesù senza appartenere al gruppo dei discepoli.
La risposta di Gesù non è intuitiva e come spesso capita non è fatta solo di parole ma anche di un'azione simbolica: prende un bambino. Si badi bene che qui il bambino non è né un modello né un esempio da seguire, come lo è nel passo parallelo in Matteo che dice: Chi non diventa come questo piccolo bambino.... Qui si parla di ricevere, di accettare. Quindi di servire, di essere pronto ad occuparsi di qualcuno. Occuparsi dei bambini non considerata un'attività grande. Anche oggi, se si pensa all'insegnamento un professore universitario, che insegna agli adulti, gode di grande considerazione sociale, mentre una maestra di asilo non gode dello stesso prestigio. Nelle chiese i predicatori ambiscono ad un pulpito, ed i grandi teologi tendenzialmente parlano da cattedre universitarie o diventano famosi quando magari predicano in chiese frequentate da alte personalità. Difficilmente si occuperanno di scuola domenicale... Gesù, che ovviamente non ha niente contro l'istruzione agli adulti, mette in chiaro con i discepoli che i grandi sono coloro disposti a servire i più piccoli, e coloro che meno contribuiranno ad accrescere la loro gloria, quindi i bambini.
Credo sia una sfida importante per le chiese di ogni tempo, che
Ugualmente essere grandi significa riconoscere che l'identità cristiana non dipende dall'appartenenza ad un gruppo, fosse anche quello dei discepoli. Quel tale operava miracoli nel nome di Gesù! Perché vietarglielo, come se tutto quello che conta fosse di seguire un unico gruppo? Chi non è contro di voi è per voi significa che chi si dice "in Gesù" non può essere contro! Certo, bisogna che sia realmente in Gesù e non in Gesù più qualche altra divinità, tipo Gesù e Maria, o Gesù e qualche spirito animista. Chi è in Gesù non è contro, e quindi è con!
Applicazione. Queste istruzioni sull'umiltà sono alla base del vero discepolato hanno una grande attualità. E' difficile che in una chiesa le persone si mettano a discutere su chi sia il più grande, mentre è facile che ci si ponga come obiettivo di servire persone che riteniamo "grandi", note, piacevoli, intellettuali, colte, ricche, di successo, che non danno troppi problemi, che magari finanziano la chiesa, piuttosto che delle persone che contano poco, che non hanno niente da dare, che spesso sono anche noiose e che pretendono attenzione, come i bambini...
E' difficile che in una chiesa le persone vadano a vietare a chi fa una qualche opera nel nome di Gesù di farla - anche perché non abbiamo autorità di vietare nulla a nessuno - ma è invece ben possibile che chiese di una stessa città nutrano scetticismo verso l'operato di altre chiese, benché queste operino nel nome di Gesù...
La grandezza del discepolato la si trova quando si capisce che non si deve cercare di essere più grandi di altri né come individui né come persone, ma servitori di tutti, pronti a riconoscere altri servitori in base al nome di Gesù.


4. Quarto fallimento. Non sapere rinunciare alla violenza in questioni di fede.
Gesù comincia il suo cammino verso Gerusalemme con tutta la consapevolezza che proprio lì verrà messo a morte. Passa per una zona particolare, la Samaria, terra con cui gli ebrei hanno relazioni di parentela, ma anche forti contrasti etnici, per motivi di diversità teologica e storica. Probabilmente sapendo che erano ebrei, rifiutano di accoglierli, un po' come oggi si trovano case con scritto: non si affitta a stranieri... La reazione dei discepoli è una reazione violenta, ed anche un po' comica, perché gente che non è riuscita a levare dai demoni dalle persone, non si sa bene come possa fare scendere il fuoco dal cielo, e come se poi Gesù avesse bisogno di loro per un'azione di quel tipo. Comunque sia maturano questo pensiero, che, tristemente, si mostrato presente in qualsiasi comunità di fede nel corso della storia, cristiana o meno. Oggi vediamo molti musulmani invocare dei fuochi dal cielo, e purtroppo anche sulla semplice terra, pronti ad uccidere per questioni di fede, ma negli anni i cosiddetti cristiani si sono macchiati di crimini orribili, che vanno dalle guerre di religione, all'inquisizione, ai roghi per motivi di fede, alle cristianizzazioni forzate... I discepoli almeno si sarebbero limitati ad una semplice preghiera non disponendo di lanciafiamme, mentre le generazioni successive sono riuscite a fare opere ben più grandi - e più colpevoli - di queste.
Ogni chiesa che la tentazione della violenza, sia essa fisica, giuridica, oggi mediatica, o di qualunque tipo è impensabile per una materia, la fede, in cui l'unico a potersi fare giustizia è Dio stesso. Un esempio attuale: qualsiasi legge limitativa della libertà religiosa rientra in questa sfera... E' una legge in cui si invoca un fuoco giuridico dal cielo, che punisca chi non segue un credo comunemente accettato.

5.I discepoli che non seguono.
Fino qui abbiamo detto del male di questi poveri discepoli, che hanno mostrato quattro ampie aree di ottusità, e di incomprensione. Probabilmente noi non sapremo essere migliori di loro e questo basti per farci stare sempre molto attenti a quello che crediamo e sosteniamo. Tuttavia, questo ultimo passo ci dà uno stimolo, duplice: incoraggiante e di allerta al contempo.
Si presentano tre persone che vorrebbero seguire, cioè essere discepoli. Tutti però hanno altro da fare prima. Il regno di Dio li affascina, la fede cristiana pare loro interessante, accattivante, ma rimangono nel loro cuore delle priorità di ordine familiare o economico che predominano. Ecco, i poveri discepoli, così ridicoli nei paragrafi precedenti, almeno hanno lasciato tutto e seguito Gesù, senza se e senza ma. Con errori certo, con superficialità, con miopia, con vanagloria, con settarismo, con violenza... certo. Tuttavia, hanno rinunciato a tutto e vogliono Seguire, con S volutamente maiuscola. Per loro seguire Gesù è veramente tutto.
La domanda allora si rivolge ancora a noi oggi: vogliamo essere discepoli, e ogni mancanza ci sarà perdonata. Tuttavia il Signore ci chiede di avere un cuore che è interamente dedito a lui, senza altre priorità. Questo è il senso più pieno del seguire su un'unica via.

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