Esodo 31
L'arte per Dio
1 Il Signore parlò a Mosè e gli disse: 2 «Vedi, ho chiamato per nome Bezaleel, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda. 3 L'ho riempito dello spirito di Dio, perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, 4 per concepire progetti e realizzarli in oro, argento e rame, 5 per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno e compiere ogni sorta di lavoro. 6 Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza, perché possano eseguire quanto ti ho comandato: 7 la tenda del convegno, l'arca della Testimonianza, il coperchio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; 8 la tavola con i suoi accessori, il candelabro puro con i suoi accessori, l'altare dei profumi 9 e l'altare degli olocausti con tutti i suoi accessori, la conca con il suo piedestallo, 10 le vesti ornamentali, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio; 11 l'olio dell'unzione e il profumo degli aromi per il santuario. Essi eseguiranno ogni cosa secondo quanto ti ho ordinato».
L’arte per Dio
Ci siamo mai domandanti perché gli artisti siano sempre persone un po’ speciali? E ci siamo mai chiesti se per dare gloria a Dio ci sia bisogno di un bravo artista oppure di un artista che ha semplicemente buona volontà? Il passo che leggiamo oggi ci darà qualche risposta in questo senso, e benché non siamo tutti degli artisti, sia quando ascoltiamo della musica, sia quando arrediamo la nostra casa o la nostra chiesa, sia quando leggiamo una poesia e troviamo che sia bella, ci confrontiamo con quello che più generalmente è il mondo dell’arte, quindi col tema affrontato in Esodo 31,1-11.
Nel nostro studio sull’Esodo abbiamo più volte sottolineato che il tabernacolo, una specie di tenda mobile nella quale Dio manifesta la sua presenza, occupa un posto importante, per lo meno a giudicare dai numerosi capitoli dedicati alla sua descrizione e alla descrizione della sua edificazione. Non sempre i significati delle varie parti del tabernacolo vengono rese esplicite, ma in più punti viene ripetuto che il tabernacolo va edificato “secondo il modello mostrato sul monte” ( 25,40; 26,40; 27,8), probabilmente per limitare l’immaginazione umane e vagliare la disposizione ad adeguarsi fedelmente ad un modello di provenienza divina. Ma che spazio ha in questo la creatività umana? E più in generale, quando ognuno di noi si mette davanti a Dio per fare qualcosa di gradito in che misura è lui a dare del suo ed in che misura c’è Dio a dargli qualcosa?
Nel passo che studiamo oggi, 31,1-11, si parla di due persone specificamente Besaleel, e Ooliab, ed oltre a loro a degli uomini abili (v.6) che saranno preposti alla costruzione del tabernacolo. Se ammettiamo che il tabernacolo è sostanzialmente uno strumento per rappresentare la presenza di Dio e per esercitare il culto degli ebrei nel deserto, credo che valutare da dove venga la loro arte, e che caratteristiche abbia la loro creatività sia centrale per noi, almeno per ogni volta che nelle nostre pratiche di culto facciamo uso di qualche forma di arte. Si penserà soprattutto alla musica, ma perché no anche all’architettura, alle arti figurative che non sono in contrasto con la fede biblica.
Questa breve osservazione ci basti per pensare quanto sia importante in ogni culto che rendiamo al Signore ricercare una pienezza di Spirito, cioè una profonda sintonia con il Signore che darà un colore nuovo a qualsiasi musica, pittura o arredo ecclesiastico. Degli spiriti rinnovati e ripieni dello spirito di Dio, saranno in grado di produrre un culto la cui forma estetica condizionerà lo spirito di chi assiste e partecipa, in un circolo virtuoso che ha come unico fine di lodare il Signore. E’ un compito che dobbiamo darci, sapendo che a parte gli specialisti, gli artisti che suonano, cantano o costruiscono, ognuno di noi partecipa esteticamente al culto. Mi è capitato di trovare molto belli dei culti con numerose stonature, ed una musica un po’ scarsa, ma una grande verve e voglia di lodare chiaramente ripiena di Spirito, mentre ho trovato freddi alcuni culti perfettamente ordinati, ma mancanti di vita … Per inciso, mi è capitato di assistere a concerti Gospel organizzati da persone che non credevano, ma che amavano quella musica; per carità, la musica era bella, ma si sentiva chiaramente che mancava qualcosa … Allora Spirito, Spirito e ancora Spirito. Per fare un bel santuario, che dia veramente gloria a Dio ci vuole lo Spirito; per fare un culto che renda conto della presenza del Signore, artisti e semplici partecipanti ricerchiamo pienezza di Spirito per la gloria del Signore.
