giovedì 23 luglio 2015

Gli occhi, lo specchio dell’anima.

Come spesso avrete sentito dire, gli occhi sono lo specchio dell’anima. Una espressione che indica che spesso sono gli occhi a rivelare veramente chi siamo, come stiamo, cosa c’è dietro la nostra maschera. Non è un caso che spesso i giocatori di poker indossano degli occhiali da sole per nascondere i loro occhi in modo che gli altri giocatori non possano “leggerli” per vedere se stanno dicendo la verità o se stanno bluffando. La parola occhio, o occhi, è presente circa 750 volte nella Bibbia. La prima volta in occasione dell’incontro tra satana ed Eva.
“ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male". (Gen 3:5)

“I precetti del SIGNORE sono giusti, rallegrano il cuore; il comandamento del SIGNORE è limpido, illumina gli occhi.” (Psa 19:8)

“Apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge.” (Salmo 119:18)

“È il SIGNORE che ha sparso su di voi uno spirito di torpore; ha chiuso i vostri occhi, i profeti, ha velato i vostri capi, i veggenti.” (Isaia 29:10)

Come ho detto nella Bibbia ci sono tanti altri versetti, ma l’importanza degli occhi come porta verso la nostra anima si può trovare anche in tanti altri scrittori, cantanti e personaggi illustri.

“L'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare negli occhi.” (Jim Morrison)

“Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l’unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un’anima.” (José Saramago)
“La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi – mai!” (Michail Bulgakov)
“L’anima, per fortuna, ha un interprete – spesso inconscio, ma pur sempre un fedele interprete – gli occhi.” (Charlotte Brontë)



