giovedì 23 luglio 2015

Scegliere ed essere scelti. Luca 6, 12-16

Questione di scelte Luca 6, 12-16 Come si fanno le scelte? Chi è che sceglie veramente nella nostra vita? Cosa sceglie Dio? Queste domande le troviamo tra le righe del passo che leggiamo nel vangelo di Luca al capitolo 6 nei versi 12-16.

12 In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.13 Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: 14 Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15 Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,16 Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

1. Gesù passa la notte a pregare: scegliere i discepoli e predicare il sermone

Gesù prega. Insegnerà ai discepoli come pregare, ed ognuno di noi si pone la domanda di come pregare meglio, in modo sensato e concordante con la volontà di Dio. Il semplice esempio di come Gesù prega è di per sé una risposta. Un primo elemento che salta agli occhi è l'indicazione sul tempo e sul luogo e sul tempo della preghiera di Gesù. Gesù prega in un luogo appartato ed alto, un monte e di notte. Per la precisione, tutta la notte! Come chiesa stiamo studiando un libro che, attraverso l'analisi delle epistole dell'apostolo Paolo, propone dei modelli di preghiera (Carson, Appello per una riforma spirituale, Passaggio). Prima ancora di parlare di struttura della preghiera, dei suoi contenuti e delle sue ragioni, si potrebbe parlare del contesto della preghiera, che qui, forse, è molto diverso da quello nostro. Se io chiedessi chi di voi ha passato una notte intera a casa di amici a festeggiare, o in discoteca a ballare, o chi ha fatto un bel giro in montagna per un week end, magari pernottando alla luce delle stelle, immagino che qualcuno alzerà la mano. Ma se chiedessi chi di noi ha mai passato un'intera notte a pregare, magari lasciando famiglia o amici per ricercare proprio un luogo appartato in cui non squillano telefoni, non suonano citofoni e non ci sono altri canali di comunicazione che quelli della preghiera, temo che ci sarebbero meno risposte... Eppure il passo è chiaro: Gesù deve fare una scelta difficile, e predicare un messaggio difficile. Deve scegliere i suoi collaboratori più stretti che lo aiutino a predicare il vangelo e proseguano la sua opera di annuncio e costruzione del regno di Dio. In seguito deve predicare un messaggio forte, rivoluzionario, che incontrerà opposizione e scandalo oltre che approvazione. Potrebbe passare delle ore a leggere trattati di psicologia dei gruppi, sulle funzioni dei membri di una squadra, sulla struttura retorica dei sermoni (al suo tempo non mancavano certo questi strumenti) e invece preferisce passare una notte intera in preghiera. Lui che era il figlio di Dio. Lui che era Dio. Ci dobbiamo chiedere chiaramente quale spazio e quanto tempo occupa la preghiera nella nostra vita. Il libro che menzionavo sopra ci ricorda che esistono una serie di scuse per non pregare, nessuna delle quali regge. Siamo tutti iperimpegnati, ed è interessante notare che Gesù – iperimpegnato anche lui – non cerca di “ritagliare” un qualche spazio o qualche tempo particolare. Sostituisce una funzione vitale come quella del sonno per pregare. Calcoliamo semplicemente quanto tempo impieghiamo in attività belle ed utili, ma che vanno subordinate alla preghiera (leggere, guardare la televisione, fare dello sport, chiacchierare, cucinare, pulire ecc.) e diamoci una risposta. Pensando anche questo: se Gesù pregava una notte intera su un monte, noi non dovremmo avere la necessità di fare ancora di più? 