- Sapienza: meglio traducibile con saggezza. L’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio fa diventare saggi, cioè capaci di prendere decisioni, di valutare tra il bene e il male, di dare consigli che aiutano;
- Intelligenza: l’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio fa pensare, fa riflettere non si limita a distrarci o a intontirci, ma ci porta un messaggio razionale che comprendiamo e a cui rispondiamo;
- Conoscenza: l’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio arricchisce la nostra conoscenza di Dio, della sua persona, delle sue caratteristiche.
Per noi non si tratta tanto di capire cosa sia l’arte, ma di pensare bene a come intervenire artisticamente nel contesto di un culto di lode. Quindi, poste queste tre caratteristiche che le opere d’arte funzionali ad un culto (canzoni, musiche, arredi di una sala da culto e sue disposizioni, quadri, libri, poesie) dovrebbero avere, sarebbe il caso di valutare le nostre forme artistiche con cui ci esprimiamo nel culto proprio in base a questi criteri. I canti che abbiamo scelto di cantare ci fanno riflettere? Ci aiutano a scegliere? Ci fanno conoscere meglio Dio e la sua persona? Se ad esempio prendiamo i salmi come esempi di canti di lode, non possiamo che rispondere affermativamente. Potremmo dire lo stesso dei nostri innari? Il tipo di tavola che usiamo per il servizio della santa cena, che caratteristiche ha? E’ un simbolo importante, come anche i calici o il piatto; abbiamo pensato al loro valore artistico? Non penso che si possa dare una risposta univoca che prescinda dalle culture in cui si vive, ed è bene che ognuno dia la sua risposta. Ma il passo di oggi ci fa riflettere sui simboli stessi perché anche nelle nostre sale di culto, sobrie e spesso giustamente disadorne, ci sia una preoccupazione a come l’aspetto materiale può contribuire alla grande gloria di Dio.
Credo che una caratteristica della nostra arte dovrebbe essere proprio questa: che mai chi opera come Basleel e Ooliab diventino oggetto di culto, come le rock star o gli stessi pittori. Indubbiamente il nostro paese, l’Italia, vanta una grande quantità di capolavori artistici ed architettonici di arte in grandissima parte sacra. Quando andiamo a visitare una città ed i suoi monumenti, in buona parte visitiamo delle chiese, dei campanili, dei battisteri; e nei musei le rappresentazioni sacre, come crocifissi, soggetti biblici, storie tratte dalla bibbia o dalla storia del Cristo, sono preponderanti. Purtroppo, proprio come successe con il secondo tempio ebraico, il segno prende facilmente il posto del significato, e si finisce per interessarsi all’arte in sé, al quadro, al suo valore artistico e non a quello che vuole rappresentare.
La lettura di un passo come quello di oggi può aiutarci a valutare un po’ criticamente tanta arte che da un lato vorrebbe indicare qualcosa o qualcuno, ma in realtà vi si sostituisce… Un’arte “secondo il modello” è un arte capace di essere tanto bella da attirare, risvegliare, motivare, ma tanto sobria da fare sempre pensare a Chi sta dietro di lei. Quando cantiamo, chiediamoci sempre: ci piace solo la musica di questo canto o i suoi significati? Quando pensiamo ad un luogo di culto, a come arredarlo chiediamoci: mi piace perché è il mio gusto o perché realmente è capace di rimandare verso Dio? Lo stesso per quel che non ci piace: è lontano dai miei gusti o realmente ha un significato negativo?
