giovedì 23 luglio 2015

Terapie di fede

Luca 12, 12-34 Terapie di fede. Per leggere Luca 12 clicca qui:http://www.laparola.net/testo.php


Introduzione
Non sono molte le famiglie che non conoscono almeno un caso di litigio per motivi di suddivisione dell’eredità. Nella mia famiglia sia da parte di padre che di madre ci sono stati litigi seri, ed ho dato un’occhiata rapida ai giornali trovando abbondantissimi fatti di cronaca con omicidi finalizzati all’ottenimento dell’eredità, interventi su forum in cui ci si sfoga per torti subiti durante le eredità, e parecchi studi legali che promettono di risolvere questioni legate all’eredità. Ciò prova che è esperienza comune e continua che l’idea di ricevere una grande somma in eredità, magari anche in modo inatteso, solleva passioni molto forti nell’animo umano che possono trasformarsi in follia omicida o anche semplicemente in frustrazione.


Il passo che leggiamo oggi parte proprio da un problema posto da un uomo della folla espresso in una frase molto corta, alla quale Gesù risponde con un lungo discorso che comprende una risposta, un commento alla risposta, una parabola, un discorso istruttivo corredato da immagini, ed un’esortazione finale. Ciò prova che Gesù è molto attento al fatto che l’ossessione per le eredità proprie degli uomini sono un problema del quale vale la pena parlare!


1. La domanda
Uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità».
Probabilmente davanti a questa frase rapida la nostra reazione è di disapprovazione, se non di condanna, e l’uomo ci sembra uno eccessivamente interessato ai beni materiali. Ma proviamo ad immaginare meglio chi sia quest’uomo: forse è effettivamente vittima di un’ingiustizia, forse suo fratello è fuggito con l’eredità, forse ha nascosto il testamento del padre o quanto da lui lasciato detto a parole. Non conosciamo le circostanze, ma in assoluto la domanda è legittima. Potrebbe darsi anche che quest’uomo abbia torto, che chieda più di quello che gli spetta. Comunque sia la risposta di Gesù non sembra tenere conto del problema della giustizia o dell’eventuale equità nella suddivisione, e per quanto non manchi certo di saggezza si tira fuori dalla questione di chi abbia torto o ragione:
14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».


Ma se la domanda è legittima perché Gesù non resta sul piano del discorso posto dall’uomo e non dice: accontentati di quello che ti hanno dato, oppure, rivolgiti ad un giudice? Il lungo commento che segue ci risponde: quella domanda legittima rivela in realtà un problema del cuore di quell’uomo che, indipendentemente dall’avere torto o ragione, ha commesso due grossi errori nel modo di gestire la sua vita.


2. Gli errori che suscitano la domanda.
2. 1. Cupidigia/avarizia. Illusione di gioia duratura attraverso i beni. Quest’uomo, nel domandare l’eredità, rivela di credere che quell’eredità possa dargli una gioia consistente nell’avere molti beni per molti anni. Accecato dal possesso di eventuali beni (le eredità danno alla testa, soprattutto se sopraggiungo inaspettatamente) dimentica che quella dei “molti beni per molto tempo è un’illusione”. I beni possono rovinarsi velocemente (furti, incendi, catastrofi naturali distruggono quello che abbiamo costruito in poco tempo) e la vita può finire impedendoci di fruirne. Quindi non vede la finitezza di ogni gioia terrena. Il problema dei beni materiali è proprio che hanno una capacità magica di nascondere la loro natura precaria e finita, dando illusione di felicità. A ben pensare gli oggetti, i possedimenti, e qualunque bene materiale possiamo immaginare, non ha alcun valore in sé, e questo valore dipende dal sistema in cui scegliamo di valutarlo. Quando gli indiani di America videro arrivare i colonizzatori si lasciarono facilmente conquistare da piccoli oggetti che per gli europei non avevano valore e li scambiavano con oro, e altri oggi che invece erano ritenuti preziosi. Gesù svela proprio la tendenza che noi umani abbiamo di dare un valore alla materia al punto che ciò che in noi è immateriale, come le emozioni, la capacità di essere tristi o allegri, o le qualità morali, come la voglia di condividere, venga sottomesso alla materia: stiamo bene dentro se abbiamo qualcosa fuori... Ci lasciamo determinare dalle nostre cose.
Se questo ragionamento era vero al tempo di Gesù, lo è tanto più nella nostra società dei consumi che per sopravvivere ha bisogno di alimentarsi continuamente di nuovi oggetti e di produrne di nuovi da vendere perché se ne possano comprare e consumar altri. Chi di noi non ha provato il fascino di qualche bene materiale, di qualche vestito, qualche strumento tecnologico, qualche macchina o qualche casa? Anche chi di noi non è ricco in una società come la nostre subisce il fascino della potenziale serenità data da ogni acquisto.
A questa illusione Gesù non oppone la distruzione della materia o la meditazione ascetica, come se scordarsi del materiale potesse liberarci da questa tentazione di fare del materiale un fine ultimo. Ci ricorda che esiste un'altra ricchezza, che è la ricchezza davanti a Dio. Qualche citazione ci può ricordare in cosa consista questa ricchezza:
Saggezza ed intelligenza:
Proverbi 3, 14-15. Beato l'uomo che ha trovato la saggezza, l'uomo che ottiene l'intelligenza!14 Poiché il guadagno che essa procura è migliore a quello dell'argento, il profitto che se ne trae vale più dell'oro fino.
I Pietro 1, 18-1918 sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, 19 ma con il prezioso sangue di Cristo
La ricchezza spirituale consiste nel saper assumere una saggezza profonda che ci faccia individuare ciò che veramente conta nella vita. Un celebre novella come quella di Mazzarò scritta dal Verga che racconta di un uomo reso folle per il suo amore per i beni materiali, ci fa capire che anche la semplice intelligenza umana arriva a capire la limitatezza dei beni materiale. La riflessione di Gesù va più in là e ci invita a diventare dei “miliardari spirituali” capendo che la maggiore ricchezza sulla terra è il dono della salvezza che Gesù ci ha fatto versando il suo sangue per noi, che nessun oggetto prezioso avrebbe potuto produrre.


