giovedì 23 luglio 2015

Non prendete niente ma...

Non prendete niente ma…

Gesù, partendo in barca con gli apostoli, aveva provato a dormire, per vedere in che misura riuscissero a cavarsela da soli. Dopo qualche giorno decide di mandarli da soli un una missione che metterà alla prova la loro fede in diversi modi. Una missione con alcune caratteristiche proprie di quel momento, ma anche fatta di alcuni principi che valgono ancora oggi. Di cosa è fatta in fondo una missione? Il suo contenuto è racchiuso tutto nei primi 5 versetti:
-          Avere autorità sui demoni= predicare il regno=evangelizzare=proclamare un contenuto spirituale
-          Guarire dei malati= intervenire concretamente nei problemi delle persone
-          Fare tutto questo senza grandi mezzi.
Quello che Gesù chiede è apparentemente paradossale, perché chiunque parta fa molti su chiede diverse cose impossibili, essendo armati di niente.

  1. Senza niente, predicare il regno.
I discepoli partono da soli per predicare il regno di Dio nel regno di Erode. Il contenuto di questo regno è che Gesù è il Cristo di Dio, come Pietro confessa. Non è un compito facile, perché questo inevitabilmente spaventerà Erode, che per paura di perdere il regno ha sterminato molti bambini innocenti, ed ha decapitato Giovanni battista. Eppure il primo compito degli apostoli è proprio quello di andare a dire che il messia, che è l’unto di Dio, cioè il re di Israele che aspettavano da tempo è arrivato, e che il suo regno non è un regno come quello di Erode, ma è un regno che si afferma nel cuore delle persone. E’ un regno che rimette al centro della vita dell’uomo Dio e la sua priorità.
            Non è facile fare questo senza avere niente. Io per fare una cosa simile porterei dietro almeno una Bibbia, dei libri di teologia, dei dizionari, oggi un bel tablet con tutti gli strumenti necessari per leggere e trovare ispirazione. Si tratta di andare a criticare l’impostazione globale di una società, e di cambiare la mentalità di tante persone, senza mezzi. Si tratta di lottare con i demoni che oltre ad influenzare dei poveri posseduti, influenzano anche delle persone apparentemente normali come Erode, che stermina bambini e persone come fossero oggetti. Questi demoni sono all’opera anche oggi, seminando morte spirituale e materiale nel mondo e la missione di chi evangelizza è ancora la stessa.
            Gesù verso la fine di questo vangelo (cap 22) ha detto ai discepoli che da quel momento avrebbero potuto prendere bastone, sacca ecc. e nel grande mandato non chiede loro di andare senza niente. Possiamo capire quindi che questa essenzialità cesserà. Rimane però un contenuto centrale: quando oggi parliamo di Dio, andiamo a dire che sulla terra non c’è alcuna autorità né politica né spirituale che possa avere qualche importanza. Non c’è un papa, un santone un guru o un saggio che possa avere il diritto di prendersi un regno che spetta solo a Dio. Evangelizzare significa affermare che la vita è  fatta di spirito, non solo di materia, e che questo spirito si ottiene riconoscendo come Pietro ha fatto che Gesù è il Cristo di Dio. Che è colui che dà accesso a Dio. E che questo accesso a Dio è garantito tramite una morte necessaria e che quindi chi segue Gesù segue un re che morirà presto… Significa inoltre farlo nella consapevolezza che non si tratta di un compito facile ma di una guerra a dei demoni che pur non possedendo le persone in modo permanente fanno di tutto perché questo regno non avanzi. Ma gli apostoli hanno autorità e la devono prendere con coraggio. Chi va ad annunciare il regno di Dio, non deve sentirsi sprovvisto perché Gesù ha dato autorità, ed alla fine ha detto che ogni autorità gli è stata data. Abbiamo quindi una missione difficile, ma al contempo una missione che non dipende da noi, ma dalla forza che Dio stesso ha dato. Ed una missione che non deve mai dimenticare il suo contenuto prioritariamente spirituale.