Cogliamo allora da questo passo un’esortazione importante: in un momento di lode niente è fortuito: la forma che diamo al nostro culto, architettonica, liturgica, musicale, espressiva, è molto importante, non tanto perché deve essere “bella” secondo i comuni canoni estetici, ma perché deve preoccuparsi di essere piena di Spirito di Dio, capace di dare conoscenza, intelligenza, saggezza, senza mai sostituirsi a Dio, ed essendo capace invece di indicarlo nella sua immensa gloria. In questo si raggiungerà una bellezza maggiore di quella comunemente intesa.
L’arte per Dio
Ci siamo mai domandanti perché gli artisti siano sempre persone un po’ speciali? E ci siamo mai chiesti se per dare gloria a Dio ci sia bisogno di un bravo artista oppure di un artista che ha semplicemente buona volontà? Il passo che leggiamo oggi ci darà qualche risposta in questo senso, e benché non siamo tutti degli artisti, sia quando ascoltiamo della musica, sia quando arrediamo la nostra casa o la nostra chiesa, sia quando leggiamo una poesia e troviamo che sia bella, ci confrontiamo con quello che più generalmente è il mondo dell’arte, quindi col tema affrontato in Esodo 31,1-11.
Nel nostro studio sull’Esodo abbiamo più volte sottolineato che il tabernacolo, una specie di tenda mobile nella quale Dio manifesta la sua presenza, occupa un posto importante, per lo meno a giudicare dai numerosi capitoli dedicati alla sua descrizione e alla descrizione della sua edificazione. Non sempre i significati delle varie parti del tabernacolo vengono rese esplicite, ma in più punti viene ripetuto che il tabernacolo va edificato “secondo il modello mostrato sul monte” ( 25,40; 26,40; 27,8), probabilmente per limitare l’immaginazione umane e vagliare la disposizione ad adeguarsi fedelmente ad un modello di provenienza divina. Ma che spazio ha in questo la creatività umana? E più in generale, quando ognuno di noi si mette davanti a Dio per fare qualcosa di gradito in che misura è lui a dare del suo ed in che misura c’è Dio a dargli qualcosa?
Nel passo che studiamo oggi, 31,1-11, si parla di due persone specificamente Besaleel, e Ooliab, ed oltre a loro a degli uomini abili (v.6) che saranno preposti alla costruzione del tabernacolo. Se ammettiamo che il tabernacolo è sostanzialmente uno strumento per rappresentare la presenza di Dio e per esercitare il culto degli ebrei nel deserto, credo che valutare da dove venga la loro arte, e che caratteristiche abbia la loro creatività sia centrale per noi, almeno per ogni volta che nelle nostre pratiche di culto facciamo uso di qualche forma di arte. Si penserà soprattutto alla musica, ma perché no anche all’architettura, alle arti figurative che non sono in contrasto con la fede biblica.
- 1. Grandi artisti o artisti grandemente ripieni di spirito?
Questa breve osservazione ci basti per pensare quanto sia importante in ogni culto che rendiamo al Signore ricercare una pienezza di Spirito, cioè una profonda sintonia con il Signore che darà un colore nuovo a qualsiasi musica, pittura o arredo ecclesiastico. Degli spiriti rinnovati e ripieni dello spirito di Dio, saranno in grado di produrre un culto la cui forma estetica condizionerà lo spirito di chi assiste e partecipa, in un circolo virtuoso che ha come unico fine di lodare il Signore. E’ un compito che dobbiamo darci, sapendo che a parte gli specialisti, gli artisti che suonano, cantano o costruiscono, ognuno di noi partecipa esteticamente al culto. Mi è capitato di trovare molto belli dei culti con numerose stonature, ed una musica un po’ scarsa, ma una grande verve e voglia di lodare chiaramente ripiena di Spirito, mentre ho trovato freddi alcuni culti perfettamente ordinati, ma mancanti di vita … Per inciso, mi è capitato di assistere a concerti Gospel organizzati da persone che non credevano, ma che amavano quella musica; per carità, la musica era bella, ma si sentiva chiaramente che mancava qualcosa … Allora Spirito, Spirito e ancora Spirito. Per fare un bel santuario, che dia veramente gloria a Dio ci vuole lo Spirito; per fare un culto che renda conto della presenza del Signore, artisti e semplici partecipanti ricerchiamo pienezza di Spirito per la gloria del Signore.
- 2. Abilità innate, sapienza, conoscenza e intelligenza aggiunte.
