giovedì 23 luglio 2015

1. La domanda di Giovanni: “Sei tu colui che deve venire?” - è difficile riconoscere il messia. Ma possibile!
o passo lo cogliamo in un momento di dubbio, forse di crisi, e comunque di forte opacità spirituale. Sarà la prigione in cui è chiuso, la distanza da Gesù, la diversità del suo insegnamento che insiste più sul peccato ed il ravvedimento che non sulla salvezza e la guarigione... Sta di fatto che Giovanni, nonostante la sua grandezza ed importanza qui non è più in grado di riconoscere il messia. Gli va tuttavia riconosciuto che evita di lasciarsi andare, di fondare una via alternativa che “ne aspetti un altro”, ed evita di andare in giro a chiedere opinioni su Gesù. Va direttamente alla fonte e chiede chiaramente a Gesù se è il messia oppure no, spedendo i suoi discepoli.
La domanda di Giovanni: “Sei tu colui che deve venire”, in forme ben diversi molti se la pongono anche oggi. Esistono momenti nel cammino della fede in cui le difficoltà, la mancanza di progressi in termini morali o spirituali, o ancora l'incapacità di trovare un senso in ciò che si crede possono portare tanti di noi a chiedersi se stanno seguendo proprio il giusto “messia” o se non sia il caso di cercarne altri. Dal profondo della sua prigione, va apprezzato lo sforzo di Giovanni di parlarne proprio con il messia. Che questa sia anche la nostra risposta. Gridiamo al messia, preghiamo il suo nome e cerchiamo nella Scrittura la risposta ad ogni potenziale dubbio. Il dubbio può essere fecondo quanto distruttore, e sapere che anche i supereroi come Giovanni ne hanno ci è sicuramente di aiuto.

2. La risposta di Gesù. La pratica e la teoria
Gesù comincia col rispondere ai discepoli di Giovanni in modo pratico: fa una serie di guarigioni. Una serie di atti che, in armonia con le Scritture dell'Antico Testamento, sono segni di riconoscimento del messia. Quelle opere parlano! Si risponda dunque a Giovanni che ci sono opere che parlano da sole, e questa prima risposta credo possa toccare anche noi: la fede che seguiamo ha una ricaduta concreta nella nostra vita? Ci ha guarito se non fisicamente almeno spiritualmente, o emotivamente? Ci ha cambiati? Siamo gli stessi che eravamo prima di incontrare Dio? Riconosciamo o no che c'è un lavoro di Dio in noi? Se la risposta è negativa, forse dobbiamo chiederci se abbiamo veramente accolto il messia nella nostra vita. Ma se è affermativa possiamo apprezzare ciò che Dio ha fatto proprio come Gesù mostrò questi segni ai discepoli di Giovanni.

Non si ferma però ad una risposta pratica, una sana lezione sul cuore del problema ci vuole. Ed anche questa lezione è duplice. C'è un problema potenziale della folla: farsi dei modelli umani, trasformando Giovanni in un modello di perfezione, in un santo: Gesù elogia Giovanni, ma ricorda chi entra nel regno dei cieli è più grande di lui. Con regno dei cieli Gesù intende vivere quella vita spirituale che sarà inaugurata una volta sceso lo spirito santo su chi crede. Ciò che conta quindi non è essere un grande profeta, coraggioso ed esemplare: ciò che conta è conoscere il messia, e proprio Giovanni il profeta in quel momento non lo sta facendo, a dimostrazione della sua limitatezza.

C'è una lezione per i farisei. La religiosità dei farisei è orgogliosa e fatta di cieco rispetto di regole e di fierezza per la propria appartenenza ad un popolo o ad una setta di quel popolo. Non riesce ad ascoltare né i rigorosi come Giovanni né i più liberi come Gesù, perché si nutre del proprio orgoglio e delle proprie convinzioni. Anziché una fede che produce amore, guarigione e vita è una fede mortuaria, formale, esteriore che non sa ascoltare, per cui qualsiasi tentativo musicale, ludico o artistico non smuovono, un po' come i bambini incontentabili.

Entrambi questi errori impediscono di vedere il messia. Noi oggi rischiamo gli stessi tipi di errori della folla o dei farisei: della folla quando non viviamo la fede in prima persona, ma la deleghiamo a rappresentanti importanti della spiritualità a cui ci ispiriamo, facendone degli idoli; dei farisei, quando pensiamo di avere la verità totale su tutto, e non ascoltiamo alcun suono che sia diverso dalla musica che crediamo di conoscere. Stiamo attenti agli eccessi di regole, al formalismo che spesso caratterizza tanta religiosità, all'esteriorità che ci condiziona: la fede deve produrre quello che vediamo nell'ultimo episodio.

3. Le risposte di Simone e della peccatrice.
Questo episodio sembra chiosare alla perfezione quanto è appena successo: si presentano due persone che sono i perfetti rappresentanti di una fede falsa e di una fede autentica: Simone è un fariseo, e forse in reazione a quanto appena detto da Gesù vuole dare dimostrazione di apertura. E' stato chiamato in causa come fariseo che critica Gesù in quanto mangione e beone, quindi lo invita a casa sua per mangiare. E' pronto a fare un gesto che si nota, ad invitare un maestro contestato a casa sua. Ma non appena arriva una donna nota per essere una “peccatrice” che si avvicina a Gesù, è pronto ad entrare in competizione con lei. Ecco allora il senso profondo della fede: si incontra Dio quando ci si sente profondamente debitori nei sui confronti, e bisognosi di perdono. Probabilmente la “peccatrice” in assoluto non è peggio di Simone, anzi. Ma è consapevole di non essere a posto, a differenza di Simone che pensa di essere colui che domina Gesù, invitandolo a pranzo.
La fede non è altro che risposta di amore all'amore. L'amore non è qui la causa del perdono, ma la conseguenza, e preferisco tradurre il verso 47 con: “perciò ha tanto amato”.
Sta a noi scegliere che tipo di fede vogliamo. Possiamo avere una fede tronfia, paga di se stessa come quella di Simone che è capace di invitare grazie alle sue ricchezze, ma incapace di vero amore. Oppure una fede come quella della peccatrice, che disperata per la propria condizione, si prodiga in atti di amore verso il Signore.

Probabilmente dopo la risposta ricevuta Giovanni Battista avrà reagito in modo simile a quello della peccatrice, pur non avendo Gesù accanto a sé. Qualunque sia il nostro stato, se di credenti dubbiosi in cerca di un messia, se di ipocriti convinti o di peccatori inveterati convinti di essere tali a seguire l'esempio della peccatrice, piegandoci ai suoi piedi esprimendo l'amore che abbiamo per lui, grazie al suo perdono. AMEN. 

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