Luca 11:33-36
33 «Nessuno, quando ha acceso una lampada, la mette in un luogo nascosto {o sotto un recipiente}, anzi la mette sul candeliere, perché coloro che entrano vedano la luce. 34 La lampada del corpo è l’occhio; se l’occhio tuo è limpido, anche tutto il tuo corpo è illuminato, ma se è malvagio, anche il tuo corpo è nelle tenebre. 35 Sta quindi attento che la luce che è in te non sia tenebre. 36 Se dunque tutto il tuo corpo è illuminato, senza avere alcuna parte tenebrosa, sarà tutto illuminato come quando la lampada ti illumina con il suo splendore».
Questa mattina vogliamo guardare insieme ai versetti 33-36 del capitolo 11 di Luca. Alcuni commentatori preferiscono mettere insieme questo testo con quello che sul quale ha predicato Stefano la settimana scorsa. Se ci ricordiamo i contemporanei di Gesù gli chiedevano dei segni, qualcosa di tangibile, di concreto da poter vedere con i propri occhi. E proprio di occhi parla Gesù in questo brano. Sono dei versetti che richiamano le parole usate da un altro evangelista, Matteo, che, riportando le parole di Gesù, al capitolo 5 scrive:
Matteo 5:13-16
“«Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. 14 Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può essere nascosta, 15 e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.”
Mercoledì abbiamo parlato, al nostro incontro infrasettimanale, del sale come simbolo di patto eterno. Oggi vogliamo invece parlare della luce. I due testi che abbiamo appena letto parlano, appunto, di luce. Entrambi i testi ci ricordano che lo scopo della luce è, ovviamente, quello di rischiarare un ambiente. Per questo motivo una lampada non viene messa sotto un recipiente, ma in alto. Ma, se il testo di Matteo ci ricorda semplicemente che noi siamo luce e siamo di conseguenza chiamati ad illuminare, il testo di Luca ci aiuta a capire meglio come raggiungere questo obiettivo, ci spiega cosa dobbiamo fare per essere in grado di essere una luce che “risplenda affinché vedano le nostre buone opere e glorifichino il Padre nostro che è nei cieli”.
Al giorno d’oggi è ormai normale, per lo meno in Italia e altri paesi dell’occidente, avere delle lampadine, un dispositivo elettrico il cui scopo, come sapete bene, è emettere luce. Ma, a volte, può capitare che la corrente, per un motivo o per un altro, non funzioni. A casa dei miei genitori, sulle montagne abruzzesi, capita a volte, durante delle forti nevicate, che salti la corrente. In quei momenti ci si arrangia con candele e torce varie ma ci si rende subito conto che non è la stessa cosa. Usando le candele gli angoli delle stanze restano all’oscuro, leggere diventa più difficile, così come cucinare, lavarsi e via dicendo. Ormai siamo abituati ad avere la luce. Siamo abituati ad avere stanze, edifici, sale, strade ben illuminate. Durante il viaggio in Montenegro mi è capitato di guidare attraverso dei tunnel che non avevano nessun tipo di illuminazione. Passare dalla luce del sole al buio di un tunnel è spaventoso: all’improvviso non sai più dove è la strada, dove devi girare. Panico, paura, sconforto sono alcune delle sensazioni che si possono provare in queste situazioni. Se è importante avere la luce fisica, possiamo ben immaginare quanto sia importante avere la luce spirituale per l’essere umano.
La luce che la nostra vita deve sprigionare è il risultato del lavoro di Dio al nostro interno. Ma non possiamo pensare di sederci su una poltrona e aspettare che Dio faccia tutto il lavoro.
Gesù attraverso le parole del testo di oggi ci invita a fare la nostra parte. Ci ricorda che quello che emaniamo, quello che facciamo vedere, quello che la nostra vita produce non è, o non soltanto, il frutto dei nostri desideri, ma è il frutto di ciò che facciamo e ciò che si trova al nostro interno.
Provo a spiegarmi meglio. Se siamo figli del Signore, se abbiamo accettato il Signore come nostro Salvatore, come nostro Padre, come Re della nostra vita, il nostro desiderio è vivere una vita degna della nostra appartenenza a Dio. In altre parole la nostra vita viene trasformata, i nostri desideri e le nostre priorità cambiano. Il problema è che il nostro spirito è ancora imprigionato in un corpo terreno, con i suoi limiti, il suo passato, i suoi desideri. Questa è una situazione comune a tutti i credenti. Paolo spiega bene questa lotta interna tipica di ogni credente nella lettera ai credenti a Roma.
Romani 7:14-23
14 Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato. 15 Poiché ciò che faccio io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. 16 Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona; 17 allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 18 Difatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. 19 Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. 20 Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. 21 Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. 22 Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, 23 ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra.
Paolo, esattamente come me e come te, aveva difficoltà a contrastare la propria carne. Se da una parte questo combattimento interiore farà parte del nostro percorso fino a quando non moriremo, dall’altra non possiamo solamente rassegnarci ad esso ma dobbiamo fare del nostro meglio per crescere e migliorare.
Questo vuol dire che non possiamo restare passivi. Avere accettato Gesù non ci libererà magicamente da tutti i nostri problemi, riposare sugli allori vuol dire permettere al nemico di attaccarci. Il nostro corpo e la nostra anima sono un recipiente che, in base a come viene riempito, farà risplendere luce o mostrerà tenebre. Gli occhi sono la porta che portano al nostro corpo e questa porta deve essere custodita e protetta. Vi ricordate che la settimana scorsa Stefano ha parlato dello spirito immondo che torna nella casa abbandonata? Cito testualmente Stefano che a riguardo ha detto
“Le persone hanno il compito meraviglioso e arduo di fare vivere il re nelle loro case. Perché non basta essere liberati, bisogna poi mantenere questa libertà e vivere nella libertà. Nei vangeli ci sono casi di persone che vengono liberate e che ricevono un miracolo, ma poi non vanno a ringraziare il Signore. Questo ci insegna che il regno non consiste nel semplice fatto di stare bene o, come in questo caso, di poter parlare. Il muto potrà anche parlare, ma se la sua casa non è abitata interamente dal RE Gesù, è una casa pulita, adorna, ma vuota… E lo spirito immondo che vi è uscito farà di tutto per rientrarci. Se è fondamentale capire che Satana non può niente contro il regno di Dio, è altrettanto fondamentale capire che Satana sguazza davanti alle vite vuote, che non sono piene del regno di Dio.”
Dobbiamo quindi impegnarci e riempire questo recipiente con le cose giuste. Vi voglio fare un esempio: per diversi anni non ho posseduto un televisore. Ma la casa che ho adesso, a Pisa, ha un televisore. Riflettendo su questi versetti mi sono reso conto come sia facile, avendo un televisore, passare la serata davanti ad esso. Passivamente ho subito la presenza del televisore e ho permesso al mio occhio di guardare, osservare, studiare ore e ore di programmi inutili, nel migliore dei casi, e dannosi nel peggiore dei casi. Con questo non voglio dire che il televisore sia dannoso di per se. Ma mi sono domandato: e se invece di vedere un film o un documentario passassi le mie serate leggendo i salmi? Non sarebbero le parole di lode, di ringraziamento, di grida al Signore, di invocazione, di sofferenze, di battaglie perse e di battaglie vinte un sollievo per la mia anima maggiore rispetto a quello che il mondo può offrimi?
Dobbiamo metterci davanti al Signore e chiedergli di mostrarci cosa giova alla nostra vita e cosa non lo fa. Mettere sotto una lente di ingrandimento le nostre abitudine, i nostri modi di pensare, i nostri schemi e vedere cosa è da cambiare. Dobbiamo sforzarci di riempire la nostra vita della Sua Parola, del Suo Spirito, delle Sue Verità. Guardare, meditare, osservare solo le cose che sono per il nostro bene, riempirci di cose del Regno di Dio e non del mondo. Solo in questo modo riusciremo ad essere illuminati dentro e a far risplendere la luce come una lampada in una stanza oscura. 

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