- Sapienza: meglio traducibile con saggezza. L’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio fa diventare saggi, cioè capaci di prendere decisioni, di valutare tra il bene e il male, di dare consigli che aiutano;
- Intelligenza: l’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio fa pensare, fa riflettere non si limita a distrarci o a intontirci, ma ci porta un messaggio razionale che comprendiamo e a cui rispondiamo;
- Conoscenza: l’arte ispirata da Dio e per glorificare Dio arricchisce la nostra conoscenza di Dio, della sua persona, delle sue caratteristiche.
Per noi non si tratta tanto di capire cosa sia l’arte, ma di pensare bene a come intervenire artisticamente nel contesto di un culto di lode. Quindi, poste queste tre caratteristiche che le opere d’arte funzionali ad un culto (canzoni, musiche, arredi di una sala da culto e sue disposizioni, quadri, libri, poesie) dovrebbero avere, sarebbe il caso di valutare le nostre forme artistiche con cui ci esprimiamo nel culto proprio in base a questi criteri. I canti che abbiamo scelto di cantare ci fanno riflettere? Ci aiutano a scegliere? Ci fanno conoscere meglio Dio e la sua persona? Se ad esempio prendiamo i salmi come esempi di canti di lode, non possiamo che rispondere affermativamente. Potremmo dire lo stesso dei nostri innari? Il tipo di tavola che usiamo per il servizio della santa cena, che caratteristiche ha? E’ un simbolo importante, come anche i calici o il piatto; abbiamo pensato al loro valore artistico? Non penso che si possa dare una risposta univoca che prescinda dalle culture in cui si vive, ed è bene che ognuno dia la sua risposta. Ma il passo di oggi ci fa riflettere sui simboli stessi perché anche nelle nostre sale di culto, sobrie e spesso giustamente disadorne, ci sia una preoccupazione a come l’aspetto materiale può contribuire alla grande gloria di Dio.
- 3. Conformemente all’ordine: sarà stato bello?
Credo che una caratteristica della nostra arte dovrebbe essere proprio questa: che mai chi opera come Basleel e Ooliab diventino oggetto di culto, come le rock star o gli stessi pittori. Indubbiamente il nostro paese, l’Italia, vanta una grande quantità di capolavori artistici ed architettonici di arte in grandissima parte sacra. Quando andiamo a visitare una città ed i suoi monumenti, in buona parte visitiamo delle chiese, dei campanili, dei battisteri; e nei musei le rappresentazioni sacre, come crocifissi, soggetti biblici, storie tratte dalla bibbia o dalla storia del Cristo, sono preponderanti. Purtroppo, proprio come successe con il secondo tempio ebraico, il segno prende facilmente il posto del significato, e si finisce per interessarsi all’arte in sé, al quadro, al suo valore artistico e non a quello che vuole rappresentare.
La lettura di un passo come quello di oggi può aiutarci a valutare un po’ criticamente tanta arte che da un lato vorrebbe indicare qualcosa o qualcuno, ma in realtà vi si sostituisce… Un’arte “secondo il modello” è un arte capace di essere tanto bella da attirare, risvegliare, motivare, ma tanto sobria da fare sempre pensare a Chi sta dietro di lei. Quando cantiamo, chiediamoci sempre: ci piace solo la musica di questo canto o i suoi significati? Quando pensiamo ad un luogo di culto, a come arredarlo chiediamoci: mi piace perché è il mio gusto o perché realmente è capace di rimandare verso Dio? Lo stesso per quel che non ci piace: è lontano dai miei gusti o realmente ha un significato negativo?
Cogliamo allora da questo passo un’esortazione importante: in un momento di lode niente è fortuito: la forma che diamo al nostro culto, architettonica, liturgica, musicale, espressiva, è molto importante, non tanto perché deve essere “bella” secondo i comuni canoni estetici, ma perché deve preoccuparsi di essere piena di Spirito di Dio, capace di dare conoscenza, intelligenza, saggezza, senza mai sostituirsi a Dio, ed essendo capace invece di indicarlo nella sua immensa gloria. In questo si raggiungerà una bellezza maggiore di quella comunemente intesa.
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