    2. Guarire i malati, moltiplicare i pani – senza niente.
      La seconda componente della missione consiste nel curare le malattie, e in un secondo momento – anche se la missione in autonomia sembra finita ed i discepoli si sono ricongiunti a Gesù -  consiste anche nel moltiplicare i pani dando da mangiare a 5000 uomini. Intervenire quindi dando una mano concretamente ai problemi materiale. E’ interessante osservare che Gesù non parla solo di cielo, in opposizione alla terra, o ad un nuovo mondo fatto di spirito puro, ma unisce le due realtà: si parla di un regno, quindi di un’istituzione umana, ma di Dio. Annunciando Dio non si dimenticano i problemi materiali che vanno dalla malattia, alla fame, ma in ogni epoca possono essere estesi ai diversi bisogni materiali che ognuno ha. L’errore comune di molte chiese, missioni ed organizzazioni varie è di curare un solo di questi due aspetti. O si parla e basta, oppure si opera e basta, mentre Gesù in questa piccola missione a breve termine, ha fatto ben attenzione a tenere i due momenti uniti. L’aiuto materiale non deve prescindere dall’annuncio di una realtà spirituale. E parlare della vita dello spirito a chi sta male senza curare i suoi bisogni non ha senso.
      Se i discepoli senza niente hanno curato e dato da mangiare, noi possiamo pensare che con i mezzi che abbiamo possiamo fare anche di più..

        3. Non prendere niente, ma prendere la croce.
          Cerchiamo di capire perché Gesù abbia dato, anche se temporaneamente, questa istruzione di non prendere niente. Né bagagli, né cibo, né soldi, né vestiti, né alloggio, sfruttando come alloggio l’ospitalità di altri. Penso che si tratti sostanzialmente di un insegnamento per avere una fiducia totale in Dio. Chiunque di noi parta riempie le macchine fino ad esplodere di cose, sia utili che inutili, e per ogni cosa che facciamo poniamo una grande fiducia in una serie di strumenti ed oggetti che ci danno una certa fiducia. E’ una caratteristica intrinseca dell’uomo, che lo distingue dall’animale: siamo homo abilis, capaci di usare strumenti che modificano la realtà. Eppure qui Dio ci invita a poggiare la nostra fiducia solo e soltanto in Lui. E proprio così facendo vengono fuori dei miracoli straordinari, delle folle sfamate e dei malati guariti. Non avere niente significa che tanto per la predicazione del regno, quanto per l’assistenza alle persone si fa affidamento esclusivo in Dio. Potremmo fare l’esperimento durante la settimana di privarci di un qualcosa, per vedere quanto niente è necessario, concentrandoci invece sulla fiducia nel Signore.
                      Tuttavia alla fine di questo passo Gesù ci incoraggia a prendere uno strumento. La croce! Aveva detto di non prendere niente ed invece ora ci dice di prendere la croce. Cos’è la croce? E l’accettazione di quella sofferenza necessaria a seguire Gesù. Non è uno strumento di tortura volontaria o un “mezzo” per ottenere qualcosa. La croce è quella porta stretta, angusta, che ci chiede di rinunciare a ciò che ci impedisce di avvicinarci a Dio. La croce è la rinuncia al nostro io, alla nostra fiducia in noi stessi, alle nostre certezze ridicole di piccoli umani, per abbracciare il Signore della vita e delle certezze sulla nostra vita. La croce è la rinuncia dolorosa ad uno stile di vita autonomo, che si fa legge da sé, per accettare invece la vita che “segue” Gesù. Non significa che la vita di chi segue Gesù è solo croce, sofferenza e dolore, ma che prevede e comporta rinunce, sofferenze e dolori, per amore di Gesù. Gli apostoli lì presenti di fatto si vergogneranno di lui, scappando quando è stato crocifisso. Ma hanno visto Gesù risorto, venuto in gloria, che li ha perdonati della loro mancanza di volontà di prendere la croce. (alcuni dei presenti non gusteranno la morte…)
                      La croce non è una lista di regole da seguire, è un avvertimento che si rivolge ad ognuno di noi, e a cui ognuno deve dare la sua risposta. Qual è la mia croce? Mi devo chiedere. Per alcuni la croce saranno il non voler lasciare soldi, consumismo, il divertimento puro, l’attenzione ossessiva ai propri figli, lo studio, lo sport, la televisione… Oppure il non voler investire in quelle missioni che abbiamo appena visto: la fatica di annunciare, la fatica non di non tacere quando c’è da riprendere, la fatica di aiutare chi sta male… Ci sono tante croci che il Signore ci chiama a prendere individualmente, nella consapevolezza che è lui ad avere preso la croce più pesante, al posto di ognuno di noi, proprio perché incapaci di prendere fino in fondo la croce.  

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