2. Chi opera la scelta ministeriale? Libertà e sovranità nella nostra vita: preghiera come scelta di accettare la scelta divina.
  Concluso questo momento di preghiera intensa Gesù fa un qualcosa che di per sé potrebbe comportare numerose critiche, ed anzi mi stupisco del fatto che apparentemente nei vangeli non le sollevi: Gesù sceglie. E sceglie tra un gruppo più vasto di discepoli alcuni collaboratori speciali. Non si tratta qui di persone che si salvano ed altre no, ma di seguaci di Gesù alcuni dei quali vengono chiamati ad un lavoro più ricco di responsabilità. Per molti si impone la domanda: perché lui sì ed io no? E forse ce ne sono anche altri che sono molto felici di non essere stati chiamati, perché non hanno voglia di andare a fare cose faticose come passare delle nottate in preghiera... Ci piaccia o meno, seppure siamo assolutamente tutti quanti davanti a Dio in dignità, diritti e doveri, ognuno di noi è diverso. E di queste diversità Dio si avvale per costruire la sua chiesa. In quel momento ha ritenuto che quelle persone lì, fossero più adatte di altre a portare avanti il compito di fondare la sua chiesa, quella che ha come base il Cristo, figlio dell'Iddio vivente. Chissà quale è stato il sentimento di quelli che non sono stati chiamati, e quello di chi invece è stato chiamato? Ansia, timore, coraggio, euforia, delusione, rabbia? Il testo non riporta nessuna reazione, sembra che tutto sia rimasto calmo. Forse questo silenzio ci insegna una certa umiltà rispetto al ruolo a cui Dio ci chiama, ma ci incoraggi anche a riflettere su ciò a cui Dio ci chiama. Certo, oggi non c'è Gesù di persona che sceglie, come a quel tempo, quindi si tratta di scelte e possibilità mediate dalla preghiera, o dai fratelli che in una chiesa possono consigliarci. Se però maturiamo la consapevolezza che Dio decide di ciò che possiamo fare (non necessariamente saremo chiamati ad essere apostoli, ministero che oggi a mio parere non esiste più) saremo pronti ad un ascolto umile, che riconosce nella sua saggezza la cosa migliore per la nostra vita. Non è detto che tutti siano perfettamente contenti del servizio che fanno... Non ha chiesto ai 12 se erano d'accordo o se avevano voglia di seguirlo, li ha scelti e basta. Mettiamoci allora all'ascolto, pronti a rispondere se Dio ci chiama anche a svolgere ministeri e ruoli che magari non ci piacciono, ma che servono! Un'ultima cosa mi fa riflettere, che riguarda l'ultima persona menzionata. Giuda iscariota, che tradirà e non possiamo pensare che Gesù non lo sapesse. Questo ci fa capire ancora meglio la natura della scelta divina. Gesù chiama gli uni e gli altri, non chiede è vero, ma non impone neppure. Giuda è libero di non seguire Gesù benché sia stato da lui scelto. Ma dove lo porta questa libertà? E' una libertà che lo porta ad uccidersi, perché non solo non ha seguito, ma ha tradito. Credo che sia qui per far vedere fino a che punto Dio lasci l'uomo libero di decidere, ma al contempo anche questo ci responsabilizza: che uso facciamo della libertà che Dio ci lascia anche di non seguirlo?

3. Il risultato della scelta: chi sono gli apostoli?

In questa scelta di Gesù mi hanno sempre colpito le qualità degli apostoli derivate dal poco che possiamo capire di loro nei vangeli. E' raro che se ne parli bene, soprattutto nei vangeli, si attardano spesso in questioni stupide: (chi è il maggiore?), sono chiusi (abbiamo visto un tale che operava miracoli in nome tuo e glielo abbiamo impedito), sono paurosi e hanno poca fede (Pietro con Gesù), finiscono per tradire Gesù e lasciarlo solo. Eppure sono stati scelti. E non finisce qui. Non sappiamo molto del loro futuro... Non diventano personaggi storici conosciuti come i papi dei secoli successivi, o i santi dietro cui la pietà popolare corre comicamente. Che fine hanno fatto Andrea, Giacomo, Giovanni? Dove sono le tombe di Filippo e di Bartolomeo? Su quale parete di quale chiesa è scritto: qui servì come pastore Giacomo, o simone lo zelota? Certo che c'è chi ha pensato a farli santi infilandoli in qualche calendario liturgico, ma tutto scivola facilmente nella leggenda. La verità è che queste umili persone, inadeguate, limitate, piene di difetti, e in seguito sparite nel nulla, sono proprio quelli che sono stati scelti da Gesù. Il regno di Dio non va avanti solo grazie ai grandi nomi dietro cui corrono le folle che cercano di proteggersi dietro questi grandi nomi, ma va avanti anche e soprattutto grazie a dei nomi di persone nascoste, secondarie che non si vedono. Questo significa che c'è speranza per le chiese come la nostra, che non sono altro che un piccolo gruppo di persone, probabilmente non particolarmente influenti ed insignificanti, ma che possono positivamente influenzare il mondo in cui vivono se prendono sul serio il regno di Dio. Non per diventare famosi, ma semplicemente per servire. Servire con la preghiera, e servire con la disponibilità a seguire la chiamata di Dio.

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