2.2. Illusione di guarire l’ansia attraverso i beni.
Continuando a leggere il testo (22-23) quest'uomo ha commesso anche un secondo errore: credere che un’eredità giustamente suddivisa, e quindi un aumento delle ricchezze, sia capace di guarire l’ansia del domani, la paura di non farcela, di non avere da mangiare e da coprirsi. Nella nostra società l'ansia ci viene anche da molte altre fonti, come la riuscita a scuola, la vittoria di una gara, il semplice fatto di perdere il treno, quella di non trovare l'amore della vita. Non è un caso che possiamo trovare numerosi libri che insegnano a controllare l'ansia, nonché programmi internet, riviste ecc. Gesù dà dei consigli ai discepoli che apparentemente sono una terapia anti-ansiogena da svolgersi in tre tempi:




3. Guarire dagli errori: la terapia di Gesù.
3. 1. Contemplare fiori e corvi per capire chi li nutre. All’ingozzamento di beni materiali Gesù propone la terapia della contemplazione dei fiori e dei corvi. Non si tratta di una contemplazione fine a se stessa, come se i fiori ed i corvi fossero delle divinità o i portatori di un'energia speciale. Vanno contemplati perché sono evidenti segni della grazia di un Dio che si dà pena del suo creato e che se si dà pena per gli organismi inferiori, se ne darà ancora di più per quelli superiori. Contemplare fiori e corvi ci svela il problema del cuore umano: siamo portati a litigare per un'eredità, perché crediamo che i beni ci garantiscano qualcosa, e perché li abbiamo messi al posto di Dio nella nostra vita. Chi va in ansia per il mangiare e per il bere è perché in fondo non crede che ci sia un Dio che sa che abbiamo bisogno e che si occupa anche di chi ha meno valore dei discepoli, come i fiori ed i corvi. C'è da notare che la parabola non parla di un padre povero e disperato che non sa come arrivare in fondo al mese per sfamare la sua famiglia, perché in questo caso, forse, una certa ansia sarebbe comprensibile. La parabola parla di un uomo che ha già raccolti che vanno bene, ma che vuole sempre di più e la cui ansia deriva dal volere sempre di più e verrà consumato dall'ansia quando non ci riuscirà. Se dietro i fiori ed i corvi vediamo la mano di Dio che opera, nutrendo e vestendo, allora rimetteremo Dio al centro della nostra vita e non avremo bisogno di specifiche terapie ansiolitiche , perché la radice dell'ansia è sconfitta.


3. 2. Dopo la contemplazione l'azione. Lasciare i beni e possedere il regno.
Se rimettiamo Dio al centro e capiamo che non siamo altro che sudditi del suo regno ci saranno molte cose che vengono automaticamente: per primo capiremo che il mondo non è una sfera che vaga a caso nell'universo senza un fine preciso, ma c'è un Dio che mi vuole bene e sa quali sono i miei bisogni. Per secondo, capiremo che su questo mondo non siamo soli e che i beni che abbiamo vanno condivisi con gli altri. Vendiamo i nostri beni e diamoli in elemosina. Ricordiamo bene che si parla di quest'uomo ricco nella parabola che ha più del necessario e che pensa ad una vita egoistica in cui il fine ultimo è godere dei suoi beni. Possedere il regno invece equivale a mettere Dio al centro, re del regno, ridistribuendo il troppo a chi ha meno e costruendo un tesoro che si estende nel cielo.


Conclusione
Dove è il nostro cuore? L'ultima frase mi ha sempre sconvolto. Il cuore, biblicamente, è la sede dei nostri desideri più profondi, sede della nostra volontà. Può essere maligno e volere il male, o rigenerato e cercare il bene. Secondo questa parabola il nostro cuore è la dove si trova ciò che riteniamo un tesoro, ciò che abbiamo di più caro, per cui siamo pronti a spendere, ad accumulare, ad investire. Dov'è il nostro tesoro? Il nostro tesoro è il sogno della costruzione del regno di Dio? E' nel condividere ciò che abbiamo, nel diffondere una parola che porti i cuori di tutta l'umanità a ruotare intorno a Dio, nel soccorrere chi sta male, oppure è un sogno egoista come quello di quell'uomo, che mira a godere del tanto che ha?
Che il Signore converta il nostro cuore di continuo perché ci facciamo dei tesori eterni.

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